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  • Lunedì 29 luglio 2024

La Turchia potrebbe sostenere militarmente i palestinesi contro Israele, ha detto Erdoğan

«Proprio come siamo entrati in Karabakh, proprio come siamo entrati in Libia, potremmo fare lo stesso qui», ha detto il presidente turco, parlando di un'ipotesi che però ad oggi sembra poco concreta

Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan a Cipro, il 20 luglio 2024 (AP Photo/Petros Karadjias)
Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan a Cipro, il 20 luglio 2024 (AP Photo/Petros Karadjias)

Domenica il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha parlato di un eventuale maggior coinvolgimento della Turchia a favore dei palestinesi nello scontro con Israele, minacciando un intervento militare contro Israele stesso (al momento questa è un’ipotesi assai improbabile). Erdoğan si è riferito a due guerre passate in cui la Turchia aveva aiutato militarmente i suoi alleati: la guerra civile in Libia e l’ultima guerra in Nagorno Karabakh, un territorio conteso da decenni fra Armenia e Azerbaijan che nominalmente appartiene al governo azero.

Nel suo discorso, Erdoğan ha criticato l’intervento dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza, iniziato in seguito al violento attacco di Hamas in Israele del 7 ottobre, e ha detto: «Dobbiamo essere molto forti affinché Israele non possa fare queste cose alla Palestina. Proprio come siamo entrati in Karabakh, proprio come siamo entrati in Libia, potremmo fare lo stesso qui. Non c’è nulla che non possiamo fare». Il discorso è stato pronunciato nel contesto di una riunione del suo partito, l’AKP, nella sua città, Rize.

Nel 2020, la Turchia intervenne in maniera significativa nella guerra civile in Libia in sostegno del primo ministro libico Fayez al Serraj e del suo governo di accordo nazionale, riconosciuto dalle Nazioni Unite: Erdoğan inviò in Libia droni, addestratori e agenti dell’intelligence, oltre che 3mila miliziani siriani che avevano fino a quel momento combattuto a fianco delle forze turche nel nord della Siria. Oggi diversi militari turchi sono ancora in Libia, nonostante quella guerra sia finita, e dovrebbero restarci almeno fino alla fine del 2025.

Rispetto al Nagorno Karabakh, la Turchia ha sempre negato di avere avuto un ruolo diretto nelle operazioni militari azere: il governo turco ha comunque inviato armi, fra cui in particolare droni da combattimento, varia attrezzatura militare, e ha contribuito all’addestramento militare dell’esercito azero. A settembre del 2023 l’esercito dell’Azerbaijan riconquistò la regione, che per decenni era stata abitata principalmente da persone di etnia armena, e costretto circa 120 mila persone armene a lasciare le proprie case, in quella che era stata definita da molti esperti e istituzioni come un’operazione di pulizia etnica.

Prima del 7 ottobre Israele e la Turchia stavano lavorando per ricostruire i loro rapporti, che erano complicati da oltre un decennio, ma la guerra ha cambiato di nuovo tutto.

Dopo avere richiamato il proprio ambasciatore in Israele, nel maggio del 2024 la Turchia ha sospeso gli scambi commerciali bilaterali con l’obiettivo di spingere il governo israeliano ad accettare un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Erdoğan ha inoltre accusato più volte il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di star commettendo un genocidio nella Striscia, dove la Turchia ha inviato molti aiuti umanitari e ha facilitato le cure mediche per i civili feriti, permettendo loro di ricevere assistenza in Turchia.

Le parole pronunciate domenica da Erdoğan sono significative ma allo stesso tempo molto vaghe: non ci sono motivi per credere che la Turchia abbia già deciso di dare un sostegno militare ai palestinesi e a Hamas.

Il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz ha risposto al presidente turco scrivendo: «Erdoğan segue le orme di Saddam Hussein e minaccia di attaccare Israele. Lasciategli ricordare cosa è successo lì e come è finita». Katz si riferisce alla deposizione di Hussein in seguito all’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti iniziata nel 2003; si riferisce anche alla sua condanna a morte per crimini contro l’umanità tre anni dopo, eseguita per impiccagione.