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  • Martedì 30 luglio 2024

Quanto è forte l’opposizione in Venezuela

Abbastanza per sostenere le proteste contro i brogli elettorali di Maduro, per ora non sufficiente per rovesciare il regime: era già successo tutto qualche anno fa

Un manifestante calpesta un manifesto elettorale di Nicolás Maduro il 29 luglio 2024
Un manifestante calpesta un manifesto elettorale di Nicolás Maduro il 29 luglio 2024 (AP Photo/Fernando Vergara)
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In Venezuela i partiti e gli esponenti dell’opposizione si stanno preparando a quello che potrebbe essere un duro scontro con il regime di Nicolás Maduro, il presidente del paese che alle elezioni di domenica, il 28 luglio, ha ottenuto un terzo mandato tramite un voto fortemente contestato, e che con ogni probabilità è stato oggetto di brogli elettorali.

Sia Maduro sia il candidato dell’opposizione, Edmundo González Urrutia, hanno annunciato di aver vinto le elezioni, e a partire da lunedì sera migliaia di persone ha iniziato a manifestare per denunciare i brogli elettorali del regime e sostenere la candidatura di González. Ci sono stati scontri intensi, in cui tra le altre cose i manifestanti hanno abbattuto una statua di Hugo Chávez, il fondatore dell’attuale regime socialista venezuelano. Esercito e polizia hanno risposto con la violenza: hanno ucciso almeno due manifestanti e Maduro ha già detto che «questa volta non ci sarà nessun tipo di debolezza» nei confronti dei suoi avversari.

Maduro ha parlato di «questa volta» perché già alle scorse elezioni presidenziali, nel 2018, avvenne una situazione simile a quella attuale.

La coalizione di Maduro, profondamente impopolare, era data perdente dai sondaggi, ma vinse ugualmente le elezioni a seguito di grossi brogli. La popolazione protestò, ci furono scontri e molti morti. Pochi mesi dopo, emerse tra gli esponenti dell’opposizione un nuovo leader, Juan Guaidó, che si nominò a capo di un governo democratico alternativo al regime di Maduro, con il sostegno della maggioranza del parlamento, dominato dall’opposizione. Il governo parallelo di Guaidó fu riconosciuto da parte della comunità internazionale (l’Unione Europea per esempio cominciò a fare riferimento a lui come al presidente legittimo del paese) e per un momento sembrò che sarebbe riuscito a rovesciare il regime. Maduro riuscì però a rimanere saldo al potere.

Lo fece in due modi: reprimendo con la violenza le proteste, in cui le forze di sicurezza del regime uccisero decine di persone, e poi logorando lentamente l’opposizione, approfittando delle sue divisioni interne. Maduro usò i tribunali da lui controllati per togliere l’immunità a Guaidó, per privarlo del suo seggio da parlamentare, per attaccare tutti i suoi alleati. Dopo un paio d’anni di logoramento, era diventato chiaro che Guaidó non sarebbe riuscito a rovesciare Maduro.

A un certo punto anche l’Unione Europea smise di riferirsi a lui come “presidente”, e nell’aprile del 2023 Guaidó fu costretto a lasciare il paese: oggi vive a Miami con la sua famiglia.

Manifestanti contro il regime di Maduro il 29 luglio 2024

Manifestanti contro il regime di Maduro il 29 luglio 2024 (AP Photo/Jacinto Oliveros)

Il fallimento del tentativo di Guaidó di rovesciare il regime fece capire all’opposizione che la strada del confronto diretto era impraticabile. A quel punto, i leader dei principali partiti d’opposizione tentarono la strada istituzionale. Nell’ottobre del 2023, grazie anche all’intervento degli Stati Uniti, l’opposizione raggiunse un accordo con il regime di Maduro per organizzare elezioni libere il 28 luglio dell’anno successivo (cioè le presidenziali appena trascorse).

Il problema è che si è ripetuta la situazione del 2018: Maduro non ha rispettato gli accordi, tra le altre cose ha impedito di candidarsi a María Corina Machado, la popolarissima leader dell’opposizione (che ha scelto al suo posto Edmundo González) e con ogni probabilità ha usato i brogli per vincere.

Ancora una volta, l’opposizione si trova in una situazione simile a quella del 2018, ma con alcuni maggiori punti di forza. Anzitutto, María Corina Machado è una leader apparentemente più forte di Juan Guaidó, che emerse come capo dell’opposizione soltanto dopo le elezioni e da una posizione di minor forza (Guaidó, molto giovane, fu scelto come leader dell’opposizione soprattutto perché gli storici leader democratici venezuelani erano in prigione).

Attualmente la coalizione dell’opposizione, che si chiama Piattaforma unitaria democratica (PUD) ed è composta da 11 partiti che vanno dal centrosinistra al centrodestra, ha bisogno di una leadership forte per rimanere unita, e Machado è carismatica e genuinamente popolare.

María Corina Machado

María Corina Machado (AP Photo/Matias Delacroix)

In secondo luogo, Maduro è ancora più impopolare di quanto già non fosse nel 2018. Tutti i sondaggi mostrano che la maggioranza dei venezuelani e delle venezuelane vorrebbe la fine del suo governo, che ha portato in questi anni a un terrificante crollo economico e sociale.

Nonostante questo, Maduro sembra ancora in controllo degli apparati dello stato e soprattutto dell’esercito e delle forze di sicurezza, e non è chiaro cosa potrebbe fare l’opposizione per ottenere un cambio di regime, soprattutto perché nel 2018-2019 non funzionarono né le proteste di piazza né le manovre parlamentari: Maduro sfruttò il controllo dei tribunali, dei mezzi di comunicazione e delle forze di sicurezza per rimanere al potere, e ha fatto capire di essere pronto a farlo anche «questa volta».

Per questo negli scorsi giorni alcuni esperti hanno scritto che, davanti a un governo autoritario così chiuso e capace di mobilitare tutte le forze dello stato pur di rimanere al potere, è necessario che Maduro perda l’appoggio di almeno parte del suo regime. Molti guardano per esempio alle forze armate, il cui ruolo in Venezuela è da sempre giudicato importante: i militari contribuirono all’ascesa al potere di Hugo Chávez (un ex ufficiale) e potrebbero risultare determinanti se dovessero giudicare Maduro troppo debole e impopolare per continuare a governare, e finissero per togliergli il loro sostegno.

Anche per questo María Corina Machado subito dopo le elezioni ha fatto un appello esplicito alle forze armate, dicendo che «il dovere delle forze armate è far rispettare la sovranità popolare espressa dal voto».