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  • Mercoledì 18 settembre 2024

Israele ha una lunga storia di attacchi non convenzionali

Bombe piazzate nei telefoni, virus informatici, mitragliatrici comandate a chilometri di distanza: l'attacco con i cercapersone di Hezbollah ha molti precedenti

Il video di una telecamera di sorveglianza mostra l'esplosione di un cercapersone
Il video di una telecamera di sorveglianza mostra l'esplosione di un cercapersone (Balkis Press/ABACAPRESS.COM)
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Le operazioni con cui si ritiene che Israele abbia fatto esplodere martedì migliaia di cercapersone appartenenti a membri del gruppo radicale libanese Hezbollah, e mercoledì dei walkie-talkie sempre appartenenti al gruppo, sono senza precedenti per ambizione e per l’eccezionale numero di persone colpite. Al tempo stesso si inseriscono in una lunga storia di operazioni a distanza con esplosivi nascosti, azioni tecnologicamente avanzate e uccisioni mirate con cui Israele ha da sempre colpito i propri nemici, e che hanno contribuito a rendere il Mossad, l’intelligence esterna israeliana, una delle agenzie di spionaggio più temute del mondo.

Una delle operazioni più note messe in atto dal Mossad avvenne nel 1972 a Parigi contro Mahmoud Hamshari, il rappresentante dell’OLP (l’allora Organizzazione per la liberazione della Palestina, guidata da Yasser Arafat). Agenti dell’intelligence israeliana piazzarono un esplosivo nella base di marmo del telefono fisso di casa sua, e quando Hamshari alzò la cornetta per fare una telefonata lo attivarono a distanza. Hamshari fu ferito gravemente, e morì in ospedale il giorno dopo: fu uno dei leader dell’OLP uccisi dopo l’attacco palestinese contro gli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco di quell’anno.

Un altro caso, forse più noto, è quello di Yahya Ayyash, un famoso miliziano di Hamas soprannominato “l’ingegnere” per la sua bravura nel fabbricare bombe. Nel 1996 Ayyash si trovava nella Striscia di Gaza quando lo Shin Bet (l’intelligence interna israeliana) convinse con promesse e minacce un suo conoscente a consegnargli un telefono cellulare Motorola. Al conoscente era stato detto che dentro al telefono c’era una ricetrasmittente con cui lo Shin Bet avrebbe tenuto sotto controllo le comunicazioni di Ayyash. Invece nel telefono c’era una potente carica esplosiva: appena gli agenti israeliani ebbero conferma che Ayyash era al telefono (con suo padre), fecero partire l’esplosione, uccidendolo.

Uno dei cercapersone di Hezbollah esplosi

Uno dei cercapersone di Hezbollah esplosi (Balkis Press/ABACAPRESS.COM)

Più in generale, soprattutto tra gli anni Settanta e Ottanta, l’intelligence israeliana face un notevole utilizzo di pacchi esplosivi. Era un periodo in cui la leadership dell’OLP si trovava in clandestinità ed era sparsa in vari paesi del mondo, ed era relativamente frequente che leader e miliziani ricevessero nelle loro abitazioni lettere e pacchi con esplosivi all’interno, pensati per attivarsi all’apertura. A volte l’intelligence israeliana nascondeva esplosivi in oggetti innocui come libri; altre volte piazzava esplosivi in elettrodomestici casalinghi come radio e televisori, che si attivavano all’accensione. Un altro strumento molto utilizzato sono sempre state le autobombe, come quella che uccise nel 2008 Imad Mughniyeh, uno dei più importanti comandanti di Hezbollah.

Questo tipo di tattiche era usato anche dai miliziani palestinesi, che hanno messo in atto negli anni numerosi attacchi esplosivi contro israeliani.

Anche la recentissima uccisione a Teheran di Ismail Haniyeh, capo politico di Hamas, potrebbe ricadere nella categoria delle operazioni di questo tipo: secondo alcune ricostruzioni (smentite però dall’Iran) Israele aveva piazzato una bomba nella camera di hotel di Haniyeh con mesi di anticipo, e poi l’aveva fatta esplodere quando aveva avuto conferma che il leader palestinese vi si trovava dentro.

Oltre agli esplosivi, l’intelligence israeliana ha utilizzato numerosi altri metodi inusuali per mettere in atto uccisioni e operazioni comandate a distanza.

Uno dei casi più noti ed eccezionali è stato quello di Mohsen Fakhrizadeh, uno dei più importanti scienziati nucleari iraniani, che Israele e gli Stati Uniti consideravano la mente dietro ai piani dell’Iran di sviluppare un’arma nucleare. Fakhrizadeh fu ucciso nel 2020 in Iran da una mitragliatrice comandata da più di 1.600 chilometri di distanza. La mitragliatrice, montata su un pick-up, era stata fatta entrare in Iran da alcuni collaboratori, e piazzata al bordo di una strada in cui si sapeva che Fakhrizadeh sarebbe passato. Quando l’auto di Fakhrizadeh si è avvicinata la mitragliatrice, comandata a distanza per via satellitare e aiutata da un software che migliorava la precisione dei colpi, ha cominciato a sparare, uccidendolo.

L'automobile di Mohsen Fakhrizadeh colpita dai proiettili della mitragliatrice

L’automobile di Mohsen Fakhrizadeh colpita dai proiettili della mitragliatrice (Fars News Agency via AP)

Un altro attacco celebre contro il programma nucleare iraniano è quello di Stuxnet, un virus informatico che nel 2011 si diffuse nei sistemi digitali iraniani fino a raggiungere i computer che governavano le centrifughe nucleari del sito di ricerca di Natanz (le centrifughe sono macchinari necessari per l’arricchimento dell’uranio). A quel punto il virus attaccò i sistemi, facendo girare fuori controllo le centrifughe nucleari fino a renderle del tutto inutilizzabili. Ancora oggi quello di Stuxnet è considerato uno degli attacchi informatici più efficaci della storia.