In Messico tutti i giudici saranno eletti a suffragio universale
La Corte Suprema del paese ha giudicato costituzionale una contestata riforma della giustizia che, tra le altre cose, modifica il sistema con cui sono eletti
Martedì la Corte Suprema del Messico si è riunita per discutere un ricorso sulla contestata riforma della giustizia voluta dall’ex presidente Andrés Manuel López Obrador ed entrata in vigore a settembre: dopo cinque ore di discussione ha convalidato la riforma e ha respinto una proposta di revisione che ne avrebbe modificato alcune parti. Questo significa che dal prossimo anno tutti i giudici, inclusi quelli della Corte Suprema, saranno eletti con un voto a suffragio universale e non più nominati sulla base di qualifiche, titoli di studio e anni di esperienza, come succede già in molti altri paesi.
La riforma giudiziaria era stata contestata sia dai giudici che dai lavoratori dei tribunali, causando proteste e grandi manifestazioni di piazza già prima della sua approvazione. Era stata promossa e sostenuta dall’ex presidente, dall’attuale presidente Claudia Sheinbaum e dal partito di governo a cui i due appartengono, Morena.
Il Messico è un paese con noti problemi di corruzione, che riguardano da sempre anche parte del sistema giudiziario, e il governo sostiene che rendere elettive le cariche dei magistrati potrebbe contribuire a rendere più trasparente il loro operato. Secondo i critici passare da un sistema nominale a uno elettivo, in cui i giudici devono candidarsi e fare campagna elettorale, non servirà invece a risolvere le criticità del sistema e ne creerebbe di nuove.
Alcuni esperti di diritto hanno poi sostenuto che la riforma potrebbe avere l’effetto di politicizzare la magistratura e renderla più dipendente dal governo, cosa già successa in altri paesi che hanno approvato riforme simili, come la Bolivia. Hanno anche spiegato che a essere eletti alle più alte cariche del sistema giudiziario potrebbero essere in futuro non le persone più qualificate, ma quelle con più connessioni politiche e doti comunicative, indipendentemente dalla loro esperienza. Il fatto che i giudici debbano candidarsi li espone infine al rischio che le loro campagne elettorali vengano finanziate, oltre che dai partiti e dai tradizionali gruppi di interesse, anche dai cartelli del narcotraffico, noti per le loro intromissioni nella politica messicana.
La proposta di revisione della riforma che è stata respinta era stata proposta da uno dei giudici della Corte Suprema, Juan Luis Gonzalez Alcántara, che riteneva legittima e conforme alla Costituzione l’elezione a suffragio universale dei magistrati di rango superiore, compresi quelli della Corte Suprema, ma non quella dei giudici di grado inferiore. Tale proposta si basava su un principio più generale e cioè che la Corte Suprema avesse il potere di rivedere e invalidare le riforme della Costituzione e dunque anche la riforma giudiziaria che, per essere approvata, aveva comportato una riforma costituzionale.
Per essere accolta, questa proposta aveva bisogno del voto di almeno otto degli undici giudici della Corte. Prima dell’inizio della discussione solo tre avevano annunciato che non l’avrebbero sostenuta, ma contro ogni aspettativa a loro si è unito un altro giudice che pur criticando la riforma stessa all’ultimo momento si è rifiutato di dichiararla contraria alla Costituzione sottolineando, proprio come il governo, che la Corte non ha il potere di prendere questo tipo di decisioni modificando un processo parlamentare.
In virtù della riforma del sistema giudiziario ora convalidata dalla Corte Suprema, nel giugno del 2025 circa metà delle 7mila cariche giudiziarie messicane sarà sottoposta a elezioni, le restanti nel 2027.