Il commissariamento perenne delle province siciliane

La Corte costituzionale si è opposta a un altro rinvio delle elezioni nei “Liberi consorzi” deciso dalla Regione, il dodicesimo in dieci anni

L'ingresso di palazzo reale, sede dell'assemblea regionale siciliana
L'ingresso di palazzo reale, sede dell'assemblea regionale siciliana (Assemblea regionale siciliana)
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Martedì scorso l’assemblea della Regione Siciliana, l’equivalente del Consiglio regionale, ha approvato un emendamento per rinviare le elezioni dei Liberi consorzi, che sono le ex province della Sicilia: erano previste il prossimo 15 dicembre, ma forse si terranno nell’aprile del 2025, sempre che non ci sia un ulteriore rinvio. Nel frattempo i 6 Liberi consorzi e le 3 città metropolitane continueranno a essere commissariati. In Sicilia il rinvio di queste elezioni non è eccezionale, anzi è diventato la prassi: è il dodicesimo in dieci anni. Dal 2014 – quando fu approvata la riforma della province, la legge Delrio – non ci sono mai state elezioni.

I Liberi consorzi e le città metropolitane, così come le province nel resto d’Italia, sono enti di secondo livello. Significa che alle elezioni non votano direttamente elettori ed elettrici, ma gli amministratori dei comuni che fanno parte del Libero consorzio o della città metropolitana.

Fin dall’abolizione dell’elezione diretta decisa dall’allora legge Delrio, la Sicilia, che è una Regione a statuto speciale, provò a mantenere il voto popolare opponendosi alle norme nazionali. Tutti i governi regionali che si sono succeduti negli ultimi anni hanno tentato in diversi modi di reintrodurre l’elezione diretta con leggi regionali, direttive e regolamenti ad hoc. Tutti i tentativi sono stati giudicati incostituzionali, eppure la Regione ha continuato a rinviare le elezioni nella speranza di trovare prima o poi una soluzione.

Senza elezioni di primo o secondo livello, la Regione non ha potuto far altro che commissariare i Liberi consorzi. La nomina dei commissari è stata prorogata più volte, al momento i commissari sono sei, uno per ogni provincia (Trapani, Agrigento, Enna, Caltanissetta, Ragusa, Siracusa), mentre i commissari delle città metropolitane sono i tre sindaci in carica Roberto Lagalla (Palermo), Enrico Trantino (Catania) e Federico Basile (Messina). Nonostante l’intenzione di reintrodurre il voto popolare, di fatto finora le ex province sono state private di qualsiasi autonomia politica.

Tuttavia il problema più rilevante di questa gestione riguarda i pochi soldi messi a disposizione per le funzioni di cui i Liberi consorzi e le città metropolitane sono rimasti responsabili: soprattutto la manutenzione di scuole superiori e strade provinciali, i servizi per le persone con disabilità, il finanziamento di progetti candidati a partecipare a bandi europei. I cittadini hanno dovuto ricorrere più volte al tribunale amministrativo regionale (TAR) per ottenere il pagamento di servizi essenziali. La Regione ha cercato in qualche modo di sopperire ai tagli dei trasferimenti statali senza però garantire abbastanza fondi per finanziare tutte le funzioni. Diversi Liberi consorzi sono in difficoltà economiche: l’ex provincia di Siracusa, per esempio, ha dichiarato il dissesto nel 2018 e non ha i soldi per sistemare le scuole superiori fatiscenti.

Enna è il comune che più di tutti si è opposto ai continui rinvii. I giudici del TAR hanno dato ragione più volte al comune e hanno anche inviato gli atti alla Corte costituzionale per chiedere un parere definitivo sulla questione. Il 31 ottobre la Corte ha confermato che il rinvio è incostituzionale. Già in una sentenza precedente, i giudici costituzionali avevano esortato la Regione Siciliana a rimediare senza ritardi convocando le elezioni al più presto.

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