Il primo forum nacque durante un’enorme tempesta

Lo crearono due informatici di Chicago nel 1978, ispirandosi alle bacheche di sughero e intravedendo il futuro

L'interfaccia di CBBS (Aeroid, Wikimedia Commons)
L'interfaccia di CBBS (Aeroid, Wikimedia Commons)
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Tra il 25 e il 27 gennaio 1978 la zona dei Grandi Laghi, nel nord degli Stati Uniti, fu colpita da una delle bufere di neve più intense della storia del paese. Bloccato nella sua casa nei sobborghi di Chicago, il programmatore Ward Christensen, dipendente della celebre azienda tecnologica IBM, decise di fare una telefonata a un amico, Randy Suess. I due si erano incontrati qualche anno prima al Chicago Area Computer Hobbyists’ Exchange (o CACHE), un club che permetteva ad amanti dei computer di scambiarsi trucchi e consigli e collaborare alla creazione di nuovi hardware e software.

Da tempo Christensen e Suess parlavano di un progetto che volevano realizzare: una sorta di “segreteria telefonica computerizzata” che permettesse ai membri del club di lasciare messaggi al resto del gruppo usando i loro modem, tecnologie all’epoca nuove che permettevano di trasferire dati binari da un computer all’altro, attraverso un mezzo di comunicazione analogico come la linea telefonica. Christensen, che è morto di recente a 78 anni, avrebbe poi raccontato che quella grossa bufera era stata l’occasione perfetta per dedicarsi allo sviluppo di quello che sarebbe stato riconosciuto come il primo bulletin board system (BBS) della storia. Lo chiamarono Computerized Bulletin Board System, o CBBS: “bacheca degli annunci computerizzata”, più o meno.

Caduti sostanzialmente in disuso dopo la diffusione di internet su larga scala, che permetteva una comunicazione tra computer simultanea e a distanze molto più lunghe, i BBS oggi sono considerati i principali precursori dei forum che si sarebbero poi diffusi nei primi anni di internet. Erano spazi digitali solitamente pubblici e gratuiti che permettevano agli utenti di discutere tra loro sui temi più svariati, caricare e scaricare file (molto lentamente), partecipare insieme a giochi perlopiù testuali. Creando, nel tempo, una sottocultura da centinaia di migliaia di membri, negli Stati Uniti ma non solo.

In Italia, per esempio, nel 1994 se ne contavano circa 600, per un totale stimato di 60mila utenti. Il sito di una delle più utilizzate, Peacelink, all’epoca descrisse i BBS come «strumenti di comunicazione “democratica”, nel senso che chiunque abbia un PC e un modem può accedervi e partecipare senza ostacoli a numerosi forum di dibattito, da questioni squisitamente tecniche ad argomenti più di carattere politico-sociale».

Prima del CBBS di Christensen e Suess c’erano già stati alcuni esperimenti un po’ più piccoli: nell’agosto del 1973 a Berkeley, in California, un gruppo di amici e attivisti appassionati di informatica aveva per esempio creato Community Memory, pensata come rete di condivisione d’informazioni e risorse delle associazioni della controcultura dell’area di San Francisco. All’epoca praticamente nessuno aveva un personal computer, e per scrivere sulla “bacheca” di Community Memory era necessario accedere fisicamente a grosse telescriventi (simili a macchine da scrivere, per capirci) connesse a un sistema che archiviava i messaggi e permetteva a tutti di scorrerli e leggerli.

Uno dei terminal di Community Memory (evan p. cordes, Wikimedia Commons)

Qualcuno lo utilizzò per pubblicare racconti e poesie o condividere opinioni su letteratura e politica, altri per proporre lo scambio o la vendita di oggetti: faceva, insomma, lo stesso lavoro delle bacheche di sughero che si trovano ogni tanto nelle biblioteche, nei centri sociali, nei patronati o in certi altri spazi di quartiere. Non proponeva altre funzionalità. Community Memory venne chiuso dopo meno di due anni, nel gennaio del 1975, per via dei costi eccessivi e delle difficoltà tecniche di far funzionare un sistema di quel tipo.

Il sistema ideato a Chicago nel 1978 ebbe molto più successo, anche perché a quel punto un numero maggiore di appassionati poteva avere accesso a un computer personale e a modem più avanzati. Christensen raccontò di aver esplicitamente modellato il software su cui si basava il suo CBBS sulla bacheca che vedeva in un negozio di alimentari della sua zona, dove la gente affiggeva liberamente volantini per pubblicizzare concerti o cercare babysitter. Lui e Suess cominciarono a lavorarci durante la tempesta di fine gennaio e ci misero circa due settimane per mettere a punto il sistema, ma decisero di aspettare qualche giorno, fino al 16 febbraio, per dirlo al resto del club, per non dare l’idea di aver fatto le cose di corsa. L’hardware che sosteneva il sistema fu piazzato nella cantina della casa di Suess, che viveva nel centro di Chicago, per permettere ai membri del club di usare il CBBS al costo di una chiamata urbana.

La notizia della creazione del CBBS venne pubblicata sul numero del novembre 1978 di Byte, una delle principali riviste di informatica statunitensi dell’epoca, e molti altri gruppi di appassionati decisero di provare a creare un sistema simile per la propria comunità. Nell’arco di qualche anno le comunicazioni diventarono molto più rapide (anche se comunque lente, per gli standard di oggi) e i BBS cominciarono ad assumere un’estetica riconoscibile, basata in larga parte sulla “ANSI art”, che permetteva di creare illustrazioni anche piuttosto complesse a partire da 256 lettere, numeri e simboli.

Molto spesso, a gestirle erano singole persone. Soltanto più tardi nacquero reti di BBS che durante la notte, quando le tariffe telefoniche erano più basse, si scambiavano tra loro tutti i messaggi scritti dagli utenti in modo che le persone avessero l’impressione di usare tutte un solo grande spazio digitale, talvolta anche internazionale. La prima rete di questo tipo si chiamava FidoNet ed esisteva anche in Italia: al suo apice arrivò a collegare decine di migliaia di nodi.

«Collegarsi a un BBS faceva lo stesso effetto di essere teletrasportati via con tutto il corpo. Era l’intimità della connessione diretta da computer a computer a renderlo possibile», ha raccontato nel 2016 sull’Atlantic il giornalista Benj Edwards, che negli anni Novanta gestiva un BBS chiamato “The Cave” dal computer di casa. «Chiamare un BBS era come visitare digitalmente la residenza privata di un altro appassionato di computer. Le persone che li gestivano spesso avevano convertito un PC, quasi sempre l’unico che avevano, in un parco giochi digitale soltanto per far divertire degli sconosciuti. E sebbene ogni BBS fosse fatto sostanzialmente di testo fitto che indicava menù, opzioni e istruzioni, nel mio cervello il tutto si traduceva in una passeggiata rilassante nel soggiorno accogliente di qualcuno, o un giretto in un parco».

Oggi ne esiste ancora qualcuno, soprattutto negli Stati Uniti: sono gestiti quasi sempre da appassionati nostalgici o determinati a preservare esempi di una tecnologia importante per la storia della cultura digitale.