Si litiga attorno al più popolare software per fare siti
Da quando esiste, WordPress è aperto e gratuito in modalità open source: ora il suo cofondatore sta mettendo in discussione questo principio, tra critiche e conflitti di interessi
Non è facile calcolare il peso di WordPress nel web di oggi, ma secondo una stima della società W3Techs poco meno della metà (il 43,6%) dei siti internet funziona grazie a questa piattaforma. WordPress è un software di gestione dei contenuti (Content management system, o CMS, in inglese) con cui è possibile creare, organizzare e gestire siti di vario tipo in modo molto intuitivo. Essendo distribuito in modalità open source, inoltre, chiunque può modificarlo gratuitamente, condividendo poi le aggiunte sotto forma di plug-in scaricabili o acquistabili dagli altri utenti.
Nonostante la sua natura collaborativa, però, in queste settimane WordPress è stato al centro di una disputa dai toni molto aspri con WP Engine, un’azienda che si occupa di hosting, ovvero dell’architettura che ospita i siti internet, e che si basa su WordPress.
Lo scontro è iniziato lo scorso settembre, quando Matt Mullenweg, co-creatore di WordPress e CEO di Automattic (la società che ne è proprietaria), accusò WP Engine di essere «un cancro per WordPress», di non contribuire alla sua community (come ci si riferisce all’insieme degli utenti che lavorano su prodotti open source per migliorarne le prestazioni e possibilità) e di trarre solo profitto da un prodotto gratuito. Nei giorni successivi Automattic pretese che WP Engine smettesse di usare il trademark di WordPress e poi bloccò l’accesso dell’azienda ai server di WordPress.org. Pochi giorni dopo WordPress concesse una «tregua temporanea» a WP Engine, che però ha comunque querelato Mullenweg e Automattic, accusandoli di «abuso di potere, estorsione e avarizia».
Per capire la questione occorre però fare un po’ di chiarezza tra le varie parti in causa. In particolare è necessario distinguere tra WordPress, WordPress.org e WordPress.com. Pur avendo nomi pressoché uguali, infatti, si tratta di realtà molto diverse: le diciture WordPress e WordPress.org vengono spesso fatte coincidere perché indicano il software gratuito e open source, che è appunto scaricabile dal sito WordPress.org.
WordPress.com fa invece parte di Automattic, società fondata da Mullenweg, e che comprende diverse aziende, tra cui il social network Tumblr. WordPress.com è un servizio di tipo freemium, e quindi offre a chiunque voglia creare un sito una versione di base gratuita e una serie di servizi aggiuntivi a pagamento: di fatto è concorrente di WP Engine. Al tempo stesso Mullenweg è anche fondatore e direttore della WordPress Foundation, un’associazione non profit che ha l’obiettivo di portare avanti il proposito originario del progetto di «democratizzare l’editoria attraverso l’open source» ed è la proprietaria del marchio registrato WordPress.
L’ambiguo ruolo di Mullenweg all’interno dell’ecosistema di WordPress può spiegare in buona parte questo scontro, che secondo alcuni è conseguenza del suo conflitto di interessi. WP Engine, del resto, è una delle realtà più note dell’ecosistema WordPress con più di 200mila siti che utilizzano suoi prodotti: fondata nel 2010, negli ultimi anni si è espansa e ha acquisito alcuni dei plugin più venduti di WordPress, come Advanced Custom Fields, WP Migrate e WP Offload Media.
La principale accusa di Mullenweg a WP Engine è quella di sfruttare in modo illecito il marchio registrato di WordPress: «Il loro branding, marketing, la loro pubblicità e tutta la loro promessa ai clienti è che ti stanno dando WordPress, ma non è così. Stanno traendo profitto dalla confusione», ha scritto Mullenweg in un post. Secondo quanto rivelato dal sito The Verge, prima di accusarla pubblicamente, Automattic aveva proposto un accordo a WP Engine per il quale quest’ultima avrebbe dovuto cedere l’8 per cento dei guadagni mensili dell’azienda ad Automattic, in cambio dell’utilizzo del marchio registrato WordPress. WP Engine rifiutò la proposta e sostenne che il loro utilizzo delle parole “WordPress” e “WP” fosse lecito, trattandosi di un prodotto open source.
Lo scontro ha suscitato le reazioni di gran parte dell’ambiente open source, che da sempre cerca di tutelare la natura gratuita e libera di questi prodotti. Il programmatore e imprenditore danese David Heinemeier Hansson ha criticato Mullenweg sul suo blog, scrivendo che un software open source rimane tale per sempre: «Non ci può essere un secondo insieme di obblighi nascosti che potrebbero improvvisamente applicarsi quando ci si comincia ad arricchire utilizzando il software».
Nei giorni successivi Mullenweg ha continuato ad attaccare WP Engine e a rispondere in modo non particolarmente professionale alle accuse dei suoi critici, tra cui quella di Hansson, a cui ha consigliato di «discutere con un analista o un coach» del perché le sue aziende non vadano così bene nonostante le sue «grandi idee». Mullenweg ha anche paragonato la sua Automattic a 37signals, società di cui è dirigente Hansson: «Noi oggi abbiamo un fatturato di mezzo miliardo, perché voi siete ancora così piccoli?». Si è poi però scusato per i toni e ha cancellato il messaggio.
In un’intervista data a inizio ottobre a The Verge Mullenweg ha detto che WordPress.org, ovvero il prodotto open source e aperto, «appartiene a me personalmente», e non è quindi un arbitro neutrale dell’ecosistema. «In quanto proprietario di WordPress.org non voglio promuovere un’azienda [WP Engine, ndr] che a) mi minaccia in sede legale e b) usa il marchio registrato di WordPress. È uno dei motivi per cui le abbiamo tolto l’accesso ai server».
Uno dei momenti più critici di questa crisi ha riguardato il citato plugin Advanced Custom Fields (o ACF), acquistato da WP Engine nel 2022 e di cui Mullenweg ha annunciato il forking, cioè lo sviluppo di un nuovo software (detto fork) a partire da uno open source, che in quanto tale può essere preso, copiato e modificato. In questo caso WordPress.org, in una decisione che Mullenweg ha presentato come «rara e insolita», ha preso ACF e l’ha usato per creare un nuovo software, Secure Custom Fields, SCF e lo ha sostituito ad ACF tra i plugin ufficiali. WordPress.org ha giustificato il forking citando alcune note vulnerabilità di ACF.
A fine ottobre sono circolati su X degli screenshot di alcune mail che Automattic ha inviato agli organizzatori di WordCamp Sydney, una conferenza dedicata agli sviluppatori e appassionati di WordPress, a cui veniva chiesto di cancellare alcuni post «non allineati con le opinioni della community» e che riguardavano proprio WP Engine.
Lo scontento è anche interno ad Automattic: dall’inizio della disputa con WP Engine, almeno 159 dipendenti hanno lasciato l’azienda approfittando di ben due buonuscite concesse dallo stesso Mullenweg, che ha chiesto a chiunque lavori per lui e non sia d’accordo con le sue azioni di presentare le dimissioni. «È diventato chiaro che una buona parte dei miei colleghi di Automattic non è d’accordo con me e con le nostre azioni», ha scritto.
Nel frattempo la WordPress Foundation ha fatto richiesta per registrare anche i marchi “Managed WordPress” e “Hosted WordPress”, espressioni spesso usate dagli sviluppatori per vendere i loro prodotti. Per questo ora molti sviluppatori temono che quanto accaduto a WP Engine possa capitare anche a loro, a conferma dell’atteggiamento sempre più ostile di Mullenweg nei confronti della community. John O’Nolan, fondatore di Ghost, servizio open source per il publishing, ha criticato l’eccessivo potere di una singola persona in un prodotto tanto importante: «La rete ha bisogno di più organizzazioni indipendenti e di maggiore diversità. Il 40% del web e l’80% del mercato dei CMS non dovrebbero essere controllati da un unico individuo».