Negli Stati Uniti Repubblicani e Democratici non sono sempre stati rossi e blu
È una convenzione recente: fino al Duemila ogni media associava ai due partiti il colore che preferiva, anche il giallo o il verde
Oggi si dà per scontato che i due principali partiti attorno ai quali gira la politica statunitense, quello Repubblicano e quello Democratico, debbano essere identificati rispettivamente con il rosso e con il blu, al punto che è piuttosto comune sentire parlare di “red states” (quelli governati dai Repubblicani) o “blue states” (quelli governati dai Democratici). Tuttavia, per quanto ormai diffusissima, questa convenzione è relativamente recente: si è consolidata soltanto a partire dalle elezioni del 2000, quelle vinte da George W. Bush e perse – per pochissimo – da Al Gore.
Prima di allora era spesso successo il contrario: capitava cioè che i Democratici venissero identificati con il rosso e i Repubblicani con il blu. Questo perché, come ha ricordato il giornalista della CNN Oscar Holland, le varie emittenti decidevano arbitrariamente che colore attribuire ai partiti per le rappresentazioni nelle mappe elettorali.
Holland ha citato a questo proposito la copertura delle elezioni del 1980 da parte di tre importanti emittenti statunitensi, la NBC, la CBS e la stessa CNN, che in quell’occasione scelsero di identificare Ronald Reagan (e quindi i Repubblicani) in blu, e il suo avversario Jimmy Carter (e quindi i Democratici) in rosso. Ma capitava anche che altre reti decidessero di associare ai Democratici e ai Repubblicani colori del tutto differenti, come il giallo e il verde.
Per buona parte dello scorso secolo nessuno si preoccupò più di tanto di assegnare un certo colore ai Democratici e uno ai Repubblicani. Del resto non c’erano ragioni per farlo: i giornali venivano stampati in bianco e nero, ed erano senza colori anche i primi televisori. A quei tempi era molto più comodo identificare gli stati sulle mappe con espedienti diversi dai colori: spesso si utilizzavano dei simboli, come per esempio le linee e i puntini.
Le cose cambiarono verso la metà degli anni Settanta, quando circa una casa americana su due aveva un televisore a colori, e di conseguenza si cominciò a colorare pure le mappe. Nel 1976 la NBC usò per esempio una mappa elettorale “elettronica” (che tra l’altro rischiò di sciogliersi per il troppo calore), con lampadine rosse che si accendevano per gli stati assegnati a Carter (Democratici) e lampadine blu per gli stati assegnati a Gerald Ford (Repubblicani).
Roy Wetzel, che seguì quelle elezioni come caposervizio per la NBC, ha detto che l’emittente prese quella decisione basandosi su una consuetudine piuttosto consolidata nel Regno Unito, dove il rosso è storicamente il colore del partito laburista e il blu quello del partito conservatore. Ma, come anticipato, quell’anno e negli anni a venire altre emittenti, e poi altri giornali e siti internet, fecero scelte diverse. In certi casi scegliendo il colore in base al partito del presidente in carica, e in certi altri casi puntando – per diversificarsi – su colori diversi dal rosso e dal blu, tra l’altro i colori dominanti della bandiera degli Stati Uniti.
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Holland ha ricordato anche, per quanto oggi possa sembrare strano, che il blu è stato per lungo tempo un colore a cui i Repubblicani hanno attribuito un significato simbolico piuttosto importante: durante la Guerra civile americana, infatti, l’esercito dell’Unione di Abraham Lincoln era spesso identificato dalle sue uniformi di colore blu, che si distinguevano da quelle grigie indossate dall’esercito confederato. Holland ha aggiunto che, per buona parte del Ventesimo secolo, il blu è stato usato indistintamente da Repubblicani e Democratici, che lo hanno scelto come colore dominante dei rispettivi loghi. L’opzione per il blu era anche quella più conveniente: negli anni della Guerra fredda il rosso era infatti generalmente associato all’Unione Sovietica, principale rivale degli Stati Uniti, e il rifiuto intransigente del comunismo era (ed è tuttora) un elemento che accomunava i due partiti.
Nelle elezioni presidenziali degli anni Ottanta e Novanta, insomma, due elettori non si sarebbero intesi granché se si fossero messi a parlare di “stati rossi” e “stati blu”, perché poteva succedere che media diversi usassero colori diversi, o che da un’elezione all’altra un giornale o un canale televisivo decidesse di invertire o cambiare i colori usati fino a quel momento.
Visto però che non era in effetti il più pratico degli approcci, con l’avvicinarsi delle elezioni del Duemila ci fu una generale convergenza verso l’associazione del rosso con i Repubblicani e del blu con i Democratici. Di quelle elezioni si parlò molto e molto a lungo, le mappe diventarono particolarmente importanti e presenti e quindi, senza che nessuno l’avesse davvero deciso prima, quelle elezioni contribuirono a imprimere nella testa di molti l’idea che i Democratici fossero blu e i Repubblicani rossi. E già negli ultimi mesi del 2000, mentre si aspettava un risultato definitivo dopo il voto del 7 novembre, alcuni commentatori politici iniziarono a fare riferimento a “stati rossi” e “stati blu”.
Il 2000 fu anche il primo anno in cui il New York Times pubblicò una versione a colori delle sue mappe elettorali. Qualche anno fa Archie Tse, che era responsabile della parte grafica del giornale, spiegò che la scelta fu fatta perché “rosso” e “Repubblicano” iniziano entrambi per “r” e che quindi sembrava «un’associazione naturale». Paul Overberg, che quell’anno si era occupato della mappa a colori per USA Today, disse invece di aver scelto il rosso per i Repubblicani e il blu per i Democratici perché «a quel punto era quello che facevano tutti».
Non tutte le pubblicazioni hanno adottato questa convenzione. Per esempio, l’Atlante delle elezioni presidenziali statunitensi di Dave Leip, una delle più vecchie fonti online di dati elettorali, mostra ancora le sue mappe al contrario: con i Democratici indicati in rosso, e i Repubblicani in blu. Sul sito Leip, che ha creato l’Atlante nel 1992, ha scritto che l’adozione di questo metodo è effettivamente «un po’ arbitraria», e ha aggiunto ironicamente che, dal suo punto di vista, «gli elefanti (il simbolo dei Repubblicani) sono contraddistinti da una tonalità blu, e gli asini (quello dei Democratici) da una tonalità rossa».
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