Il nuovo primo ministro giapponese ha idee che non piacciono agli Stati Uniti
Pur senza respingere la storica alleanza tra i due paesi, ha proposto la formazione di una “NATO asiatica”, che ridurrebbe la centralità americana nella regione
di Guido Alberto Casanova
Il 1° ottobre in Giappone si è insediato un nuovo governo guidato da Shigeru Ishiba, un politico conservatore del Partito Liberal Democratico che dal 1955 governa quasi ininterrottamente il paese. Ishiba, noto per le sue conoscenze approfondite in tema di sicurezza ma anche per essere un personaggio piuttosto anticonvenzionale, è stato nominato primo ministro dopo una breve campagna interna al partito durante la quale si era distinto soprattutto per una proposta: quella di costruire una versione asiatica della NATO.
In Asia orientale non esiste un trattato di difesa collettiva come quello della NATO che lega Europa e Nord America, secondo il quale un attacco a uno qualsiasi dei suoi membri è ritenuto un attacco contro tutti i membri. I paesi asiatici fanno invece affidamento su trattati bilaterali, che fanno principalmente capo agli Stati Uniti. Per esempio: Giappone, Corea del Sud, Filippine e Australia sono tutti, ciascuno per sé, alleati statunitensi, ma non sono alleati tra di loro. Di fatto, in caso di attacco a uno qualsiasi di questi paesi, nessuno degli altri sarebbe tenuto a intervenire in sua difesa eccetto gli Stati Uniti, su cui dunque incombe gran parte della responsabilità di mantenere la stabilità nella regione.
Per questo motivo istituire un meccanismo di sicurezza collettiva tra gli stati dell’Asia orientale, verosimilmente concepito per contrastare l’assertività della Cina, potrebbe sembrare un’idea sensata se vista dall’esterno. Eppure la proposta di Ishiba non è stata apprezzata da quasi nessun paese della regione: alcuni l’hanno già rifiutata, e soprattutto gli Stati Uniti si sono mostrati molto scettici.
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Parte della proposta di Ishiba ha come obiettivo quello di ridurre la dipendenza del Giappone – e, di riflesso, degli altri paesi della regione – dagli Stati Uniti, in un momento in cui la volontà statunitense di proteggere gli alleati asiatici potrebbe perdere di solidità, soprattutto se Donald Trump dovesse vincere le presidenziali di novembre.
Gli Stati Uniti sono l’alleato più stretto del Giappone e di solito i rapporti con l’amministrazione statunitense in carica sono in cima alle priorità della politica estera di ogni primo ministro giapponese. Grazie alle numerose basi militari collocate nel paese, gli Stati Uniti sono la prima garanzia per la sicurezza del Giappone e di conseguenza il legame politico tra i due paesi è sempre stato molto forte fin dal dopoguerra. Ishiba oltretutto è già stato ministro della Difesa in passato e ciò gli ha permesso di conoscere in prima persona le dinamiche dell’alleanza tra i due paesi.
Per il Giappone, così come per altri paesi della regione, le crescenti capacità militari della Cina e il loro utilizzo sempre più disinvolto rappresentano un problema cruciale per la propria sicurezza. La Cina rivendica come proprie un gruppo di isole disabitate amministrate dal Giappone, chiamate Diaoyu dai cinesi e Senkaku dai giapponesi. La Cina le ritiene occupate illegalmente, e negli ultimi anni ha aumentato la pressione con manovre navali nelle acque circostanti. Due mesi fa, inoltre, un aereo spia proveniente dalla Cina sembra aver intenzionalmente invaso lo spazio aereo del Giappone meridionale, in quello che secondo alcuni osservatori è stato un segnale di intimidazione.
Davanti a questa situazione, Ishiba ha sostenuto la necessità che i paesi della regione creino un nuovo sistema di alleanze militari, a cui gli Stati Uniti potrebbero partecipare ma che non sia del tutto dipendente dalla potenza nordamericana.
Eppure per molti paesi della regione un’eventuale NATO asiatica sarebbe comunque poco desiderabile. Nonostante le ostilità in atto, molti governi asiatici e in particolare quelli del Sudest asiatico percepiscono la proposta di Ishiba come uno schieramento di campo troppo netto. L’ipotetica creazione di una NATO asiatica metterebbe tutti i paesi della regione davanti alla scelta implicita tra Stati Uniti e Cina, una scelta che quasi nessuno vuole fare. La Cina, per quanto intimidatoria nei confronti di alcuni paesi, è comunque la più grande economia dell’Asia e il principale partner commerciale per buona parte dei paesi della regione. Neppure l’India, rivale asiatico della Cina nonché potenza economica emergente, ha espresso apprezzamento per la proposta di un’ipotetica NATO asiatica, vista come un “blocco” che imporrebbe costrizioni eccessivamente stringenti alla propria autonomia in politica estera.
È proprio questo genere di reazioni che ha spinto gli Stati Uniti ad accogliere con freddezza l’idea avanzata da Ishiba. Daniel Kritenbrink, diplomatico del dipartimento di Stato delegato agli affari asiatici, ha detto che non è ancora il momento di parlare di sicurezza collettiva nella regione. Un altro funzionario dell’amministrazione di Biden ha detto al quotidiano giapponese Nikkei Asia che la priorità è quella di continuare a rafforzare i rapporti informali tra i partner asiatici e costruire pian piano una predisposizione alla cooperazione, senza dunque impegni prematuri.
Anche per questo, da quando è entrato in carica Ishiba ha ridimensionato la propria proposta, e l’ha presentata come una “visione futura” non immediatamente realizzabile. Durante la prima visita all’estero in occasione del vertice tra i paesi dell’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN) il primo ministro giapponese ha esplicitamente detto che non avrebbe toccato il tema con gli altri capi di governo. Anche i suoi ministri degli Esteri e della Difesa, i due membri del governo che più dovrebbero essere coinvolti in questa visione, hanno riportato di non aver ricevuto alcuna istruzione sulla costruzione di una NATO asiatica dopo l’insediamento.
La decisione di mettere in secondo piano l’idea di una NATO asiatica potrebbe anche essere dettata dall’opportunismo. Per quanto faccia politica da decenni, Ishiba non è mai stato primo ministro e non è stato parte di nessun governo dal 2016: potrebbe dunque aver deciso di non toccare pubblicamente la questione all’inizio del proprio mandato per evitare di creare tensioni con l’alleato statunitense mentre questo sta ancora prendendo confidenza col nuovo primo ministro. Tuttavia Ishiba continua a sostenere apertamente che il rapporto con gli Stati Uniti è troppo sbilanciato da una parte.
Oltre alla formazione di una NATO asiatica, negli ultimi mesi Ishiba ha anche proposto la revisione dell’accordo che regola la permanenza delle truppe statunitensi in Giappone: attualmente ci sono più di 50 mila soldati statunitensi in Giappone, e 15 basi militari. L’accordo è ritenuto diseguale da molti giapponesi poiché concede importanti privilegi ai militari statunitensi di stanza nel paese come ad esempio la protezione da ripercussioni legali per reati gravi commessi in Giappone. Si tratta di una proposta che con ogni probabilità incontrerebbe l’opposizione degli Stati Uniti ma che Ishiba ha ribadito anche in un articolo pubblicato pochi giorni prima della sua elezione sul sito di un think tank statunitense.
La proposta della NATO asiatica, per ora accantonata, potrebbe quindi ritornare più avanti nel dibattito politico giapponese. Nei giorni scorsi, su indicazione del primo ministro, il suo Partito Liberal Democratico ha cominciato una discussione interna sulla creazione di un organismo per la sicurezza collettiva in Asia. Per il momento l’obiettivo è solo quello di creare un consenso interno al partito sulla proposta di Ishiba, ancora poco elaborata al momento della nomina a primo ministro, ma non è escluso che nei prossimi anni eventuali sviluppi nella regione possano accelerare questa discussione anche all’interno di altri paesi.