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  • Martedì 5 novembre 2024

Sono riprese le operazioni della nave Libra verso l’Albania

Un nuovo gruppo di persone migranti dovrebbe essere portato nei due centri di Shengjin e Gjader, ma non è chiaro come andrà a finire viste le ultime sentenze

La nave Libra della Marina militare arriva nel porto albanese di Shengjn, 16 ottobre 2024 
(AP Photo/Vlasov Sulaj)
La nave Libra della Marina militare arriva nel porto albanese di Shengjn, 16 ottobre 2024 (AP Photo/Vlasov Sulaj)
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Il ministero dell’Interno ha confermato che lunedì alcune persone migranti partite dalla Libia e soccorse in mare al largo di Lampedusa sono state imbarcate sulla nave Libra della Marina militare italiana, che nelle prossime ore dovrebbe trasferirle nei due centri albanesi di Shengjin e Gjader. Dopo quello di metà ottobre questo sarà il secondo trasferimento verso l’Albania previsto dal nuovo sistema di gestione dei migranti in arrivo verso le coste italiane voluto dal governo di Giorgia Meloni: come nel primo caso, tuttavia, non è chiaro se alla fine i tribunali convalideranno questi trasferimenti.

Non è chiaro nemmeno quando la Libra partirà verso l’Albania. Il Messaggero scrive che nelle prossime ore alle persone già sulla nave potrebbero aggiungersene altre e che l’idea sarebbe quella di imbarcarne circa 30-40. Non è nemmeno chiaro quante siano quelle già a bordo: Sergio Scandura, corrispondente di Radio Radicale, ha parlato di 6 persone di nazionalità egiziana. Altri giornali hanno numeri simili, 6 o 8 persone, mentre altri ancora parlano di 12 persone dicendo che mancano informazioni sulla loro nazionalità. Lunedì sera, comunque, sono state fatte le prime verifiche sulle persone imbarcate sulla Libra per capire se abbiano i requisiti per essere fermate e trasferite nei centri in Albania.

L’accordo tra il governo albanese e quello italiano prevede infatti che nei centri in Albania vengano portati migranti maschi adulti, soccorsi dalle navi delle autorità italiane e ritenuti non vulnerabili: in particolare, inoltre, devono venire dai cosiddetti “paesi sicuri”, ossia dove secondo il governo italiano vengono rispettati l’ordinamento democratico e i diritti delle persone.

La lista di “paesi sicuri”, inseriti dal governo italiano in un discusso decreto-legge, è da tempo dibattuta e criticata da varie organizzazioni internazionali perché comprende paesi che difficilmente possono essere considerati “sicuri”, tra cui l’Egitto, il Bangladesh e la Tunisia. Ed è da settimane al centro di diverse sentenze.

– Leggi anche: Il governo italiano potrà rendere operativi i centri in Albania?

Il 4 ottobre la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, il principale tribunale dell’Unione, aveva deciso che per essere considerato “sicuro” un paese doveva esserlo per tutte le persone che ci vivono e in tutto il suo territorio. Per effetto della sentenza della Corte tutte le persone che provengono da un paese che l’Italia considera “sicuro” ma che non lo è secondo i criteri specificati dalla Corte non possono essere trattenute, né nei centri italiani né nei centri albanesi.

Proprio in virtù di quella sentenza il 18 ottobre un tribunale di Roma non aveva convalidato il trattenimento di 12 migranti provenienti da Egitto e Bangladesh, trasferiti con un primo viaggio sulla nave Libra dal governo italiano proprio in Albania: perché, sulla base della sentenza della Corte di Giustizia europea, non era possibile considerare quei due paesi come sicuri, dal momento che non era garantito il rispetto dei diritti fondamentali sulla totalità del loro territorio.

Lunedì anche il tribunale di Catania ha emesso una sentenza con cui non ha convalidato il trattenimento di un migrante egiziano disposto il 2 novembre scorso dalla questura di Ragusa. La sentenza, firmata dal presidente della sezione specializzata nella Protezione internazionale Massimo Escher, riguardava un caso specifico, ma ha una valenza politica più ampia: di fatto è stata la prima con cui un tribunale ha scelto di non applicare il decreto-legge del governo per rendere operativi i centri per migranti costruiti in Albania.

– Leggi anche: Anche per il tribunale di Catania l’Egitto non è un “paese sicuro”