Perché mordiamo le medaglie

Alle Olimpiadi ma anche in altre competizioni sportive: ci sono una ragione storica e un motivo pratico, ma ormai si fa soprattutto per tradizione e abitudine

Tre atleti di snowboard, Ross Powers, J.J. Thomas e Danny Kass, nel 2002 (AP Photo/Dusan Vranic)
Tre atleti di snowboard, Ross Powers, J.J. Thomas e Danny Kass, nel 2002 (AP Photo/Dusan Vranic)
Caricamento player

Nel luglio del 2021 l’account ufficiale dei Giochi olimpici di Tokyo 2020 pubblicò un post sui social in cui confermava «ufficialmente» che le medaglie olimpiche non erano commestibili, e aggiungeva scherzosamente: «non sono da mordere, ma sappiamo che lo farete lo stesso». Video e foto di atlete e atleti olimpici che mordono la loro medaglia durante la premiazione sono da sempre un classico alle Olimpiadi e le immagini più riprese e memorabili. È un gesto che oggi si fa più che altro per tradizione e abitudine, ma che ha un suo perché.

– Leggi anche: Il liveblog del Post su Parigi 2024

Gli esperti di storia delle Olimpiadi non sanno con precisione da chi partì la moda di mordere le medaglie. Una delle ipotesi che vengono citate più spesso però è che questa tradizione sia in qualche modo legata al fatto che in antichità i mercanti e i minatori mordevano le monete d’oro per verificare che fossero vere. L’oro puro è più malleabile di altri metalli, perciò mordendo un oggetto fatto d’oro i denti lasciano una piccola impronta, prova della sua autenticità. Se una moneta è fatta con altri metalli invece è più dura e non rimane nessuna impronta.

Le medaglie d’oro che vincono gli atleti alle Olimpiadi però sono state d’oro puro per pochissimi anni ed è da più di un secolo che non lo sono più. Le medaglie furono introdotte infatti con le prime Olimpiadi moderne, quelle di Atene nel 1896, ma quella d’oro non c’era ancora: chi arrivava al primo posto veniva premiato con una medaglia d’argento, un ramo d’ulivo e un diploma, mentre per il secondo oltre al diploma erano previste una medaglia di bronzo e un ramo d’alloro.

Fu dai Giochi del 1904 a Saint Louis, negli Stati Uniti, che comparve per la prima volta la medaglia d’oro: su un lato aveva un atleta e sull’altro la dea della vittoria Nike, e con un diametro di 3,9 centimetri era più piccola di quelle che vengono assegnate oggi. Le ultime medaglie fatte tutte d’oro tuttavia furono quelle delle Olimpiadi di Stoccolma del 1912: con la Prima guerra mondiale infatti questo metallo cominciò a scarseggiare e nelle edizioni successive dei Giochi si cominciarono a fabbricare medaglie fatte di leghe che ne contenevano solo una piccola percentuale.

Di fatto le medaglie d’oro olimpiche assegnate oggi sono medaglie d’argento placcate con circa 6 grammi d’oro; quelle d’argento sono tutte in argento, mentre quelle in bronzo sono fatte di una lega di zinco, stagno e rame. Variano a ogni edizione e a volte contengono anche frammenti di altri materiali, come quelle di Parigi 2024, che hanno incastonato al centro un pezzo esagonale prodotto con il ferro della Tour Eiffel, il monumento più famoso della città.

– Ascolta anche: Tienimi Parigi: il podcast del Post sulle Olimpiadi, con Matteo Bordone

Da quando le medaglie contengono una quantità minima d’oro non ha chiaramente più alcun senso fare la “prova del morso” per capire se siano vere o meno. La tradizione è rimasta soprattutto per un altro motivo: le foto.

Nel 2012 il presidente della Società internazionale degli storici olimpici, David Wallechinsky, raccontò a CNN che le foto con atlete e atleti che mordono le medaglie erano «diventate un’ossessione tra i fotografi». Più di recente sempre Wallechinsky ha sostenuto che atlete e atleti mordano le medaglie proprio per soddisfare i media e perché appunto glielo chiedono i fotografi, che in questo modo possono scattare primi piani efficaci in cui ci siano sia le facce che le medaglie ben visibili.

Quella di mordere le medaglie comunque non è una pratica limitata alle Olimpiadi. Il celebre tennista spagnolo Rafael Nadal per esempio morde sempre le coppe dei tornei più prestigiosi che vince, come è successo agli US Open nel 2019 o agli Internazionali d’Italia nel 2021. Secondo Frank Farley, professore di psicologia ed ex presidente della American Psychological Association: «Se vuoi sentirti parte dello spirito di chi arriva primo, della cultura della vittoria, allora ne fai parte anche attraverso quel gesto». «Rende le tue medaglie tue», dice Farley: «È un collegamento emotivo con i tuoi risultati».

– Leggi anche: Pagare chi vince le medaglie alle Olimpiadi, oppure no?