La pratica di colorarsi gli zigomi di nero negli sport americani
Si può osservare alle World Series di questi giorni, ma il cosiddetto “eye black” è un rituale diffuso da decenni non solo nel baseball
Negli Stati Uniti si stanno giocando le World Series, le finali del principale campionato di baseball (l’MLB), tra New York Yankees e Los Angeles Dodgers. I Dodgers sono in vantaggio per 3 partite a 1 e potrebbero chiudere la serie dalla prossima, perché si gioca al meglio delle 7 e vince chi arriva prima a 4. Chi le sta seguendo privandosi del sonno, o chi sta saggiamente recuperando gli highlights la mattina successiva, avrà notato che alcuni giocatori stanno in campo con due strisce colorate di nero sotto gli occhi, il cosiddetto eye black.
È una pratica diffusa da tempo negli sport statunitensi, in particolare nel football americano e nel baseball, ma che è arrivata, pur sporadicamente, anche in sport più europei: rimase famoso il portiere turco Rüstü Recber che ne fece uso ai Mondiali di calcio del 2002. Le origini dell’eye black e soprattutto la sua utilità sono dibattute. Ancora oggi esperti e commentatori si interrogano se sia effettivamente utile a migliorare la visione dei giocatori (ci arriviamo), o se vengano usate più per motivi estetici e rituali.
Le prime testimonianze dell’eye black nel football sono degli anni Quaranta, quando lo utilizzava il giocatore dei Washington Redskins (la squadra di football oggi chiamata Washington Commanders) Andy Farkas. Nel baseball uno dei primi a utilizzarlo fu il leggendario giocatore dei Boston Red Sox e degli Yankees Babe Ruth, intorno agli anni Trenta. Si racconta che Ruth, soprannominato il “Bambino” e protagonista di una delle “maledizioni” sportive più famose di sempre, in alcune partite si disegnasse sotto agli occhi due strisce utilizzando un miscuglio fatto di lucido da scarpe e sughero bruciato.
Il suo obiettivo era ridurre l’effetto abbagliante del sole, e col tempo anche altri atleti cominciarono a farlo, principalmente per emulare Ruth che è stato uno dei migliori giocatori della storia del baseball. Spesso per farsi i due segni neri si usava anche solo un tappo di sughero bruciato con un accendino.
Un approfondimento del New York Times pubblicato nel 2006 citava alcuni studi secondo cui l’eye black effettivamente contribuisce ad assorbire la luce del sole, o dei riflettori quando le partite si giocano in notturna. Questo riduce in parte l’effetto abbagliante e aumenta la capacità dei giocatori di baseball e di football di percepire i contrasti: un grosso vantaggio quando devi prendere una palla, o una pallina, che arriva spesso da molto lontano e da molto in alto, e che quindi durante la sua traiettoria incrocia zone di luce molto forte.
Non a caso non lo utilizzano i giocatori di basket, per esempio, mentre i giocatori di lacrosse sì: il lacrosse è uno sport popolare in Nord America, soprattutto in Canada, in cui si usa una racchetta con la quale bisogna spedire una pallina in una porta simile a quella da hockey. Nel lacrosse gli eye black sono spesso fantasiosi e creativi (pur seguendo alcune regole), il che si lega forse alle origini dello sport: un gioco antenato del lacrosse, il baggataway, veniva praticato infatti dagli indiani americani sin dal quindicesimo secolo, e spesso le persone che ci giocavano si coloravano il viso per scopi apotropaici.
L’effetto dell’eye black è comunque ancora discusso: ci sono prove che sia utile a migliorare la sensibilità della vista, ma è più difficile da dimostrare che porti a un netto miglioramento delle prestazioni. Alcuni sostengono che dipingersi gli zigomi sia una questione principalmente estetica, che serva agli atleti per apparire più sicuri di loro stessi, per intimorire gli avversari o semplicemente come rituale portafortuna, come facevano gli indigeni nordamericani prima di giocare a baggataway. «Non so se fosse un effetto placebo, ma è una cosa che mi è rimasta dentro», disse al New York Times l’ex giocatore dei New York Jets Laveranues Coles, per il quale fare una partita di football senza eye black sarebbe stato come «giocare senza protezioni sulle spalle, o senza casco».
In parte l’estetica degli sportivi si rifà anche all’immaginario militare e all’abitudine dei soldati di dipingersi la faccia di nero, di verde scuro o di marrone per mimetizzarsi. Ma c’è anche chi si tinge di nero gli zigomi per mandare un messaggio, disegnando un numero, una scritta, uno slogan come “Black Lives Matter”.
In realtà l’NFL e soprattutto l’MLB, le principali leghe di football e baseball, hanno regole rigide sui messaggi da mostrare durante le partite, e i giocatori devono comunicarli preventivamente alla lega. Diversi atleti sono stati sanzionati per messaggi dal contenuto innocuo e personale, che però non erano stati approvati: nel 2015 per esempio Cam Heyward fu multato per aver scritto sui suoi zigomi Iron Head, il soprannome del padre morto, e DeAngelo Williams per la scritta Find the Cure, con la quale voleva sensibilizzare sull’importanza della ricerca sul tumore al seno dopo la morte della madre e della zia.
Secondo quanto raccontato dal sito sportivo ESPN, non è chiaro chi fu il primo a personalizzare le due strisce nere, ma è riconosciuto che gli eye black con scritte e simboli diventarono abituali dopo che l’ex giocatore di football Reggie Bush ci scrisse 619, il numero del codice postale del suo quartiere di origine, a San Diego, in California (a volte sull’altro zigomo faceva scrivere S-E, a indicare la zona sudest della città da cui proveniva).
Con gli anni sono cambiate anche le sostanze che i giocatori si applicano sotto agli occhi: oggi utilizzano principalmente un mix di cera d’api, paraffina e polvere di carbone, o più spesso prodotti utilizzati abitualmente nella cosmesi. Alcuni preferiscono attaccarsi due adesivi fatti apposta per la pelle, più comodi da togliere alla fine della partita e più pratici per attaccarci sopra scritte e numeri di altri colori, da mettere in risalto. La diffusione degli adesivi ha in parte contribuito al senso simbolico dell’eye black, perché il loro potere assorbente è minore, soprattutto quando sopra ci sono cose colorate.