I film più spaventosi secondo i registi horror

John Carpenter è ossessionato da “L'esorcista”, William Friedkin è rimasto spiazzato da “Funny Games”, Robert Eggers da un grande classico del cinema

John Carpenter (Frazer Harrison/Getty Images)
John Carpenter (Frazer Harrison/Getty Images)
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A ottobre Stephen King, uno dei più acclamati scrittori di romanzi horror al mondo, ha scritto un articolo su Variety dedicato a quello che, a suo dire, è il film più spaventoso mai realizzato: La notte dei morti viventi, il primo lungometraggio di George A. Romero, che quando lo diresse aveva soltanto 28 anni. King lo ha descritto come un film costellato da momenti di «puro terrore», ma ha detto anche che il concetto di «film più pauroso» varia anche a seconda dell’età dello spettatore.

Per esempio, da bambino il film che lo spaventava di più era Gli invasati di Robert Wise, mentre da adulto per un certo periodo fu The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair di Daniel Myrick, soprattutto per quei «secondi finali davvero orribili». Anche altri autori e registi che per lavoro si occupano di horror hanno parlato dei film che li hanno terrorizzati di più, che in certi casi sono titoli famosissimi, in altri più di nicchia.

John Carpenter
John Carpenter è uno di quei registi che riescono a realizzare film di grande successo con budget di partenza molto bassi, ed è considerato fra i più importanti esponenti dello slasher, un sottogenere dell’horror in cui il cattivo è un assassino seriale spesso mascherato e che ebbe una grande popolarità tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta. Il film che lo spaventa di più, però, non ha a che fare con serial killer eccentrici: è l’esorcista, probabilmente l’horror più famoso di sempre. Racconta la storia di una docile e ben educata ragazzina di 12 anni, Regan, che abita nel quartiere Georgetown a Washington D.C. con sua madre, un’attrice affermata, e comincia a mostrare comportamenti dapprima insolitamente violenti e poi fisicamente inspiegabili. «Cosa c’è di spaventoso nell’Esorcista? Lo sanno tutti: il diavolo», ha detto Carpenter.

David Cronenberg
Per impressionare il pubblico, il regista canadese David Cronenberg enfatizza aberrazioni varie del corpo umano, spesso ripugnanti o volutamente estreme: per questo motivo viene spesso descritto come il padre del body horror, il sottogenere in cui vengono inquadrati i film che presentano queste caratteristiche. Come nel caso di Carpenter, anche il film preferito di Cronenberg ha poco a che fare con gli stilemi tipici del suo cinema. Non racconta infatti di corpi deformi e carne in putrefazione: è A Venezia… un dicembre rosso shocking di Nicolas Roeg. Uscì nello stesso anno dell’Esorcista (il 1973), e parla di una coppia che si trasferisce a Venezia dopo la morte della figlia avvenuta per annegamento. Secondo Cronenberg, è un film «molto strano, perché parla di morte, ma all’inizio non ti rendi conto che è davvero questo il tema centrale».

Robert Eggers
Robert Eggers è uno dei registi horror più acclamati dell’ultimo decennio. È diventato noto al grande pubblico grazie a film come The Witch (2015), The Lighthouse (2019) e The Northman (2022). Il suo film preferito è Nosferatu il vampiro, il capolavoro del 1922 diretto dal tedesco Friedrich Wilhelm Murnau e liberamente ispirato al romanzo Dracula, dello scrittore irlandese Bram Stoker. Eggers ama così tanto questo film da averne fatto un remake, che uscirà il primo gennaio del 2025. Lo ha descritto come il film che «inventò il cinema horror».

Coralie Fargeat
La regista francese Coralie Fargeat è diventata famosa soprattutto di recente per il suo The Substance, un body horror che racconta la storia di un’attrice con una carriera in declino che accetta di sottoporsi a una terapia che le promette di ottenere «una versione più giovane, più bella, più perfetta di sé». Ha raccontato al Financial Times che, nel corso della sua carriera, si è lasciata ispirare soprattutto da film sudcoreani, e in particolare da I Saw the Devil (2010) del regista sudcoreano Kim Ji-woon incentrato su un serial killer che, nella vita di tutti i giorni, fa l’autista di scuolabus. Un film in cui, ha raccontato Fargeat, «le scene sanguinose sono così eccessive da diventare assurde e poetiche».

Jim Jarmusch
Nel corso della sua carriera, Jim Jarmusch ha utilizzato l’orrore in una chiave ironica, grottesca e allegorica, come accade in Solo gli amanti sopravvivono (2013) e nel suo film più recente, I morti non muoiono (2019). In un’intervista con Rotten Tomatoes di qualche anno fa, Jarmusch raccontò che il film che lo impressiona di più non è propriamente un horror, anche se in effetti contiene diversi momenti a loro modo spaventosi: è American Psycho, film del 2000 diretto dalla regista canadese Mary Harron e basato sull’omonimo romanzo di Bret Easton Ellis.

Jordan Peele
Da qualche anno Jordan Peele è uno dei più stimati registi horror in circolazione, apprezzato soprattutto per la capacità di realizzare film che sono tante cose: un po’ thriller, un po’ orrore, un po’ commedie e satire sul razzismo. Il suo film feticcio è Misery non deve morire (1990), adattamento del famoso romanzo di Stephen King del 1987. Secondo Peele, è un film in cui il terrore risiede «nella recitazione, nella sceneggiatura e nei dialoghi», più che nella scenografia o nei colpi di scena.

Quentin Tarantino 
Tarantino non si occupa specificamente di horror, ma la sua grande fascinazione per lo splatter e gli slasher degli anni Settanta è ben visibile in quasi tutti i suoi film. La sua scelta è un po’ eccentrica: uno dei suoi horror preferiti è infatti Audition, film di enorme culto diretto nel 1999 dal giapponese Takashi Miike. Anche in questo caso si tratta di un film ispirato a un romanzo piuttosto famoso: l’omonimo Audition di Ryū Murakami. La principale antagonista della storia è Asami, una donna che uccide in modo molto sadico e violento le persone che reputa colpevoli di averla tradita.

Ari Aster
Negli ultimi anni Ari Aster ha fatto tantissime cose, ma ha soprattutto diretto Hereditary – Le radici del male e Midsommar – Il villaggio dei dannati, forse gli horror più apprezzati dello scorso decennio. Il suo film dell’orrore preferito è Kwaidan, film del 1964 del giapponese Masaki Kobayashi, suddiviso in 4 episodi che parlano di fantasmi, memoria, buddismo e strane apparizioni. Secondo Aster, «potrebbe essere il film horror più mozzafiato mai realizzato».

Luca Guadagnino
Luca Guadagnino ha una certa familiarità con la cinematografia horror: tra le altre cose, ha diretto un apprezzato adattamento di Suspiria e Bones and All, che parla di una coppia di cannibali. Oltre alla sua nota passione per il cinema di Dario Argento, Guadagnino ha espresso in diverse occasioni apprezzamenti per La mosca, che insieme a Videodrome è il film più famoso di Cronenberg. In un’intervista a Vulture, lo definì un «capolavoro senza tempo» in cui «il vero orrore arriva alla fine, quando ti rendi conto che il personaggio di Jeff Goldblum e il personaggio di Geena Davis si amano disperatamente, ma non potranno mai stare insieme».

Julia Ducournau
La francese Julia Ducournau è la regista di Raw – Una cruda verità (2016) e soprattutto di Titane, horror che vinse la Palma d’oro al Festival di Cannes nel 2021. Come Guadagnino è una grande appassionata di Cronenberg, che considera la sua principale influenza. In particolare, Ducournau è stata rapita dal modo in cui il regista canadese ha girato Inseparabili: «è un’opera in cinque atti, una tragedia greca», ha detto.

William Friedkin
Anche il regista dell’Esorcista ha raccontato di un film che lo ha inquietato in un’intervista con Entertainment Weekly. È Funny Games, film del 1997 diretto dall’austriaco Michael Haneke e di cui lo stesso regista fece un remake dieci anni dopo. La sequenza iniziale del film, quella in cui una famiglia canticchia allegramente in macchina prima che la sua tranquillità venga rovinata da una canzone molto violenta dei Naked City, è particolarmente d’impatto. «È probabilmente il film più spaventoso della lista, perché ha per protagonisti due giovani teppisti di un villaggio rurale che terrorizzano una famiglia all’interno della loro casa. È il genere di cose che senti al telegiornale, quelle che possono accadere per davvero. E poi è diretto in modo magistrale».

Mike Flanagan
Il regista di Ouija – L’origine del male (2016), Il gioco di Gerald (2017) e Doctor Sleep (2019), nonché delle serie tv The Haunting (2018) e La caduta della casa degli Usher (2023), ha dei gusti un po’ più pop e “contemporanei”. La sua predilezione è infatti per un film abbastanza recente: February – L’innocenza del male, uscito nel 2015 e diretto dal regista statunitense Oz Perkins, che Flanagan ha definito un «rompicapo agghiacciante e meditativo».