Si è conclusa la vendita della Marelli di Crevalcore

Lo stabilimento in provincia di Bologna è stato infine ceduto all'azienda Tecnomeccanica, che ha promesso di assumere la maggior parte dei dipendenti

(Michele Nucci/LaPresse)
(Michele Nucci/LaPresse)
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Giovedì il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha annunciato che si è conclusa formalmente la vendita dello stabilimento dell’azienda Marelli di Crevalcore, in provincia di Bologna, che produce componenti per auto. L’azienda, in crisi da tempo, è stata rilevata dalla piemontese Tecnomeccanica, che si è impegnata ad assumere la maggior parte dei lavoratori. A differenza di altre crisi occupazionali italiane che durano da anni, in questo caso la soluzione è stata trovata nel giro di pochi mesi.

Lo stabilimento è confluito in una nuova società, che si chiama Tecnomeccanica Crevalcore, a cui partecipa anche Invitalia, l’azienda pubblica per gli investimenti e le riqualificazioni controllata dal ministero dell’Economia: investirà circa 7 milioni e ha ottenuto il 45 per cento delle quote. Il piano industriale del nuovo acquirente prevede il rilancio dello stabilimento con 22 milioni di euro di investimenti per mandare avanti le produzioni. L’azienda ha anche assicurato che nei prossimi anni amplierà i settori di attività, entrando per esempio in quelli delle luci o delle batterie elettriche.

La crisi della Marelli era iniziata a fine settembre dello scorso anno, quando l’azienda aveva annunciato l’intenzione di chiudere la fabbrica. Dall’annuncio della chiusura e dei conseguenti licenziamenti sia la Regione Emilia-Romagna che il ministero delle Imprese e del Made in Italy hanno organizzato incontri per favorire la vendita dello stabilimento di Crevalcore ed evitare licenziamenti. Tecnomeccanica ha garantito l’assunzione di 152 dipendenti, su circa 220 totali, entro la fine del 2024: gli altri saranno riassorbiti in altri stabilimenti, oppure riceveranno prepensionamenti e incentivi alle dimissioni.

Fino a pochi anni fa la Marelli si chiamava Magneti Marelli. Fu fondata nel 1919 con un accordo tra l’azienda elettromeccanica Ercole Marelli e la Fiat. Magneti Marelli da sempre fornisce alla Fiat componenti come ammortizzatori e batterie, ma nel 1967 quest’ultima prese il controllo totale dell’azienda, portò i suoi prodotti all’estero e aprì stabilimenti in tutti i continenti. Nel 2017 l’azienda aveva un fatturato di 8,2 miliardi di euro e nei suoi stabilimenti lavoravano 43mila persone, di cui poco più di 10mila in Italia.

Un passaggio molto importante che in parte spiega la crisi attuale avvenne nel 2018. Poco prima della fusione tra Fiat Chrysler (FCA) e il gruppo francese PSA, la Magneti Marelli fu venduta al gruppo giapponese CK Holdings per 5,8 miliardi di euro e da quel momento si chiamò solo Marelli. CK Holdings è a sua volta controllato dal fondo americano KKR, che detiene partecipazioni in molte industrie italiane ed è anche coinvolto nella vendita della rete di Tim.

Negli accordi legati alla cessione il gruppo FCA e la famiglia Agnelli, che lo controllava, assicurarono che i nuovi proprietari avrebbero mantenuto gli stabilimenti e i posti di lavoro in Italia. KKR però ha scaricato su Marelli i debiti miliardari contratti per acquisirla e così facendo ha fortemente limitato gli investimenti, soprattutto quelli relativi alla transizione verso i motori elettrici. Prima della cessione dello stabilimento di Crevalcore, Marelli aveva in Italia 11 stabilimenti produttivi e circa 7.200 lavoratori.

Lo scorso settembre Marelli ha annunciato la chiusura dello stabilimento di Crevalcore, definendola inevitabile a causa del calo di affari dovuto alla transizione energetica dai motori a combustione a quelli elettrici. Dal 2017 al 2023, hanno detto i dirigenti dell’azienda, la Marelli ha avuto un calo del fatturato del 30 per cento.