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  • Giovedì 31 ottobre 2024

Gli elettori arabi e musulmani negli Stati Uniti non sanno cosa scegliere

Sia Donald Trump che Kamala Harris stanno cercando di ottenere i loro voti ma sono entrambi impopolari, e c'entra anche la guerra a Gaza

(REUTERS/Eloisa Lopez)
(REUTERS/Eloisa Lopez)
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Sia Kamala Harris che Donald Trump sono parecchio impopolari tra i molti cittadini statunitensi appartenenti alla comunità araba e tra quelli di religione musulmana, anche a causa dell’approccio dei due candidati alla guerra nella Striscia di Gaza. Il voto di questi elettori potrebbe risultare importante alle elezioni del 5 novembre, visto soprattutto che i due candidati sono molto vicini non solo nei sondaggi a livello nazionale, ma anche in quelli nei sette stati in bilico.

Intanto, per capire di cosa si sta parlando: non tutte le persone arabe sono di religione musulmana, e ovviamente non tutte le persone di religione musulmana sono arabe. In generale nel contesto delle elezioni americane, l’elettorato arabo e quello musulmano vengono spesso accomunati nelle analisi demografiche, seppure i due gruppi non siano completamente sovrapponibili, perché ultimamente entrambi sono spesso interessati al tema della guerra a Gaza.

Le diffidenze verso Trump sono legate alle dichiarazioni razziste fatte dallo stesso Trump nel corso degli anni, oltre alle misure apertamente discriminatorie contro le persone di religione musulmana approvate durante la sua presidenza. Nei primi mesi del suo mandato (che durò dal 2017 al 2021), Trump approvò il cosiddetto “muslim ban”, una norma che impediva per 90 giorni alle persone provenienti da sette paesi a maggioranza musulmana di entrare negli Stati Uniti. La misura fu subito contestata e finì al centro di numerosi ricorsi legali.

Durante la sua presidenza Trump ha sempre sostenuto Israele. Tra le altre cose spostò l’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme, città il cui status è da tempo conteso tra israeliani e palestinesi; riconobbe la sovranità di Israele sulle Alture del Golan, un altopiano che Israele occupa dal 1967 dopo averlo sottratto al controllo della Siria; e attaccò spesso anche a livello personale politici statunitensi di origine araba, tra cui Rashida Tlaib e Ilhan Omar, del Partito Democratico.

– Leggi anche: I sette stati in bilico che decideranno le elezioni negli Stati Uniti

Anche in seguito all’invasione israeliana della Striscia di Gaza, iniziata nell’ottobre del 2023, Trump ha continuato a esporsi senza mezzi termini a favore di Israele. In campagna elettorale però, e specialmente nelle ultime settimane, ha iniziato a corteggiare l’elettorato arabo e musulmano, dicendo che una volta entrato in carica metterà presto fine alla guerra (senza dire come). «Ho molti amici arabi», ha detto la scorsa settimana in un’intervista con la rete televisiva in lingua araba Al Arabiya. «Sono persone calorose. È una vergogna quello che sta succedendo lì [a Gaza]».

Durante un comizio a Novi, in Michigan, Trump ha invitato sul palco diversi esponenti della comunità araba e musulmana, che hanno espresso il loro sostegno per lui. Negli ultimi mesi hanno fatto lo stesso anche alcuni amministratori locali di religione musulmana, tra cui Amer Ghalib, il sindaco della cittadina di Hamtramck, sempre in Michigan, dove più del 40 per cento dei residenti è nato fuori dagli Stati Uniti. Ha sostenuto Trump anche Bill Bazzi, il sindaco di Dearborn Heights (un comune vicino a Detroit) di origini libanesi.

Donald Trump a un comizio in Michigan con alcuni esponenti della comunità musulmana locale

Donald Trump a un comizio in Michigan con alcuni esponenti della comunità musulmana locale (AP Photo/Alex Brandon)

Il Michigan è uno dei sette stati in bilico che decideranno l’esito delle elezioni, ed è quello con la più grande comunità di persone con origini mediorientali, circa 300mila. Storicamente le persone appartenenti alla comunità araba hanno sempre votato in grande maggioranza per i Democratici, ma di recente molti si sono allontanati dal partito a causa dell’approccio adottato dal presidente Joe Biden sull’invasione israeliana della Striscia di Gaza.

In seguito all’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre 2023, Biden aveva espresso netto sostegno a Israele, storico alleato degli Stati Uniti. Anche nei mesi successivi la sua amministrazione aveva continuato (e continua tuttora) a fornire aiuti militari a Israele per miliardi di dollari. I continui attacchi e bombardamenti di Israele nella Striscia, che stanno provocando decine di migliaia di morti tra i civili palestinesi, hanno però causato molte critiche a Biden e, di riflesso, alla sua vicepresidente Harris.

Harris ha posizioni più vicine alla causa palestinese rispetto a Biden, ma di poco e comunque non si è mai esposta in modo chiaro contro Israele. Il suo approccio è considerato insoddisfacente da molti elettori arabi o di religione musulmana, che chiedono una presa di posizione più decisa a favore della popolazione palestinese. Negli ultimi mesi ci sono state polemiche anche intorno alla decisione di escludere i rappresentanti del movimento Uncommitted (quello che aveva organizzato l’iniziativa per il voto “non schierato” alle primarie, un modo per esprimere dissenso verso Biden) dalla convention Democratica che si è tenuta a Chicago durante l’estate.

Il movimento Uncommitted ha detto che non sosterrà Harris, ma ha comunque chiesto ai suoi membri di non votare per Trump e nemmeno per un altro candidato o candidata, dato che questo rischierebbe di favorire Trump. Anche l’Arab American Political Action Committee, un gruppo legato alla comunità araba, ha detto che non sosterrà né Harris né Trump alle elezioni a causa della posizione di entrambi verso Israele.

Le divisioni nel sostegno a Harris sono diventate evidenti in diverse occasioni, tra cui un comizio ad Ann Arbor, in Michigan, lo scorso lunedì. Durante l’evento Assad Turfe, un funzionario della contea di Wayne (quella di Detroit e Dearborn) di origini libanesi ha dato il suo sostegno a Harris, ma poco dopo l’intervento della candidata è stato interrotto da alcuni manifestanti pro-Palestina che dicevano: «Israele bombarda [la Striscia], Kamala paga». Harris ha risposto: «Vi ascolto. Tutti vogliamo che questa guerra finisca il prima possibile».

Un comizio di Kamala Harris e Tim Walz ad Ann Arbor, Michigan

Un comizio di Kamala Harris e Tim Walz ad Ann Arbor, Michigan (AP Photo/Paul Sancya)

Secondo l’ultimo sondaggio dell’Arab American Institute, l’elettorato arabo-americano è diviso: il 42 per cento dice di voler votare per Trump, e il 41 per cento per Harris. Il 12 per cento dice di sostenere un terzo candidato: è una scelta di protesta, dato che tutti gli altri candidati (tra cui la principale è Jill Stein, dei Verdi) non hanno alcuna possibilità di vincere. Più dell’80 per cento degli intervistati ha detto che la guerra nella Striscia sarà un fattore importante nelle loro decisioni, insieme all’economia.

Nel frattempo, Trump sta anche cercando di attrarre i voti delle persone di religione ebraica, che tradizionalmente sostengono il Partito Democratico. Trump si sta presentando come «protettore» degli ebrei, e dice che «chiunque sia ebreo e ami Israele sarebbe uno sciocco a votare per i Democratici». Un gruppo di finanziatori associato al Partito Repubblicano sta diffondendo due spot televisivi contraddittori: in uno Harris è presentata come convinta sostenitrice della causa palestinese, e nell’altro come sostenitrice di Israele.

– Leggi anche: Glossario minimo per seguire le elezioni americane