La nuova crisi in Libia, spiegata
È in corso un duro scontro tra il governo di Tripoli e la banca centrale sui proventi del petrolio, e ne stanno approfittando il generale Khalifa Haftar e i suoi alleati
In Libia una serie di grosse crisi concatenate sta provocando nuova instabilità e aumentando il rischio di nuove violenze, dopo il cessate il fuoco che nel 2020 mise fine alla guerra civile. Da allora a oggi non ci sono più state violenze su larga scala, ma la Libia è ancora divisa in due, con due governi in competizione tra loro, e la pace ha retto soltanto grazie a un precario accordo che ha consentito alle varie fazioni di spartirsi le ricchezze petrolifere libiche. Ora queste fazioni sono tornate a scontrarsi, e il fragile e corrotto sistema politico libico è sul punto di crollare.
Le crisi riguardano soprattutto la banca centrale libica, una delle poche istituzioni che, gestendo e spartendo i flussi di denaro dall’estero e soprattutto i proventi della vendita di petrolio, era riuscita ad andare d’accordo con tutti. Ma poi il governo di Tripoli (quello formalmente sostenuto dalla comunità internazionale) e il presidente della banca, Sadik al Kabir, hanno iniziato a scontrarsi, rompendo gli equilibri precedenti. A questo si sono aggiunti nuovi movimenti militari da parte del generale Khalifa Haftar, che governa la parte est della Libia, e che è tornato a muovere le truppe verso ovest, violando gli accordi del cessate il fuoco del 2020.
A Tripoli il primo ministro è Abdulhamid Dbeibah, che governa grazie all’aiuto di un consiglio presidenziale di tre membri che svolge le funzioni di capo di stato, in assenza di un presidente eletto. Il governo di Dbeibah era stato nominato nel 2021 con il sostegno dell’ONU e avrebbe dovuto essere un esecutivo di transizione con il compito di portare la Libia a libere e democratiche elezioni. In realtà Dbeibah e il consiglio presidenziale avevano rimandato le elezioni previste per la fine del 2021, e da allora sono rimasti al potere indefinitamente: benché nessuno di loro sia stato eletto non si parla più di votazioni in Libia.
Anche la parte est della Libia, quella con sede a Bengasi, ha un suo primo ministro, Osama Hammad, che in teoria rivendica la propria autorità su tutto il paese. In realtà, la parte est della Libia è dominata dal generale Haftar, o meglio dai suoi figli Saddam e Belgacem, che stanno gradualmente sostituendo l’anziano Khalifa, che ha ormai 80 anni.
La divisione della Libia è comunque molto più complicata di così: nel paese ci sono due parlamenti, varie personalità che si contendono tra loro il ruolo di presidente, e numerose milizie armate che esercitano un’enorme influenza sul paese e sulla sua politica. Ciascuno dei due governi, poi, subisce influenze dall’estero: semplificando molto, quello di Tripoli soprattutto dalla Turchia e dall’Egitto; quello di Bengasi dalla Russia.
Dal 2020 a oggi la situazione è rimasta più o meno stabile soprattutto grazie alla spartizione tra le fazioni dei proventi del petrolio, dopo un accordo tra est e ovest in cui si era stabilito che tutti i proventi del petrolio sarebbero passati per la banca centrale, che ha sede a Tripoli. In questo modo il presidente della banca, Sadik al Kabir, era diventato il gestore di fatto di tutte le ricchezze pubbliche del paese, e inizialmente aveva collaborato in maniera stretta con il governo di Dbeibah per gestire lo stato e tenere insieme gli equilibri della spartizione.
Già a partire dall’estate del 2023, tuttavia, tra Dbeibah e Kabir i rapporti sono cominciati a peggiorare. Nella politica libica circolano varie teorie sulle ragioni: alcuni sostengono che Kabir si fosse stancato delle spese eccessive, del nepotismo e della corruzione del governo di Dbeibah. Altri ritengono che Kabir temesse di essere sostituito, e che Dbeibah volesse monopolizzare la gestione del denaro pubblico.
Nel novembre del 2023, mentre si trovava in Turchia, Kabir fu coinvolto in un incidente stradale, e molti pensarono a un attentato. Nello stesso periodo ricominciò a bloccare i trasferimenti di denaro verso l’amministrazione di Dbeibah: dapprima gradualmente, sostenendo che i fondi a disposizione si fossero esauriti, e poi in maniera sempre più decisa.
Negli ultimi mesi Kabir ha di fatto rotto la propria alleanza con Dbeibah e si è avvicinato sempre di più al governo della Libia orientale, e soprattutto alla famiglia Haftar. Questo ha avuto conseguenze anche economiche: dall’inizio del 2024 l’amministrazione di Dbeibah soffre di una grave mancanza di fondi, mentre al contrario enormi quantità di denaro hanno cominciato a fluire verso Bengasi, e in particolare verso le aziende dei figli di Haftar.
Questo perché, secondo molti osservatori, Kabir e la banca centrale avrebbero cominciato a spostare a favore degli Haftar il grosso dei proventi del petrolio della Libia. La banca centrale ha smentito.
L’afflusso di denaro ha dato notevole influenza economica e diplomatica agli Haftar, che hanno avviato a Bengasi importanti lavori di rimodernamento della città, e sono riusciti a presentarsi come il nuovo centro di potere libico. Anche le autorità occidentali stanno cominciando a riconoscere il potere dei figli di Haftar: nel giugno di quest’anno, per la prima volta, l’ambasciatore francese e un gruppo di imprenditori hanno fatto visita a Belgacem, figlio di Khalifa, proponendo grandi progetti di collaborazione e sviluppo economico (la Francia è comunque sempre stata vicina a Haftar, e questo negli anni passati era stato anche un tema di grossi litigi con i governi italiani).
Negli ultimi giorni lo scontro tra il governo di Dbeibah e la banca centrale di Kabir, che era latente da oltre un anno, è diventato evidente. Domenica la banca centrale ha annunciato la sospensione di tutte le operazioni – paralizzando l’intero sistema bancario libico – dopo che un suo funzionario era stato rapito, non si sa da chi. Il funzionario è stato poi rilasciato, ma lunedì il consiglio presidenziale libico, l’organo che sostiene il governo di Dbeibah, ha emesso un decreto per deporre Kabir. Il presidente della banca l’ha tuttavia ignorato, sostenendo che lui ormai risponde non più alle autorità di Tripoli, ma al parlamento dell’est, quello controllato dagli Haftar.
Non è chiaro cosa avverrà ora. Da settimane varie milizie che rispondono a diversi interessi si sono appostate fuori dalla banca centrale, e c’è il rischio che inizino disordini, o che Dbeibah tenti di impossessarsi dell’istituzione con la forza.
Questo scontro sulla banca centrale – che è uno scontro sulla gestione delle ricchezze pubbliche libiche – sta avvenendo mentre sono in corso altre crisi in Libia, tutte collegate tra loro.
All’inizio di agosto l’esercito di Haftar – comandato da Saddam Haftar, figlio di Khalifa che è da poco stato nominato capo di stato maggiore delle forze di terra – ha occupato un importante giacimento di petrolio. Le truppe di Haftar, inoltre, hanno cominciato a muoversi sempre più verso ovest, violando il cessate il fuoco del 2020. Alcuni analisti ritengono che gli Haftar, ora che hanno il sostegno della banca centrale, vogliano tentare di nuovo di conquistare Tripoli, dopo aver fallito nel 2019-2020, e che per farlo si stiano riarmando: di recente per esempio le autorità italiane hanno sequestrato un grosso carico di droni da combattimento cinesi che stavano per essere spediti a Bengasi.
Almeno per ora tuttavia la possibilità di una nuova guerra civile è remota, soprattutto perché nella parte occidentale della Libia si trova ancora un ampio contingente di truppe della Turchia, che contribuì a sconfiggere Haftar nel 2020 e che costituisce un grosso deterrente nei confronti di nuovi attacchi.