La storia di Ferrari e della truffa fatta con l’intelligenza artificiale

L'ha raccontata Bloomberg: qualcuno avrebbe provato a impersonare il CEO Benedetto Vigna, clonandone la voce e parlando di una misteriosa acquisizione

Benedetto Vigna, quello vero (Jared C. Tilton/Getty Images)
Benedetto Vigna, quello vero (Jared C. Tilton/Getty Images)
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Da qualche mese sta circolando una nuova truffa che prova a colpire le grosse aziende: i truffatori usano dei software basati su sistemi di intelligenza artificiale per simulare la voce di un dirigente di alto profilo, come l’amministratore delegato. Questo poi contatta altri dipendenti dell’azienda, di profilo più basso, e cerca di convincerli a firmare qualcosa per ottenere dei soldi. Ultimamente sembra che sia successo anche a Ferrari, come ha raccontato venerdì su Bloomberg il giornalista Daniele Lepido. La sua ricostruzione si basa su alcune chat visionate da Lepido e sulle testimonianze che ha raccolto da varie persone informate dei fatti, ma rimaste anonime.

Secondo Lepido, qualche giorno fa un dirigente di Ferrari (la cui identità non è stata diffusa) ha cominciato a ricevere una serie di messaggi da un numero sconosciuto su WhatsApp. Provenivano da una persona che diceva di essere l’amministratore delegato dell’azienda, Benedetto Vigna. Il primo messaggio diceva: «Ehi, hai sentito della grande acquisizione che stiamo pianificando? Potrei aver bisogno del tuo aiuto». Il numero però era diverso da quello di Vigna, così come l’immagine del profilo, che però ritraeva comunque Vigna davanti al logo di Ferrari. «Tieniti pronto a firmare l’accordo di non divulgazione che il nostro avvocato ti invierà al più presto», ha scritto in un altro messaggio la persona che impersonava Vigna. «L’Autorità di regolamentazione del mercato italiano e la Borsa di Milano sono già state informate».

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Dallo stesso numero, poi, è arrivata una chiamata vocale: la voce era convincente, e secondo il dirigente era un’ottima imitazione dell’accento di Vigna, che è originario della Basilicata. Diceva di chiamare da un numero diverso perché aveva bisogno di discutere in modo confidenziale un grosso accordo finanziario che avrebbe richiesto tutele e misure straordinarie.

Bloomberg racconta che il dirigente ha iniziato ad ascoltare più attentamente, accorgendosi di una piccola e inusuale intonazione meccanica nella voce del presunto amministratore delegato. Così, il dirigente gli ha detto: «Scusa, Benedetto, ma devo identificarti», e gli ha chiesto quale fosse il titolo del libro che Vigna gli aveva consigliato pochi giorni prima. A quel punto la chiamata si è interrotta di colpo, rendendo chiaro che la persona all’altro capo del telefono non era davvero Vigna.

Alcune fonti anonime hanno detto a Lepido che Ferrari ha aperto un’indagine interna sull’accaduto, ma per ora l’azienda non ha diffuso comunicazioni ufficiali e ha rifiutato la richiesta di Bloomberg di commentare.

Ferrari non è l’unica azienda finita al centro di possibili truffe fatte con l’intelligenza artificiale, che anzi negli ultimi tempi stanno diventando sempre più frequenti. Lo scorso febbraio per esempio una grande multinazionale di Hong Kong si fece fregare e perse l’equivalente di quasi 24 milioni di euro: in quel caso, i truffatori organizzarono una videochiamata in cui fingevano, tramite dei deepfake, di essere degli importanti dipendenti (tra cui il direttore finanziario) e convinsero un collega a versare la cifra richiesta.