L’incontro di pugilato più famoso di sempre
Cinquant'anni fa Ali sconfisse a sorpresa Foreman nella cosiddetta “Rumble in the jungle”, seguita in tutto il mondo
Gli incontri di pugilato veramente famosi, quelli che conoscono un po’ tutti, anche le persone che di boxe sanno poco o niente, non sono tantissimi. Per esempio, il cosiddetto “massacro di San Valentino”, nome con cui viene definito il match che nel febbraio del 1951 chiuse la lunga rivalità tra Jake LaMotta e Sugar Ray Robinson, i due pugili che avevano dominato questo sport nel decennio precedente, diventò talmente celebre da venire raccontato in un film di Martin Scorsese, e tutti hanno sentito dire almeno una volta che, il 28 giugno 1997, Mike Tyson staccò a morsi un pezzo di orecchio di Evander Holyfield.
Nessun incontro però ha avuto una risonanza paragonabile a quello che Muhammad Ali e George Foreman disputarono il 30 ottobre 1974 allo Stade du 20 mai di Kinshasa, nell’allora Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo), e che passò alla storia come “Rumble in the jungle”, la rissa nella giungla. Se ne parla ancora oggi per vari motivi, a partire dall’impressionante riscontro mediatico: alcune fonti stimano che fu seguito da più di un miliardo di persone in tutto il mondo.
Ma a rendere il “Rumble in the jungle” l’evento più importante della storia del pugilato fu soprattutto il carisma dei suoi protagonisti, a partire dalla persona che lo rese possibile. Fu infatti il primo incontro organizzato da Don King, che negli anni successivi sarebbe diventato una figura mitica nell’ambiente, il più importante impresario di incontri di boxe al mondo e, in un certo senso, anche un archetipo narrativo: se nei film i promoter di pugilato vengono spesso caratterizzati come persone pragmatiche, spregiudicate e con un grande senso degli affari, il merito è soprattutto suo.
Per convincere Foreman e Ali a salire sul ring, King promise che il vincitore avrebbe ottenuto un premio in denaro di 5 milioni di dollari (quasi 30 milioni di euro di oggi). Non disponeva di quella cifra, e quindi fu costretto a trovare uno stratagemma per poter finanziare l’evento. Ci riuscì grazie alla mediazione di Fred Weymar, consigliere del presidente autoritario dello Zaire Mobutu Sese Seko.
Weymar convinse Mobutu che ospitare nel paese i due pugili più famosi poteva rappresentare un ottimo modo di promuovere lo Zaire, e che avrebbe consentito al suo regime di presentarsi agli occhi del mondo in maniera diversa.
Dopo aver ottenuto il benestare di Mobutu, King convinse Foreman e Ali a trasferirsi in Zaire per allenarsi sul posto, abituarsi al clima del paese e aumentare l’entusiasmo della popolazione locale. In quei mesi si fecero vedere pubblicamente in più occasioni, e l’abilità retorica di Ali, che non perdeva occasione per provocare Foreman nelle dichiarazioni pubbliche, aumentò l’attesa dell’evento.
Foreman e Ali erano in due momenti diversi delle rispettive carriere. Il primo veniva da una serie di 40 vittorie consecutive, ed era considerato il pugile più dominante in circolazione. Non si faceva notare per la tecnica e l’eleganza nei movimenti: il suo stile di combattimento era assimilabile a quello di un “picchiatore”, come vengono chiamati in gergo gli atleti che tendono a imporsi soprattutto grazie alla forza fisica.
Ali invece era già riconosciuto come una leggenda della boxe, e più generale era considerato lo sportivo più influente al mondo. Negli anni Sessanta era riuscito a cambiare il pugilato da tutti i punti di vista, rendendo popolare uno stile di combattimento fondato su una tecnica sopraffina, un footwork (gioco di gambe) impareggiabile e una strategia più attendista, basata sul concetto che evitare i colpi e far stancare l’avversario fosse più vantaggioso che partire all’attacco sin da subito. Il suo talento, per quanto enorme, era però paradossalmente l’elemento che contribuiva in misura minore alla sua fama.
Si era fatto conoscere in tutto il mondo per cose non strettamente legate alla boxe, come la scelta di convertirsi all’Islam (fino al 1964 si faceva chiamare con il suo nome di battesimo, Cassius Clay) e il suo marcato idealismo, che in quel decennio compromise parte della sua carriera. Nel 1967 aveva rifiutato la leva militare per via della sua opposizione alla guerra in Vietnam, e per questo era stato privato del titolo e condannato a cinque anni di carcere. Alla fine non ne scontò nessuno, ma gli fu revocata la licenza e non potè combattere fino al 1970.
Anche per questo motivo, Ali era considerato in una fase calante della sua carriera: dopo il ritorno in attività aveva perso due incontri per il titolo dei pesi massimi, prima contro Joe Frazier (1971) e poi contro Ken Norton (1973). Ali non godeva più della considerazione che aveva avuto negli anni Sessanta: le sconfitte contro Frazier e Norton lo avevano privato di quel senso di imbattibilità e avevano scalfito il mito del pugile “imboxabile”, e Foreman era considerato il favorito per la mole e per l’età (25 anni, 7 in meno di Ali).
Alla fine Ali ribaltò il pronostico mettendo in pratica una strategia che non aveva mai utilizzato prima, e che sarebbe passata alla storia come rope-a-dope: anziché attaccare Foreman, si appoggiò per gran parte dell’incontro alle corde del ring lasciandosi colpire dall’avversario, incitandolo e provocandolo. Ali resisteva ai colpi, che venivano in parte assorbiti dall’elasticità delle corde, e quando Foreman era esausto lo attaccava con una scarica di combinazioni sul volto.
Ali vinse per knock out – cioè mise al tappeto l’avversario – all’ottavo round, sorprendendo gli spettatori di tutto il mondo: fino a quel momento Foreman non aveva mai perso, e prima dell’incontro si riteneva che l’unica possibilità di Ali fosse vincere ai punti.
Il “Rumble in the jungle” è diventato l’incontro più famoso di sempre grazie alle molte storie che contenne. Fu il match con cui Ali riconquistò il titolo di campione indiscusso dei pesi massimi, e negli anni fu estesamente descritto come quello che segnò il predominio della tattica (di Ali) sulla forza bruta (di Foreman). L’anno dopo a Manila, la capitale delle Filippine, fu disputato un altro incontro che ebbe ampia risonanza: quello in cui Ali sconfisse Frazier per knock out, riscattando la clamorosa sconfitta del 1971. Anche quel match è ricordato con un nome promozionale: “Thrilla in Manila”.
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