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  • Sabato 5 ottobre 2024

I gruppi conservatori statunitensi contestano migliaia di iscrizioni alle liste elettorali

Per favorire Donald Trump: in alcuni stati in bilico gli uffici elettorali sono oberati dai ricorsi, che in molti casi si basano su dati incorretti o insufficienti

Gli adesivi con scritto "Ho votato" che vengono regalati agli elettori statunitensi al seggio dopo che hanno espresso il loro voto (AP Photo/Richard Vogel)
Gli adesivi con scritto "Ho votato" che vengono regalati agli elettori statunitensi al seggio dopo che hanno espresso il loro voto (AP Photo/Richard Vogel)

In vista delle elezioni presidenziali statunitensi del prossimo 5 novembre, da mesi i dipendenti degli uffici elettorali di alcuni stati in bilico stanno gestendo decine di migliaia di ricorsi presentati per richiedere l’esclusione dalle liste elettorali di persone che si sono iscritte per votare ma che, a loro dire, non ne avrebbero il diritto.

Queste richieste vengono presentate da associazioni o da singoli individui che sostengono la teoria cospirazionista, più volte smentita, secondo cui nel 2020 il Democratico Joe Biden diventò presidente grazie a estesi brogli elettorali avvenuti anche grazie alla presenza nelle liste di moltissime persone che non avevano in realtà il diritto di voto. Da allora, questi gruppi hanno iniziato a contestare più iscrizioni possibili, creando però molti problemi a chi se ne deve occupare e in alcuni casi portando a esclusioni illegittime, spesso di persone che fanno parte delle minoranze.

Nel 2020 la vittoria di Joe Biden fu fortemente contestata dal suo avversario Repubblicano Donald Trump, che provò in tutti i modi a invalidarla: tra le altre cose lui e il suo team presentarono vari ricorsi, tutti respinti, per ribaltare il risultato, accusando il Partito Democratico di essere dietro a presunti brogli elettorali (mai dimostrati). Alcuni suoi sostenitori cercarono anche di impedire la certificazione del voto da parte del Congresso, con l’assalto del 6 gennaio 2021.

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Nonostante non sia sostenuta da alcuna prova, la teoria secondo cui Trump avrebbe vinto le elezioni del 2020 è tutt’oggi molto radicata tra i sostenitori più estremisti della destra statunitense, e ancora oggi Trump la cita in diversi comizi.

Alla sua circolazione ha molto contribuito il “documentario” del 2022 chiamato 2000 Mules, in cui si sostiene che il Partito Democratico abbia assoldato dei corrieri (mules in inglese) per inviare per posta migliaia di voti falsificati, utilizzando le identità di persone che non avrebbero potuto votare (perché, per esempio, morte o in prigione) ma che per qualche motivo comparivano ancora sulle liste elettorali.

Il documentario, la cui veridicità è stata ampiamente contestata, fu prodotto da True the Vote, un’associazione che più volte ha diffuso informazioni false riguardo a frodi elettorali e che dal 2020 cerca di contestare quante più iscrizioni possibili nelle liste, anche con l’aiuto di esponenti del Partito Repubblicano. In vista delle elezioni di novembre questi sforzi si stanno concentrando negli stati in bilico, in particolare in Georgia, dove nel 2020 Joe Biden vinse contro Donald Trump per meno di 12mila voti.

A differenza dell’Italia, negli Stati Uniti per votare è necessario registrarsi nelle liste elettorali dello stato in cui si vive. In molti stati queste iscrizioni possono essere contestate da chiunque, tramite l’invio di una richiesta di controllo all’ufficio elettorale di competenza. Prima del 2020 questa pratica era piuttosto rara e per legge ogni persona poteva presentare un numero limitato di ricorsi all’anno: in Georgia per esempio erano dieci e venivano presentati principalmente da persone che comunicavano che un loro parente si era trasferito in un altro stato e che quindi la sua registrazione non era più valida.

Nel 2020 però il congresso a guida Repubblicana della Georgia approvò una legge che eliminava questo limite, permettendo a chiunque di contestare un numero potenzialmente infinito di registrazioni: già al ballottaggio di gennaio del 2021 per i seggi del Senato della Georgia, l’associazione True the Vote contestò più di 360mila iscrizioni alle liste e da allora ha continuato a farlo anche grazie all’aiuto di organizzazioni locali che si sono formate in questi anni, come i Georgia Nerds, in Georgia, e il Pigpen Project, in Nevada, un altro degli stati considerati in bilico.

Per rendere più veloce il processo di controllo, True the Vote ha creato un’app chiamata IV3 che permette di comparare due tipi di liste pubbliche e trovare discrepanze, ossia le liste elettorali e le liste dello United States Postal Service (USPS), l’agenzia pubblica responsabile del servizio postale. Secondo l’organizzazione, se l’indirizzo nel database dell’USPS è diverso da quello della lista elettorale, l’iscrizione è illegittima. In questo modo un sostenitore di Trump di Pittsburgh, in Pennsylvania (un altro stato in bilico), ha contestato da solo più di 25mila iscrizioni.

Secondo la rivista di tecnologia Wired però l’app può portare a molti falsi positivi, poiché in alcuni casi l’algoritmo fa confusione fra gli indirizzi passati e quelli presenti. Inoltre dimostrare che una persona non abiti più in un posto perché ha cambiato il proprio indirizzo sul database dell’USPS non significa automaticamente che quella persona abbia traslocato, ma è possibile che si sia dovuta spostare per lavoro o per motivi personali per qualche mese, con l’intenzione di tornare a vivere dov’era prima. Non è quindi un criterio di per sé affidabile.

Altri attivisti utilizzano metodi più artigianali: a Detroit, in Michigan (un altro stato in bilico), alcuni attivisti sono andati a controllare nei quartieri con molti elettori registrati come Democratici che le persone registrate con un certo indirizzo abitassero effettivamente lì. Altri si sono concentrati su specifiche categorie che dal punto di vista legislativo rientrano in zone grigie, come  gli studenti fuori sede, i lavoratori stagionali e le persone senza fissa dimora oppure quelle che viaggiano molto spesso.

In questo modo per esempio l’attivista Helen Strahl, di Georgia Nerds, ha contestato da sola decine di migliaia di iscrizioni, incluse le registrazioni al voto di circa 700 studenti della Savannah State University, un’università storicamente frequentata da persone nere, che si erano registrati per votare con l’indirizzo del loro campus universitario e non con quello della loro residenza (in questo caso il controllo è stato rimandato a dopo le elezioni, perché la legge proibisce interventi così massicci sulle liste elettorali a meno di 90 giorni dal voto).

Queste discrepanze spesso non bastano per eliminare qualcuno da una lista elettorale, ma portano comunque all’apertura di procedure che tolgono tempo e risorse agli uffici elettorali. Gli uffici tra l’altro già periodicamente fanno dei controlli per eliminare dalle liste le persone che non dovrebbero esserci, per esempio perché sono morte oppure perché stanno scontando una pena in prigione. Sabrina German, direttrice dell’ufficio della contea di Chatham (Georgia) che si occupa delle liste elettorali, ha detto al New York Times di aver dovuto dedicare metà del suo staff all’analisi dei fascicoli di Strahl, con un generale rallentamento del lavoro in preparazione alle elezioni presidenziali di novembre.

Come ha spiegato German, la stragrande maggioranza delle contestazioni riguarda casi che il suo ufficio avrebbe comunque eliminato, e quindi hanno soltanto aggiunto ulteriore lavoro. In altri casi, se i ricorsi riguardano una discrepanza sull’indirizzo di residenza o piccoli errori nella compilazione, l’ufficio è tenuto a contattare la persona in questione, chiedendole documenti aggiuntivi per regolarizzare la sua situazione. Se la persona non risponde o non si accorge in tempo della richiesta, i funzionari sono obbligati a eliminarla dalle liste elettorali.

La scadenza per iscriversi alle liste varia di stato in stato, ma in vari casi è fissata 15 o anche 30 giorni prima del voto: per esempio in Georgia l’ultimo giorno per iscriversi per votare alle elezioni di questo novembre è il 7 ottobre.

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