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  • Lunedì 21 ottobre 2024

Da dove arriva e dove vuole arrivare “Cronache di spogliatoio”

Come una pagina che pubblicava virgolettati dei calciatori su Facebook e Instagram è diventata uno dei media sportivi più seguiti in Italia

di Gianluca Cedolin

Giuseppe Pastore, Fernando Siani e Riccardo Trevisani durante una puntata del video-podcast Fontana di Trevi (Cronache di spogliatoio)
Giuseppe Pastore, Fernando Siani e Riccardo Trevisani durante una puntata del video-podcast Fontana di Trevi (Cronache di spogliatoio)

Nel 2019 Cronache di spogliatoio faceva per lo più una cosa sola: condivideva su Facebook e su Instagram citazioni, dichiarazioni e racconti di calciatori, di allenatori o di altre persone del mondo del calcio, a volte anche qualche centinaio al giorno. Oggi continua a farlo, ma fa anche molte altre cose: due podcast quotidiani sul calcio, tre programmi serali in diretta in streaming, interviste e lunghi racconti in video; trasmette in diretta le partite di Coppa e Supercoppa spagnole; ha pubblicato un libro con Mondadori e un film documentario sul terzo Scudetto del Napoli. E ci lavorano giornalisti e opinionisti molto noti, come Riccardo Trevisani, Stefano Borghi, Marco Cattaneo, Giuseppe Pastore, Fabrizio Biasin, Fernando Siani e Federico Balzaretti (ex calciatore di Roma e Palermo).

Insomma, nel giro di poco tempo Cronache è diventato uno dei nuovi media più seguiti e influenti del racconto sportivo in Italia (anche se quasi esclusivamente calcistico), con un pubblico partecipe e fidelizzato soprattutto tra i giovani. Esiste solo sui social network (ha 1,5 milioni di follower su Instagram e quasi mezzo milione su YouTube) e lo scorso settembre i suoi contenuti sui social network hanno generato 65,6 milioni di interazioni, secondo la classifica del sito specializzato Prima Comunicazione, più di tutti gli altri media italiani.

I due proprietari e fondatori sono Giulio Incagli, che ha 29 anni, e Stefano Bagnasco, che per primo creò la pagina Facebook per raccontare storie del calcio di provincia. Incagli dice che già all’inizio si immaginava Cronache come una cosa simile a quella che è adesso, ma che prima bisognava costruire gradualmente le condizioni economiche e la credibilità per arrivarci. Racconta che già nel 2017 pensava a un palinsesto televisivo sui social network e che nel 2019, quando lui e Bagnasco hanno fondato la società, «ci siamo chiamati sin da subito broadcaster e testata giornalistica: abbiamo provato a essere le cose prima ancora di diventarle, per differenziarci dalle altre pagine social». Una cosa che ripete spesso Incagli è che «il fine è sempre stato il giornalismo» e che la sua idea era quella di «portare il giornalismo “tradizionale” sui social».

Per come la racconta Incagli, la storia di Cronache ha avuto un percorso simile ad altre storie di successo dell’imprenditoria digitale. All’incirca dieci anni fa, Incagli fece i suoi primi lavori giornalistici per testate, radio e tv locali a Firenze, ma si rese conto che quei lavori non avrebbero mai raggiunto il pubblico giovane, per il quale usava come punto di riferimento suo fratello minore: «Tra di noi c’era quasi una barriera architettonica: lui era qui [indica lo smartphone, ndr] e io non c’ero», dice.

Incagli decise quindi di lasciare momentaneamente il giornalismo e di andare a Milano a lavorare in un’agenzia di comunicazione, Hellodì, per «approfondire i social network, studiarli». Nel 2017, inviato da Radio 105 in Russia per seguire la Confederations Cup (un torneo di calcio per Nazionali che precedeva i Mondiali), avvenne un incontro che lui reputa decisivo, con tre ragazzi spagnoli che parlavano di sport su un canale YouTube.

«Avevano 500mila iscritti, uno sponsor, ospitavano alcuni dei migliori calciatori spagnoli e parlavano di calcio con una competenza giornalistica eccezionale. Sono andato a Madrid per una settimana a trovarli e la gente li fermava per strada: per me era inconcepibile». Sul volo di ritorno si appuntò su PowerPoint un’idea di palinsesto televisivo sui social e ne parlò a Bagnasco, che aveva conosciuto a Hellodì. Nel 2018 i due si licenziarono dai rispettivi lavori per avviare il loro progetto, e fondarono la società a maggio del 2019.

Giulio Incagli, 29 anni (Cronache di spogliatoio)

Poco dopo Incagli e Bagnasco riuscirono a vendere il 20 per cento della società per 36mila euro a 21 B.E., un’agenzia di marketing tra i cui proprietari ci sono anche l’ex portiere Emiliano Viviano e il calciatore Luca Cigarini: una valutazione decisamente alta per una pagina Facebook con un seguito tutto sommato modesto e all’epoca apparentemente non così diversa da tante altre pagine sul calcio. Incagli dice che fu un investimento basato sulla fiducia nel piano che lui e Bagnasco presentarono, che era appunto rendere Cronache un media sportivo a tutti gli effetti.

All’inizio i post con le immagini dei calciatori e i virgolettati erano il contenuto migliore che potessero proporre per farsi conoscere con i mezzi che avevano, e funzionò per diversi motivi, secondo Incagli: perché attribuivano sempre la fonte delle citazioni, perché erano tempestivi nel pubblicarle (ancora oggi spesso le parole di un calciatore escono prima su Cronache che sui social network del giornale o della tv a cui sono state dette) e perché il formato era molto efficace, si prestava alla condivisione e alle interazioni. All’estero le citazioni degli sportivi confezionate in questo modo erano già un formato molto usato sui social, nel 2014 per esempio venne creata The Players’ Tribune, una piattaforma basata sul racconto in prima persona degli sportivi.

Incagli e Bagnasco investirono tutti i 36mila euro nella sponsorizzazione dei loro contenuti, 100 euro al giorno per un anno che, uniti all’alto volume di contenuti, consentirono alla pagina di crescere molto su Facebook e soprattutto su Instagram. Usando una metafora, Incagli definisce l’account Instagram di Cronache di quel periodo come «un fast-food ma con controlli ASL quotidiani», cioè una pagina con contenuti pubblicati a un ritmo molto alto, ma nonostante questo curati e attendibili. Su Instagram, in questi anni, Cronache ha accumulato oltre 29mila post.

Un tipico post di Cronache di spogliatoio: citazione scritta in maiuscolo in giallo e in bianco, fonte riportata in basso a destra e foto del giocatore dietro (Instagram Cronache di spogliatoio)

I post con i virgolettati tipici di Cronache negli anni sono stati molto imitati da altre pagine sul calcio e sono anche un format criticato da chi crede che le frasi decontestualizzate si prestino a letture equivoche, o comunque che siano poco utili a fare analisi di qualità sullo sport e incentivino anzi una lettura semplicistica di alcune questioni. Questo genere di perplessità emerge per esempio nel fatto che siano nate nel frattempo alcune pagine che fanno la parodia di questo format, mettendo in evidenza come per la necessità di sintesi e gli spazi limitati si finisca a volte per proporre concetti banali o superficiali.

Nel frattempo comunque quelli di Cronache cominciarono a fare anche cose nuove, come il video uscito nel 2019 in cui veniva raccontata la giornata tipo di un calciatore, l’attaccante Leonardo Pavoletti, che stava recuperando da un infortunio al legamento crociato del ginocchio. I contatti di Viviano e Cigarini furono fondamentali in quel periodo per avere accesso ad altri calciatori. Erano contenuti fatti con uno stile più a contatto con il pubblico, adattato ai social network.

Cronache si sosteneva per quanto possibile con la pubblicità, in particolare con il product placement e il branded content, cioè l’inserimento di prodotti commerciali nei loro contenuti e la creazione di post e video sponsorizzati da aziende: ancora oggi circa l’85 per cento dei guadagni di Cronache (che non ha un sistema di abbonamenti) arriva dalla pubblicità, dice Incagli. Il pubblico e i follower continuarono a crescere, e così anche i contenuti.

Ma il primo passaggio fondamentale per far diventare Cronache un vero mezzo di informazione sportivo fu nella primavera 2023, quando GEDI, il gruppo editoriale che pubblica tra gli altri La Stampa e Repubblica, comprò il 10 per cento della società di Incagli e Bagnasco. I soldi furono investiti per assumere un giornalista-produttore con grande esperienza televisiva, Emanuele Corazzi, e altri collaboratori come Trevisani e Borghi, che erano già noti e con lunghe esperienze in televisione, e che arrivarono grazie alla mediazione di Corazzi.

Si crearono quindi le basi per un palinsesto strutturato e per acquistare i primi diritti per la trasmissione di alcune partite di calcio in diretta. Nell’estate del 2023 ci fu la prima, l’amichevole tra Paris Saint-Germain e la squadra giapponese Cerezo Osaka, mentre per la stagione 2023-2024 Cronache trasmise gratuitamente su YouTube le partite di Coppa del Re (l’equivalente spagnolo della Coppa Italia) e Supercoppa spagnola, tra cui quella tra Barcellona e Real Madrid. All’inizio di quest’anno a GEDI, che continua a investire in Cronache, si è aggiunto anche un fondo svizzero.

Nel 2023 l’azienda ha fatturato circa 2,1 milioni di euro, meno rispetto agli altri mezzi di informazione sportivi, anche perché nonostante il grande seguito delle pagine sui social network, i ricavi della pubblicità online sono largamente inferiori rispetto a quelli della tv. «Dovremmo arrivare a 10 milioni nei prossimi anni per essere sostenibili sul lungo periodo», dice Incagli.

Rispetto ad altri media sportivi italiani come Ultimo Uomo o Rivista Undici, che si concentrano quasi solo su approfondimenti di qualità e che hanno l’obiettivo generare un dibattito culturale “alto”, Cronache di spogliatoio si rivolge a un pubblico più ampio e vario: soprattutto ad appassionati di calcio, tendenzialmente maschi e tra i 18 e i 34 anni. Questi seguono con assiduità le dirette serali, lunghe anche oltre due ore, commentando e partecipando su YouTube e Twitch. Per il momento Cronache di spogliatoio si occupa solo di calcio, anzi di calcio maschile, e giornalisti e opinionisti che partecipano a podcast e dirette sono tutti uomini, così come i due soci e gli altri principali azionisti; in redazione invece lavorano tre donne. Incagli dice che stanno cominciando a lavorare per migliorare la rappresentanza di genere e che lo ha chiesto anche il fondo svizzero, ma che la questione riguarda più in generale chi parla e scrive di calcio oggi in Italia (cioè uomini, in grandissima parte).

Il programma di maggior successo è Fontana di Trevi, un podcast video che esce in diretta il lunedì sera su YouTube e dal giorno dopo si può ascoltare o guardare anche sulle varie piattaforme audio come Spotify. I protagonisti sono quattro giornalisti: Fernando Siani, Giuseppe Pastore e Riccardo Trevisani (dal cui cognome deriva il nome del podcast) e poi c’è Samuele Ragusa, che fa la regia del podcast e a volte partecipa alle discussioni.

Una puntata dura circa due ore, Siani agisce un po’ da conduttore, mentre Pastore e Trevisani sono i due opinionisti. Il tono è un po’ quello della chiacchiera da bar, fatta con più competenza da persone che sono dentro a quel mondo. «È stato inaspettato il seguito quando abbiamo iniziato», racconta Siani. «Perché la nostra era una prova per vedere se ci potessimo inserire in una fascia di mercato scoperta, quella delle live e dei podcast serali».

Siani ha 37 anni e ha lavorato per anni come giornalista sportivo in televisione. Tuttora fa l’inviato per Prime Video durante le partite di Champions League, e per Cronache di spogliatoio fa anche un podcast quotidiano sul calcio, Lo stellato. «Fontana di Trevi non è una trasmissione televisiva, è più informale, ci lasciamo andare: la gente mi dice che ha l’impressione di potersi sedere con noi lì al tavolo». In generale secondo Siani «è molto apprezzato il tono con cui vengono affrontati gli argomenti».

Fernando Siani, 37 anni (Cronache di spogliatoio)

Alla fine della puntata Trevisani e Pastore si affrontano in un quiz con varie domande sul calcio, che possono riguardare i numeri di maglia, chi ha segnato in una certa partita, le date di nascita dei giocatori e altre cose riguardanti l’attualità calcistica; nella seconda parte del quiz devono invece indovinare il nome di un calciatore partendo dalla sua carriera, cioè dalla lista delle squadre in cui ha giocato nelle varie stagioni. Dopo il quiz, c’è un ultimo segmento in cui Pastore, giornalista che ha scritto diversi libri e ha una conoscenza enciclopedica del calcio diventata ormai riconosciuta, prova a indovinare tutte le partite e i marcatori di una giornata di campionato (riuscendoci quasi sempre, con una precisione eccezionale).

Fontana di Trevi in particolare, ma anche gli altri live podcast di Cronache, Elastici e L’ascia raddoppia (a Cronache piacciono molto i giochi di parole), funzionano anche e soprattutto perché i frammenti delle trasmissioni sono “spacchettabili” e diventano facilmente virali sui social. I video di Pastore che si ricorda nomi di calciatori quasi sconosciuti che giocavano in Serie A trent’anni fa circolano molto e sono stati la prima cosa che ha allargato il pubblico del podcast (oggi ogni puntata di Fontana di Trevi su YouTube supera le 100mila visualizzazioni). «La seconda parte del programma è stata la vetrina di questo podcast, la gente ha cominciato a conoscerci grazie agli spezzoni del quiz e delle giornate, poi però chi è venuto a vederci è rimasto anche e soprattutto per quello che c’è prima», dice Siani.

«I nostri giornalisti hanno cominciato a pensare da reel [i video brevi diffusi soprattutto su Instagram e TikTok, ndr]. Quando parla, Trevisani guarda in camera e sa già che deve dire una cosa con determinati tempi e modi», dice Incagli. Questo approccio a volte genera opinioni molto polarizzanti e tranchant.

In particolare a Trevisani, che per anni ha lavorato a Sky e oggi lavora anche a Mediaset, piace molto provocare, dare giudizi netti e diventare lui stesso protagonista nelle discussioni su determinati allenatori, giocatori e stili di gioco. Per esempio ha opinioni molto critiche sul calcio difensivo e poco propositivo di alcuni allenatori, come Massimiliano Allegri e José Mourinho. «Noi vogliamo che quando un giornalista è a Cronache sia diverso da quando è da un’altra parte», dice Incagli.

Un recente intervento di Riccardo Trevisani sull’attaccante della Juventus Dusan Vlahovic

Il palinsesto giornaliero di Cronache di spogliatoio comincia con Rasoiate di Giuseppe Pastore, che esce dal lunedì al venerdì la mattina presto ed è stato il primo podcast quotidiano sul calcio in Italia. Secondo Incagli, Pastore «rappresenta alla perfezione quello che è Cronache», perché a suo dire aggiunge alle abilità mnemoniche una competenza e una capacità di scrivere e parlare fuori dal comune. Prima Pastore lavorava a Sky e il fondatore di Cronache non si capacita di come non ne abbiano riconosciuto il talento, «o peggio ancora lo abbiano riconosciuto e non l’abbiano valorizzato».

Per Cronache cura anche dei racconti in video lunghi circa 20 minuti su episodi e personaggi storici del calcio (uno di questi, legato all’ex allenatore del Torino Emiliano Mondonico, fu citato da uno dei manager del fondo svizzero nella prima telefonata che fece a Incagli).

«Oggi Cronache è un pacchetto completo», dice Incagli, non nascondendo che ora l’obiettivo sia fare concorrenza a DAZN, Sky e alle altre emittenti per i diritti televisivi. «Adesso siamo coinvolti nei tavoli in cui si prendono queste decisioni, siamo percepiti come credibili: ci hanno proposto la FA Cup [la coppa inglese] e la Ligue 1 [il campionato francese], alla fine abbiamo deciso di comprare solo coppa e supercoppa di Spagna, per il momento».

Per quanto Cronache abbia una redazione strutturata e alcuni esperti giornalisti sportivi, essere il titolare dei diritti della Serie A in Italia è oneroso e complicato a livello tecnico, editoriale e organizzativo, come in questi anni ha dimostrato il caso di DAZN. I diritti costano tantissimo: per trasmettere la Serie A DAZN e Sky pagano circa 900 milioni di euro all’anno, in base a un accordo valido fino al 2029, una cifra che al momento non sembra essere alla portata di Cronache.

Per tentare di arrivarci in fretta, secondo Incagli, sarà fondamentale ampliare la demografia del pubblico, perché per potersi permettere diritti televisivi di Serie A, coppe europee o dei Mondiali è fondamentale la pubblicità, che per il momento investe altrove: «Cronache oggi è l’equivalente della Gazzetta e Sky per chi ha meno di 25 anni, ma è anonima, o quasi, nel target over 40. Questo è un vantaggio competitivo gigante per i prossimi 10, 15 anni, ma un vero problema oggi, perché i grossi budget pubblicitari sono in mano proprio a quel target che non riusciamo a raggiungere». Per aumentare il pubblico, Incagli dice di voler puntare anche sugli eventi live: la scorsa primavera per la prima volta una puntata di Fontana di Trevi è stata registrata a teatro, e a breve sarà annunciata una nuova data.

Sui diritti, comunque, per il momento l’idea di Cronache sembra quella di concentrarsi su cose economicamente più piccole come le coppe e i campionati stranieri, per poi inserirsi gradualmente nei grandi tornei, comprando per esempio solo alcune partite di qualche competizione internazionale. In ogni caso Incagli lascia intendere che un’eventuale grossa acquisizione dovrebbe coinvolgere altri soggetti come il fondo di investimento, ma non solo.

La redazione (Cronache di spogliatoio)

Oltre al mercato dei diritti televisivi, al quale Incagli dice di voler partecipare con sempre maggior impegno, in futuro Cronache potrebbe dedicarsi anche a sport diversi dal calcio. Per il momento, infatti, tra gli altri sport si occupa solamente di basket in Cronache di basket, una specie di spin-off di Cronache di spogliatoio che su Instagram ha oltre 230mila iscritti. Incagli ne parla come di un successo quasi matematico: «Possiamo creare diverse nicchie con lo stesso metodo, il metodo Cronache: io so quante persone, quante ore e quali competenze servono per creare un altro mezzo e farlo crescere immediatamente».