Donald Trump ha risolto anche i suoi problemi legali
Diventando presidente potrà far chiudere quasi tutti i suoi processi, e far sospendere o rinviare tutti gli altri
La vittoria elettorale di Donald Trump e il suo prossimo ritorno alla presidenza degli Stati Uniti di fatto risolveranno anche tutti (o quasi) i suoi problemi legali. Ci sono tre processi penali aperti contro Trump: la sua elezione ne chiuderà definitivamente due, quelli condotti a livello federale, mentre con ogni probabilità farà sospendere il terzo, quello statale in corso in Georgia. Verrà probabilmente rinviata o sospesa anche la definizione della pena per il processo per cui è già stato dichiarato colpevole, quello di New York per il caso Stormy Daniels. Anche i numerosi processi civili per diffamazione, abusi sessuali e frode fiscale, per cui Trump poteva essere costretto a pagare una cifra complessiva di circa mezzo miliardo di dollari, diventeranno più complessi o verranno rinviati.
L’edizione statunitense di Politico ha scritto mercoledì: «In breve, il presidente eletto è ora giudice e giuria di se stesso, protetto dalle conseguenze penali che avrebbe potuto affrontare senza il “campo di forza giuridico” dello Studio Ovale».
I processi che sembrano destinati a essere archiviati in modo più semplice sono quelli condotti dal consigliere speciale del dipartimento di Giustizia Jack Smith, per reati federali. Il primo è in corso a Washington, è relativo al tentativo di sovvertire il risultato delle elezioni del 2020 e all’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021: Trump è accusato di quattro reati, fra cui cospirazione, e rischia una pena fino a vent’anni di carcere. Il secondo prevede 40 capi d’accusa relativi alla sottrazione di documenti riservati, conservati nella sua villa di Mar-a-Lago, in Florida.
Durante la campagna elettorale Trump ha detto che se rieletto avrebbe licenziato Jack Smith «in due secondi». A gennaio, una volta in carica come presidente, nominerà il nuovo procuratore generale, che guiderà il dipartimento di Giustizia (corrispondente del nostro ministero di Giustizia, ma con poteri più ampi). Il nuovo procuratore avrà non solo il potere di licenziare Smith, ma anche di chiedere ai giudici incaricati dei processi di chiuderli. Smith ha quindi due mesi e mezzo per portare avanti i casi su cui lavora da novembre del 2022, ma senza alcuna speranza di arrivare a una conclusione.
Il terzo processo penale è invece di livello statale ed è condotto in Georgia dalla procuratrice distrettuale Fani Willis (distretto della contea di Fulton): Trump è accusato di aver tentato di cambiare i risultati ufficiali delle elezioni presidenziali nello stato, con l’obiettivo di ribaltarne il risultato generale. Il prossimo procuratore generale non ha potere di richiederne la chiusura, ma la causa è attualmente sospesa per un presunto conflitto di interessi della procuratrice. Se anche dovesse riprendere i legali di Trump potranno richiedere che venga archiviato, o sospeso fino alla fine del suo incarico. Questa seconda richiesta ha ottime possibilità di essere accolta, in base al principio che gli interessi della nazione prevalgano su quelli di un singolo stato, garantendo una certa immunità al presidente durante l’esercizio delle proprie funzioni.
Nell’unico dei quattro processi penali arrivato a giudizio prima delle elezioni, il 30 maggio a New York Trump era stato dichiarato colpevole per tutti i 34 capi di accusa a suo carico. La giuria ha stabilito che Trump ha falsificato documenti contabili della campagna elettorale del 2016 per nascondere l’esistenza di pagamenti all’attrice di film porno Stormy Daniels. La pena doveva essere decisa dal giudice Juan Merchan l’11 luglio, ma la definizione è stata rinviata due volte: una condanna detentiva fino a quattro anni è possibile, ma non è né scontata né più probabile rispetto ad altri tipi di pena (libertà vigilata, libertà condizionale, servizi sociali).
Merchan dovrebbe definire la sentenza il 26 novembre: è probabile un nuovo rinvio, ma se anche Merchan definisse la pena, i legali di Trump potrebbero chiederne la sospensione, con buone possibilità di successo (sempre per garantire che il presidente possa svolgere i suoi compiti senza impedimenti).
Esistono invece precedenti legali di processi in sede civile contro presidenti in carica arrivati a sentenza: i tre in corso, fra cui quello di appello per lo stupro e la diffamazione della giornalista E. Jean Carroll, dovrebbero proseguire, anche se i maggiori poteri e le possibilità di influenza di un presidente in carica li renderanno con ogni probabilità più lenti e sbilanciati.
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