C’è un caso di caporalato anche in provincia di Varese
La Guardia di Finanza ha messo sotto sequestro un laboratorio tessile dove i lavoratori cinesi venivano sfruttati, come era successo anche a Prato
La Guardia di Finanza ha messo sotto sequestro un laboratorio in cui venivano prodotti e confezionati capi d’abbigliamento per grandi marchi a Samarate, in provincia di Varese. Nel capannone lavoravano senza misure di sicurezza lavoratori di origini cinesi, che secondo chi indaga erano costretti a turni di oltre tredici ore al giorno in un sistema di sfruttamento simile a quello del distretto tessile di Prato, in Toscana. Alcuni lavoratori alloggiavano all’interno della struttura insieme alla loro famiglia in pessime condizioni igienico-sanitarie.
Il titolare della società, anche lui cinese, è stato denunciato per i reati di caporalato, sfruttamento e ospitalità di manodopera clandestina, oltre che per le violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Anche il proprietario del capannone è stato denunciato per abusivismo edilizio, perché i locali adibiti a dormitorio non erano regolari.
Nei giorni scorsi, durante i controlli nell’edificio, la Guardia di Finanza aveva identificato dodici cittadini cinesi: insieme a loro c’erano alcuni minorenni, che sono stati affidati ai servizi sociali.
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Questo caso di Samarate ricorda la situazione di Prato, il più grande distretto tessile d’Europa conosciuto anche per il sistema consolidato di sfruttamento in molte delle sue aziende, soprattutto cinesi. A inizio ottobre era stato indetto uno sciopero dal sindacato Sudd Cobas Prato-Firenze appunto per protestare contro le condizioni dei lavoratori in aziende di questo tipo e per promuovere al loro interno il rispetto del limite delle 40 ore di lavoro settimanali. Durante lo sciopero alcuni lavoratori, un sindacalista e uno studente erano stati aggrediti a sprangate. La settimana dopo due imprenditori cinesi titolari di aziende sempre nel distretto di Prato erano stati arrestati dopo la denuncia di un operaio.