Il videogioco più popolare tra i maschi, vent’anni fa

“GTA: San Andreas”, il quinto capitolo della celebre saga, è ancora oggi uno dei più amati: perché era facile procurarselo e ci si poteva combinare di tutto

(Rockstar Games)
(Rockstar Games)
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Tra il 26 e il 29 ottobre del 2004, vent’anni fa, fu distribuito in tutto il mondo GTA: San Andreas, il quinto capitolo di Grand Theft Auto, una delle serie di videogiochi più famose e di successo al mondo, e probabilmente il più celebre della saga. Fu il gioco più venduto di sempre per PlayStation 2 (la console per cui fu inizialmente distribuito) ed è tuttora ricordato con enorme nostalgia.

GTA: San Andreas ebbe una diffusione enorme anche in Italia, dovuta principalmente al fatto che per averlo bastava poco: ai tempi era infatti piuttosto comune che le PlayStation venissero modificate tramite un “modchip” (un dispositivo utilizzato per eludere le misure di sicurezza delle console), rendendo così compatibili anche le versioni masterizzate dei giochi originali, che venivano vendute a prezzi molto contenuti sul mercato nero. Procurarsi GTA: San Andreas era quindi facilissimo e alla portata di chiunque.

Come negli altri titoli della serie, il protagonista di GTA: San Andreas era un criminale (Carl Johnson, detto CJ), che poteva circolare a suo piacimento nella vasta regione in cui il gioco era ambientato: lo stato di San Andreas, che per caratteristiche estetiche ricordava in tutto e per tutto la California.

In teoria, per finire il gioco, bisognava completare tutta una serie di missioni che avevano a che fare con la criminalità, come consegnare cocaina, rapinare banche o uccidere persone su commissione. Completarle, però, non era indispensabile, e la stragrande maggioranza dei giocatori non passava ore su GTA: San Andreas allo scopo di finirlo.

Il principale motivo di interesse era un altro, ossia l’ampia libertà d’azione concessa al protagonista, che fondamentalmente poteva fare tutto ciò che voleva, soprattutto esagerare con la violenza. Quello di GTA: San Andreas, un po’ come accade negli altri capitoli della serie, era infatti un mondo libero in cui tutto era permesso, e questa particolarità finiva per sovrastare altri elementi del gioco, come la trama e lo sviluppo della storia: se una missione risultava troppo difficile da completare, pazienza, ci si poteva comunque divertire muovendosi liberamente sulla mappa, rubando auto o accanendosi casualmente sui passanti.

Nella maggior parte dei casi, come nella maggior parte dei giochi, per ottenere determinati oggetti o abilità bisognava superare determinati obiettivi di gioco. In GTA: San Andreas questo meccanismo poteva essere aggirato piuttosto facilmente con una famosa “lista dei trucchi”, che la maggior parte dei giocatori si procurava online.

In sostanza si trattava di combinazioni di tasti che, una volta digitate, consentivano di ottenere un vantaggio, dai soldi infiniti all’annullamento del proprio status di ricercato, che permetteva di non avere troppe auto della polizia alle calcagna. Altre erano invece legate alle armi e ai mezzi disponibili nel gioco, che includevano tra le altre cose un carro armato e un elicottero.

GTA: San Andreas uscì un periodo di grande fervore creativo della Rockstar Games, la società che ha sviluppato tutti i titoli della serie. Il videogioco che lo aveva preceduto, GTA: Vice City (2002), era stato un successo di vendite e aveva ricevuto delle recensioni entusiaste dalla critica, che lo aveva considerato un capolavoro per via della storia appassionante che raccontava, della sua estetica coloratissima e piena di richiami agli anni Ottanta e della curata caratterizzazione del protagonista, il gangster italoamericano Tommy Vercetti.

Eguagliare un gioco acclamato e popolare come GTA: Vice City non era un compito facile, ma il capo sviluppatore Leslie Benzies decise di provarci puntando su altri aspetti, a partire dall’ambientazione. L’ispirazione di GTA: Vice City era la Miami degli anni Ottanta, quella di GTA: San Andreas la Los Angeles degli anni Novanta, che nel gioco si chiama Los Santos (ma nell’immaginario stato di San Andreas c’erano anche altre due città: San Fierro, basata su San Francisco, e Las Venturas, ossia Las Vegas).

Il modo in cui Benzies e i suoi colleghi ricrearono Los Angeles è ricordata ancora oggi come una delle rappresentazioni della città più riuscite nella storia dei videogiochi. Oltre a riprodurre i luoghi che ci si aspetterebbe di vedere a Los Angeles, come per esempio Hollywood, fecero una certa attenzione a raccontare una storia che parlasse al presente, e che quindi tenesse conto del contesto sociale del periodo.

Diversi momenti del gioco erano dei riferimenti alla cronaca, e raccontavano le tensioni tra la comunità nera e quella ispanica che vivevano a Los Angeles in quegli anni. Questo sottotesto è presente anche nelle storie dei personaggi: CJ, il protagonista, è un uomo afroamericano, e all’inizio del gioco mostra una marcata antipatia per il ragazzo di sua sorella, Cesar Vialpando, membro della banda dei Varrios Los Aztecas. Nel corso della storia, Vialpando e CJ sviluppano un legame d’amicizia molto profondo: il critico di videogiochi di Rolling Stone Ade Adeniji ha definito il loro rapporto «la migliore bromance [fratellanza] della storia dei videogiochi».

GTA: San Andreas prestava una certa attenzione anche ai consumi culturali più in voga al tempo, e in particolare alla musica rap. Nel corso del gioco si potevano ascoltare canzoni di gruppi e musicisti rappresentativi del genere al punto che, secondo Adeniji, gli amanti dell’hip hop della costa occidentale «potrebbero fare riferimenti a GTA: San Andreas tutto il giorno».

Peraltro, i riferimenti a questa sottocultura erano presenti già a partire da alcune scelte di produzione: diversi doppiatori americani coinvolti nel gioco erano dei rapper, come Young Maylay (che dava la voce a CJ), Yolanda Whitaker e MC Eiht. Oltre alla cura della musica e dei dettagli estetici, GTA: San Andreas è ricordato anche per il gran numero di easter egg – sorprese – presenti nel gioco. Per esempio, all’interno di un’officina era esposto in bella vista un computer Kruton 9000, un riferimento al computer HAL 9000 presente nel film 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick.

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