I denti del giudizio spiegano molto sull’evoluzione della specie
Non tutti li abbiamo, e per molti non sono un problema: gli altri, giustamente, meritano delle risposte
Lo sviluppo di alcune parti del corpo umano normali ma apparentemente inutili è uno spunto di conversazioni frequenti, per esempio sui capezzoli maschili o sul coccige. Una parte non necessaria e anzi spesso problematica al punto da richiedere di essere rimossa sono i denti del giudizio, ossia i terzi molari. Spuntano di solito tra i 17 e i 24 anni, a volte anche dopo, che è il motivo del loro nome. Altre volte non si sviluppano affatto: circa il 22 per cento della popolazione mondiale è privo di almeno un dente del giudizio su quattro.
Quando si sviluppano, i denti del giudizio lo fanno comunque più tardi rispetto agli altri denti, e in molti casi in un modo che provoca dolore e altri problemi di salute. L’inclusione del dente del giudizio, una condizione in cui il dente si sviluppa ma non riesce a emergere dalle gengive con l’angolazione corretta, e che interessa circa il 24 per cento della popolazione mondiale, mostra il problema fondamentale dei denti del giudizio: mascella e mandibola negli esseri umani sono il più delle volte troppo strette per ospitarli. Il che rende sensato e abbastanza comune chiedersi sia quando sia perché si sviluppino, e se le due risposte siano correlate.
Come ogni altro dente, anche quelli del giudizio si sviluppano all’interno della mascella e della mandibola, sebbene molto più tardi. I secondi molari cominciano a svilupparsi nelle gengive intorno ai tre anni, mentre i terzi molari generalmente non prima dei nove anni. Il periodo di sviluppo è comunque molto variabile: da 5 a 15 anni.
La principale ragione per cui i terzi molari non spuntano durante l’infanzia come gli altri denti, secondo uno studio pubblicato nel 2021 sulla rivista Science Advances, è che nella bocca non c’è ancora abbastanza spazio. Man mano che l’individuo cresce, crescono anche la sua mascella e la sua mandibola. Un’altra ragione per cui spuntano durante la giovane età adulta è che di solito non sono necessari prima di allora. In passato, quando era più frequente perdere uno o più molari, i denti del giudizio trovavano più spazio per emergere e funzionavano come una sorta di molari di riserva, spiegò nel 2022 il chirurgo Steven Kupferman al sito Live Science.
La presenza dei denti del giudizio dipende sia da fattori relativi all’evoluzione della specie che da altri legati allo sviluppo individuale. Una delle ipotesi condivise in passato faceva riferimento soprattutto a processi di selezione. Secondo questa ipotesi, semplificando, prima che le estrazioni diventassero una pratica comune le persone con terzi molari problematici morivano a causa delle complicazioni, e quelle prive di terzi molari trasmettevano i loro geni alle generazioni future. Permettendo di sopravvivere alle persone con denti inclusi, le estrazioni avrebbero quindi contribuito nel tempo a estendere il pool genetico.
Ricerche successive hanno messo in discussione questa ipotesi, suggerendo che molte proprietà della specie siano influenzate oltre che da fattori genetici da interazioni nell’ecosistema. È un discorso che vale evidentemente anche per i denti dei mammiferi, le cui numerose caratteristiche riflettono ciò che ciascuna specie mangia. Diversi studiosi sostengono da tempo che i problemi dei denti del giudizio derivino indirettamente dalla consistenza dei cibi resi possibili dall’agricoltura e dall’industrializzazione.
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L’idea alla base di questa ipotesi è che, rispetto agli alimenti consumati dai nostri antenati cacciatori-raccoglitori, i cibi successivi alla transizione agricola e poi a quella industriale siano più mollicci. La masticazione di alimenti più duri durante l’infanzia potrebbe contribuire a stimolare la crescita dell’osso mandibolare e mascellare, abbastanza da creare nella bocca lo spazio sufficiente per una serie di tre molari anziché due per ogni semiarcata. Il problema del sovraffollamento dei denti non sarebbe quindi determinato interamente dai geni ereditari, ma in una parte significativa anche dallo sviluppo e dalle abitudini alimentari durante l’infanzia.
«La natura ha selezionato la lunghezza delle nostre mascelle e mandibole sulla base di ciò che si aspetta che facciamo durante il periodo di crescita della mascella», disse all’Atlantic nel 2017 Peter Ungar, paleoantropologo e biologo evoluzionista della University of Arkansas, autore del libro Evolution’s Bite: A Story of Teeth, Diet, and Human Origins. In altre parole, più spesso si esercita forza sulla mascella, più a lungo cresce. E i cibi morbidi, secondo questa teoria, non richiederebbero un allenamento di masticazione sufficiente a massimizzare la crescita potenziale di mascella e mandibola.
Una serie di esperimenti sui topi condotti tra il 2019 e il 2022 da Elsa Van Ankum, una ricercatrice in antropologia evolutiva della University of Saskatchewan, mostrò che gli individui cresciuti con una dieta a base di cibi morbidi tendevano ad avere mascelle sottosviluppate e di forma diversa. La dieta era anche povera di vitamina D, una vitamina la cui carenza è stata associata ai cambiamenti degli stili di vita successivi alla Rivoluzione industriale, e le cui numerose funzioni riguardano anche la formazione e la crescita dei denti, oltre alla salute delle ossa e al funzionamento del sistema immunitario.
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I primati degli ominini che si ritiene condividano la stessa linea evolutiva degli esseri umani avevano denti posteriori molto grandi. Gli Australopithecus afarensis, una specie vissuta tra 2 e 4 milioni di anni fa, avevano molari la cui superficie masticatoria – quella che va in contatto con i denti dell’arcata opposta – era circa il doppio rispetto a quella dei molari degli esseri umani attuali. E questo nonostante il fatto che fossero molto più bassi e con un volume del cranio inferiore a un terzo di quello degli Homo sapiens.
Nella linea evolutiva umana le dimensioni dei denti sono in diminuzione da milioni di anni: si stima che la superficie dei molari nell’Homo erectus, circa 2 milioni di anni fa, fosse più estesa del 50 per cento. E sembra esserci una correlazione tra i cambiamenti dei denti durante l’evoluzione umana e i cambiamenti nell’alimentazione e nelle tecniche di preparazione del cibo, già molto tempo prima della diffusione dell’agricoltura e poi dell’industrializzazione. Gli utensili in pietra risalenti all’epoca dell’Homo erectus, per esempio, erano utili anche a pestare e ammorbidire i cibi, semplificando la masticazione di quelli più duri.
L’ipotesi che la progressiva riduzione della masticazione abbia un’influenza evolutiva sullo sviluppo del corpo umano è sostenuta da alcuni studi che hanno analizzato lo sviluppo dei denti del giudizio e le dimensioni della mandibola in società diverse. Uno studio del 2011 su crani di sei gruppi di agricoltori e cinque di raccoglitori, conservati nei musei, scoprì che i primi avevano mandibole più corte, quindi meno spazio per lo sviluppo dei terzi molari. Una ricerca del 2017 dello stesso tipo, condotta con metodi statistici più affidabili, arrivò a conclusioni simili.
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Altri studi di comparazione hanno riscontrato una correlazione tra problemi dei denti del giudizio e disponibilità di cibi lavorati in diverse popolazioni. Uno studio del 2012 raccolse i casi di inclusione del terzo molare in un campione di 900 abitanti di zone rurali e urbane nel distretto del Karnataka, nel sud dell’India. I casi erano diffusi in circa il 15 per cento della popolazione rurale e in circa il 30 per cento di quella urbana. Una ricerca precedente, condotta in Nigeria su 2.400 persone, aveva scoperto che i denti del giudizio inclusi erano sette volte più diffusi nella popolazione urbana rispetto a quella rurale.
Sia i risultati degli studi comparativi che i risultati degli esperimenti sugli animali – oltre che sui topi, sono stati condotti sulle scimmie scoiattolo, sui babbuini e su altre specie – sono compatibili con l’ipotesi che le abitudini alimentari influenzino lo sviluppo delle mascelle, e di conseguenza dei denti del giudizio. Non spiegano tuttavia perché alcune persone ne siano privi.
In alcuni casi l’assenza dei denti del giudizio potrebbe effettivamente essere un esempio di «micro-evoluzione anatomica» recente, come sostenuto per esempio da un gruppo di scienziati della Flinders University ad Adelaide. La loro ipotesi è che la ragione principale di questa evoluzione siano i cambiamenti nella selezione naturale. Man mano che le abitudini alimentari cambiavano, le persone prive di denti del giudizio non avevano svantaggi nella masticazione.