È uscita la seconda stagione della serie di pseudoarcheologia di Netflix

“L'antica apocalisse” è scritta e condotta dal discusso giornalista Graham Hancock, e malgrado le molte attenzioni si basa su tesi screditate da tempo

Uno screenshot del trailer della seconda stagione della serie (Netflix via YouTube)
Uno screenshot del trailer della seconda stagione della serie (Netflix via YouTube)
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Da mercoledì su Netflix è disponibile la seconda stagione della serie-documentario L’antica apocalisse, condotta dal discusso giornalista scozzese Graham Hancock e tutta incentrata sullo sviluppo di teorie complottiste e fantascientifiche per spiegare pezzi di storia su cui ancora oggi si sa poco o nulla. La prima stagione era uscita nel 2022 e nonostante fosse stata stroncata piuttosto nettamente dagli archeologi e dai critici televisivi di mezzo mondo aveva avuto un buon successo di pubblico.

Esattamente come nella prima stagione, anche nella seconda L’antica apocalisse si basa interamente su una teoria secondo cui un’antica misteriosa popolazione avrebbe tramandato diverse conoscenze tecnologiche ad alcune delle principali civiltà antiche, per poi scomparire a causa di un disastro naturale tra i 12.800 e gli 11.600 anni fa. È una teoria che non ha nessuna prova e che peraltro sminuisce il contribuito alla civiltà umana che avrebbero portato culture non occidentali, dato che secondo Hancock avrebbero imparato i rudimenti dell’architettura e dell’arte da esseri viventi alieni.

Nella prima stagione Hancock visitava diversi siti archeologici in cerca delle presunte prove di questa teoria: nella seconda stagione fa lo stesso, concentrandosi però sulle Americhe e visitando tra gli altri siti archeologici negli Stati Uniti, in Brasile e in Perù, a volte in compagnia del noto attore Keanu Reeves.

Ancora prima che uscisse, la seconda stagione era stata nuovamente stroncata da diversi archeologi, che conoscono molto bene le tesi di Hancock perché negli anni le ha esposte in vari libri e conferenze. In una lunga serie di post su X per esempio l’archeologo John W. Hoopes dell’università del Texas ha elencato i testi da cui Hancock ha preso spunto per le sue tesi: sono libri spesso pseudoscientifici e spesso pubblicati nell’Ottocento, quando la ricerca archeologica era condotta perlopiù da ricchi occidentali in cerca di un passatempo.

In realtà basta avere qualche rudimento di storia antica per notare come nelle ricostruzioni di Hancock ci siano molte imprecisioni, omissioni e falle logiche. Per queste ragioni già nel novembre del 2022 la Società degli archeologi statunitensi accusò Netflix e Hancock di diffondere teorie pseudoscientifiche e di screditare l’archeologia come scienza, invitando Netflix a inserirla nella categoria «fantascienza» dei suoi contenuti.

La popolarità di L’antica apocalisse ha riaperto un dibattito su come il fascino per le civiltà antiche e per l’archeologia possa essere sfruttato in maniera piuttosto superficiale per dare credito a teorie strampalate e complottiste. Dopo l’uscita della prima stagione, alcuni leader di popolazioni indigene hanno criticato duramente il modo in cui Hancock aveva raccontato la loro storia, e la produzione aveva avuto diversi problemi a ottenere i permessi per girare una seconda stagione. Le stesse critiche erano state mosse da diversi studiosi, dato che la teoria di Hancock ignora decenni di ricerche consolidate. Hancock si è sempre difeso dalle accuse sostenendo che gli archeologi siano una categoria impermeabile agli stimoli che provengono dall’esterno.

La tesi cardine di Hancock è spiegata nel suo libro più famoso, Impronte degli dei, uscito nel 1995 e tradotto in italiano da TEA Libri. Al suo interno Hancock evidenzia più volte come una persona dall’aspetto caucasico, con occhi azzurri e pelle chiara, fosse stata scambiata per un dio dagli inca, ipotizzando così che lo sviluppo degli esseri umani sia legato a una singola cultura proto-occidentale, anziché a migliaia di culture diverse. È la stessa idea alla base di L’antica apocalisse.

Secondo Andrea Ferrero, coordinatore nazionale del CICAP, la nota associazione italiana che si occupa di promuovere il pensiero critico e scientifico, alla base di teorie simili «c’è l’incapacità di ammettere che popolazioni diverse da quella europea possano aver realizzato opere altrettanto imponenti, come i tumuli del Nordamerica o le piramidi d’Egitto».

Per tutte queste ragioni Hancock piace parecchio all’estrema destra occidentale, e non da oggi: è stato ospite più volte del podcast di Joe Rogan, uno dei più famosi conduttori radiofonici statunitensi, noto per le sue posizioni radicali e complottiste, ma anche di Fox News. Le sue teorie vengono spesso riprese dai tabloid britannici.

– Leggi anche: I problemi dell’archeologia misteriosa

Anche in occasione dell’uscita della prima stagione qualcuno aveva notato che il figlio di Graham Hancock, Sean Hancock, è un importante dirigente di Netflix che lavora nella divisione che si occupa di prodotti originali.