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  • Martedì 22 ottobre 2024

In Italia si fanno sempre meno figli

Secondo i dati più recenti il calo riguarda soprattutto le coppie italiane ed è influenzato anche dal mercato del lavoro e dalla mancanza di parità di genere

(LaPresse - Deka Mohamed)
(LaPresse - Deka Mohamed)
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L’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ha pubblicato i dati più aggiornati sulla natalità in Italia: dicono che nel 2023 sono nati 379.890 bambini e bambine, il 3,4 per cento in meno rispetto all’anno precedente.

Si conferma così una tendenza che procede in maniera ininterrotta dal 2008, quando il tasso di natalità, cioè sul rapporto tra nuovi nati e popolazione, aveva raggiunto il numero più alto dagli anni Duemila, pari al 9,7 per mille con oltre 570mila nascite. Anche il dato del 2008, comunque, va contestualizzato in un calo del tasso di natalità che va avanti da decenni: nel dopoguerra era di circa il 20 per mille, ed è progressivamente diminuito fino ad arrivare al dato del 2023: il 6,4 per mille.

Il calo delle nascite riguarda in maniera piuttosto omogenea tutto il territorio italiano, ed è leggermente più accentuato nel centro e nel nord del paese.

Sempre secondo l’ISTAT, il numero di figli per donna (cioè il tasso di fecondità) è oggi all’1,20, sempre in calo (nel 2010 era 1,33, nel 2022 1,24) e al di sotto della cosiddetta “soglia di sostituzione” del 2,1, cioè il livello che garantisce il mantenimento della popolazione. La stima provvisoria per il 2024 conferma dati simili: nei primi sette mesi dell’anno il tasso di fecondità era dell’1,21. Sono dati che avvicinano il paese al minimo storico del 1995, quando il tasso di fecondità aveva raggiunto l’1,19.

Sono aumentate l’età media delle donne quando hanno il primo figlio (31,7 anni, dai 28 anni del 1995) e la percentuale di nascite fuori dal matrimonio. Nel 2023 sono state il 42,4 per cento, dal 41,5 dell’anno precedente. È un dato che secondo le rilevazioni ISTAT riguarda soprattutto le famiglie con genitori più giovani, a dimostrazione di quanto il matrimonio sia percepito sempre meno come una condizione necessaria per avere figli. Anche questa tendenza ha ovviamente alcune diversità regionali: è più accentuata al centro e al nord, con dati che arrivano al 50 per cento, e meno al sud, dove le percentuali scendono sotto il 30. La regione italiana in cui si fanno ancora più figli all’interno del matrimonio è la Sardegna, col 55 per cento.

Il calo delle nascite riguarda soprattutto le coppie di genitori entrambi italiani, che rappresentano oltre i tre quarti delle nascite italiane: i nati e le nate da genitori italiani sono stati 298.948 nel 2023, circa 12mila in meno rispetto al 2022 (-3,9 per cento) e circa 181mila in meno rispetto al 2008 (-37,7 per cento). Sebbene meno accentuato, comunque, sono calati anche i nati e le nate da coppie in cui almeno uno dei genitori è straniero (dell’1,5 per cento rispetto al 2022) e, soprattutto, quelli in cui entrambi i genitori sono stranieri (-3,1 per cento rispetto al 2022). La regione con la più alta incidenza di nati stranieri rispetto al totale è l’Emilia-Romagna (21,9 per cento).

Secondo i dati ISTAT la scelta di rimandare la nascita del primo ed eventualmente del secondo figlio è legata all’allungamento dei tempi di formazione e la difficoltà nel trovare un lavoro stabile, due condizioni che ritardano l’età in cui si esce dal nucleo familiare di origine e si è economicamente autonomi per poter costruire una propria famiglia.

Al calo delle nascite contribuiscono con tutta probabilità anche altre cause strutturali, come il fatto che il carico nella gestione dei figli è ancora fortemente sbilanciato sulle donne. Allo stato attuale, per molte donne è ancora estremamente difficile, se non impossibile, conciliare lavoro e vita familiare: in Italia, per esempio, quando una coppia ha un figlio o una figlia, la legge prevede un limite minimo del congedo di maternità di cinque mesi, e uno di paternità di appena dieci giorni. Il governo finora ha adottato alcune misure per cercare di risolvere questi problemi, ritenute però molto limitate e sporadiche – come sgravi fiscali, bonus dalla portata limitata e altri piccoli interventi – senza però cambiare le condizioni strutturali che sono alla radice della bassa natalità e anzi, in alcuni casi promuovendo tagli su soluzioni come gli asili nido.

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In Italia ci sono inoltre ancora forti limitazioni sui diritti riproduttivi, nonostante l’aumento dell’infertilità (che colpisce una persona su sei secondo l’Organizzazione mondiale della sanità e il 15 per cento delle coppie italiane secondo l’Istituto superiore di sanità) e l’evoluzione dei modelli familiari.

Ci sono migliaia di famiglie costituite da genitori dello stesso sesso, o persone singole che vorrebbero avere figli ma non possono farlo in Italia, con divieti che il governo continua a inasprire. Qui, infatti, le tecniche di fecondazione assistita (quelle che permettono di avere figli a chi non può averli in modo spontaneo) sono accessibili solo alle coppie eterosessuali conviventi o sposate, che come dimostrano i dati ISTAT non sono ormai più da anni l’unico modello di famiglia esistente in Italia.

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