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  • Mercoledì 4 settembre 2024

Il naufragio di una barca di migranti al largo di Lampedusa

21 persone risultano disperse, e 7 sono sopravvissute: le ricerche sono ancora in corso

Un'operazione di soccorso in acque italiane nel 2022 (ANSA/Valeria Ferraro/SOPA Images via ZUMA Press Wire)
Un'operazione di soccorso in acque italiane nel 2022 (ANSA/Valeria Ferraro/SOPA Images via ZUMA Press Wire)
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Mercoledì pomeriggio al largo delle coste di Lampedusa la Guardia costiera italiana ha soccorso 7 persone migranti, tutte di nazionalità siriana, che si trovavano sopra a una barca ribaltata e alla deriva. I superstiti hanno detto che sull’imbarcazione viaggiavano 28 persone migranti: gli altri 21 passeggeri, sudanesi e siriani, risultano dispersi. Fra loro ci sarebbero anche tre bambini.

I superstiti, che hanno passato giorni aggrappati alla barca capovolta, hanno anche detto che erano partiti domenica primo settembre da Sabratha, in Libia. Secondo quanto riferito dal Corriere della Sera avrebbero anche detto che l’imbarcazione si è capovolta dopo un giorno di navigazione quando ancora si trovava in acque libiche a causa del maltempo. I sette, dopo aver ricevuto delle cure mediche, sono stati per ora trasferiti nell’hotspot di Contrada Imbriacola, un centro di prima accoglienza. Le ricerche dei dispersi sono ancora in corso.

A Repubblica Emma Conti, operatrice del programma migranti della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, ha detto che «non si parla più di arrivi se non per dire che sono diminuiti, ma non si dice né si pensa a quale sia il prezzo. In assenza di canali legali e sicuri, le persone continuano e continueranno a partire in condizioni sempre più difficili».

Nel frattempo, il 4 settembre, dopo che aveva raggiunto Civitavecchia portando in salvo 289 persone, la nave Sea Watch 5 è stata bloccata dalle autorità italiane e per venti giorni dovrà rimanere ferma in porto. L’accusa è quella di aver soccorso quelle 289 persone senza aver prima ricevuto il permesso da parte delle autorità libiche, quando però, ha fatto sapere l’organizzazione, «il diritto internazionale non prevede di dover ricevere un’autorizzazione per poter soccorrere chi si trova in pericolo in mare».

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