I parlamentari di Fratelli d’Italia sono commentatori seriali dei post di Meloni

Di solito il loro contributo consiste in incitazioni un po' vuote, che servono tra le altre cose ad avere più visibilità

Un post su Facebook di Giorgia Meloni con accanto i commenti dei parlamentari di Fratelli d'Italia
Un post su Facebook di Giorgia Meloni con accanto i commenti dei parlamentari di Fratelli d'Italia

Sempre più spesso, e in maniera sempre più evidente, sotto ai post che Giorgia Meloni pubblica su Facebook compaiono decine di commenti di parlamentari ed esponenti di governo di Fratelli d’Italia. Alcuni di loro intervengono solo saltuariamente, altri invece non perdono mai l’occasione di lasciare un proprio messaggio o una risposta. Quasi sempre sono interventi trascurabili, peraltro scritti in maniera sciatta o con frequenti refusi: semplici incitazioni, complimenti, chiose di rito e formule retoriche che accompagnano anche i post di Meloni più disimpegnati.

Tutto ciò non è casuale, anzi risponde a precise strategie di promozione e di marketing politico applicate ai social network, un aspetto poco conosciuto del lavoro del deputato o del senatore.

Il 21 settembre scorso, per esempio, Meloni ha pubblicato una foto che la ritrae insieme all’attore e regista statunitense Mel Gibson, che è in Italia per dei sopralluoghi per il suo prossimo film, con una semplice didascalia: «Mel & Mel». Tra i quasi 10mila commenti sotto al post, c’è quello di Marcello Gemmato, sottosegretario alla Salute di FdI, che scrive: «Cuori impavidi», e aggiunge tre bandiere tricolori; oppure quello di Andrea Delmastro Delle Vedove, sottosegretario alla Giustizia: «Due che hanno cambiato la narrazione dominante coraggiosamente». Marco Lisei, senatore emiliano di FdI, si dilunga di più:

Bellissima foto! Mel è un grande, non si è piegato alle ideologie sinistre woke o andando sulle ong, se ne frega di conformarsi al radical chic per il vil denaro. Ed ha vinto. Perché è stato osteggiato dal sistema, ma Hollywood non può permettersi di stare senza Mel..

È un esempio tra i moltissimi possibili, basta consultare la pagina Facebook di Meloni per accorgersi della dimensione del fenomeno. Il 21 ottobre, sotto a un suo post che rivendicava l’impegno del governo con un breve messaggio e un selfie che la mostrava sorridente, è comparsa la consueta fila di parlamentari e dirigenti del suo partito. «La sinistra ha paura perché finalmente c’è chi lavora per il solo interesse della Nazione e loro non sono abituati», commenta Galeazzo Bignami, viceministro dei Trasporti. «Siamo orgogliosi di essere rappresentati finalmente da un Presidente che finalmente ama l’Italia. Siamo con te Giorgia non fermarti!», dice il commento di Domenico Damascelli, consigliere comunale pugliese.

Proprio Bignami e Delmastro, e con loro Lisei, il deputato Dario Iaia e il senatore Raffaele Speranzon, sono tra i più frequenti commentatori, anche di post che si riferiscono a fatti più o meno notevoli di cronaca, più o meno scollegati alla politica. Martedì Meloni ha pubblicato un post per la morte della sciatrice 19enne Matilde Lorenzi, poche righe per esprimere dispiacere e vicinanza alla famiglia. Sotto sono comparsi gli immancabili commenti di Bignami («Un notizia [sic] davvero triste, una preghiera e un abbraccio alla famiglia di Matilde»), di Speranzon («Che tragedia. Il sorriso di Matilde è meraviglioso. Infinite condoglianze alla famiglia ed a chi l’ha conosciuta ed amata»), di Lisei («Una terribile tragedia, un forte abbraccio alla famiglia e a chi voleva bene a Matilde»), di Iaia («Una enorme tragedia. Queste cose non dovrebbero mai accadere. Siamo vicini con la preghiera alla famiglia»).

È un’attività che i parlamentari non svolgono in maniera disinteressata, e che si può spiegare in due modi.

Da un lato, commentando i post di una delle pagine politiche più seguite d’Italia, e consultata da un pubblico con cui sono in sostanziale sintonia, deputati e senatori di FdI vogliono ottenere visibilità e accrescere a loro volta i propri follower, sperando di intercettare l’attenzione di un elettore di FdI o di un simpatizzante di Meloni che passa di lì. Dall’altro, sono spesso gli stessi leader, o i loro collaboratori, a sollecitare deputati e senatori a commentare e a mettere reazioni al post: in questo modo il contenuto aumenta il suo tasso di engagement (la quantità di follower che interagisce) perché viene premiata dall’algoritmo del social network, e raggiunge di conseguenza un numero maggiore di utenti.

Non è una cosa del tutto nuova, da decenni il metodo delle “catene” o delle “ruote” è consolidato un po’ in tutti i partiti. Funziona così: un leader o il suo responsabile della comunicazione decide che quel giorno bisogna puntare su un certo argomento, oppure che bisogna promuovere un certo slogan o attaccare un certo avversario insistendo su un certo argomento, e allora chiede ai suoi compagni di partito di intervenire pubblicamente.

Spesso tutto è relativamente spontaneo: se il leader fa una dichiarazione (o un tweet), e un suo collaboratore la condivide sulle chat del partito chiedendo a deputati e senatori di rilanciarla, questi diffonderanno note stampa o manderanno virgolettati alle agenzie o pubblicheranno a loro volta dei tweet che ripetono, con leggere variazioni, lo stesso concetto espresso dal leader. Altre volte il sistema è più rigido: ai tempi del primo governo di Giuseppe Conte, nel 2018-2019, alcuni parlamentari del Movimento 5 Stelle si vedevano attribuiti sulle agenzie dichiarazioni che non avevano mai fatto. Era lo staff del presidente del Consiglio, guidato dall’allora portavoce Rocco Casalino, a stabilire chi dovesse dire cosa, dando talvolta solo un minimo preavviso al parlamentare prescelto, che comunque quasi sempre era ben felice di apparire sulle agenzie o sui giornali e guadagnarsi un po’ di notorietà. Sono pratiche che servono a dare maggiore risalto e risonanza alle prese di posizione che un leader vuole spingere di più.

Ma applicato ai social network, questo attivismo frenetico fa apparire i parlamentari come commentatori compulsivi. Alcuni commentano autonomamente, magari quando vedono i post del leader comparire sulle chat dei gruppi o quando una notifica li avverte che il leader ha appena postato qualcosa; altri affidano questo incarico ai propri collaboratori, i quali del resto spesso ottengono i loro ingaggi con deputati e senatori prospettando loro un aumento di follower e di visibilità in un certo periodo, e quindi poi fanno tutto quello che serve per aiutare a raggiungere l’obiettivo.

Da questo punto di vista, l’attivismo dei parlamentari sotto ai post di Meloni non è molto diverso da quello che connotava i parlamentari grillini sotto ai post di Giuseppe Conte (succede ancora oggi), o che tuttora spinge i parlamentari della Lega a intervenire – sia pure con meno intensità – sotto ai post di Matteo Salvini.

A volte, poi, i commenti inneggianti vengono alimentati anche dagli avversari del leader di turno: quando, cioè, un partito di opposizione crede che possa avere senso intromettersi, per così dire, tra i commenti dei seguaci di quel leader per insinuare dubbi e avanzare obiezioni. È una pratica piuttosto azzardata e non molto utilizzata, anche perché contraddice una delle regole basilari della comunicazione politica sui social network: mai alimentare le reazioni a un post di un avversario, ma semmai commentare sui propri profili con un nuovo post. Tuttavia a volte capita.

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Un post condiviso da Giorgia Meloni (@giorgiameloni)

All’inizio di ottobre, nei giorni in cui il governo definiva la legge di bilancio, la segreteria del Partito Democratico, guidata da Elly Schlein, ha deciso di commentare in maniera polemica i post che Meloni dedicava al provvedimento. La presidente del Consiglio aveva fatto un video su Instagram per smentire che la manovra finanziaria introducesse nuove tasse. I collaboratori di Schlein hanno allora invitato alcuni parlamentari a commentare quel contenuto utilizzando l’hashtag #TassaMeloni. Cosa che hanno fatto in parecchi esponenti del PD (da Alessandro Zan a Valeria Valente, da Franco Mirabelli a Pierfrancesco Majorino), e anche il profilo ufficiale del gruppo del Senato del partito. L’esperimento non ha tuttavia prodotto i risultati sperati, e non è stato replicato.