• Domenica 14 luglio 2024

Andare al ristorante o a teatro, in carcere

A volte le carceri italiane aprono i propri cancelli e permettono alla cittadinanza di entrare in occasione di spettacoli teatrali, ma anche di altre attività culturali

di Pietro Mini

Il teatro dell'Arca del carcere Marassi di Genova (Roberto Materassi)
Il teatro dell'Arca del carcere Marassi di Genova (Roberto Materassi)
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Quattro volte alla settimana le persone libere, non detenute, possono entrare nel carcere milanese di Bollate per vivere un’esperienza all’apparenza insolita se calata nel contesto del sistema penitenziario italiano: mangiare al ristorante. InGalera, il nome con cui è stato chiamato il ristorante del carcere di Bollate, si trova nel dormitorio delle guardie carcerarie. È aperto dal martedì al sabato e chiunque può accedervi su prenotazione. Negli ultimi anni sta avendo un discreto successo: è stato citato da alcune importanti guide gastronomiche come Gambero Rosso e la Guida Michelin, e tra le altre cose è stato raccontato in un podcast e in un documentario.

Ma quella del carcere di Bollate non è l’unica esperienza che permette a cittadini e cittadine di entrare in carcere: sono molti i penitenziari italiani che organizzano diverse attività con finalità culturali, come nel caso di spettacoli teatrali e progetti come le biblioteche viventi. L’obiettivo di queste iniziative non è solamente dare un lavoro ai detenuti o permettergli di fare esperienze che solitamente in un carcere non sono comuni, ma anche avvicinare le persone non detenute al mondo del carcere e prepararle ad accogliere i detenuti al loro rientro nella società.

InGalera è stato inaugurato nel 2015, ma è il risultato di un’esperienza iniziata nel 2004, da quando nel carcere di Bollate esiste un servizio di catering di alto livello rivolto all’esterno del penitenziario che coinvolge e dà lavoro ai detenuti. Il progetto è nato da un’idea di Lucia Castellano, allora direttrice del carcere, e Silvia Polleri, che ha fondato la cooperativa che si occupa del ristorante. Il cuoco e il maître sono professionisti mentre i detenuti lavorano in sala e come aiuto cuochi.

I detenuti vengono assunti a contratto, e per poter lavorare devono ricevere un’autorizzazione dal magistrato di Sorveglianza come previsto dall’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario, la legge che regola la possibilità per i detenuti di lavorare all’esterno del carcere. «Di solito si vede il carcere come un’istituzione che chiede servizi alla città, invece con le nostre attività siamo noi a offrire alla società l’occasione per incontrare e comprendere meglio un mondo ritenuto pericoloso e da evitare», dice Silvia Polleri, responsabile della cooperativa sociale Abc La Sapienza in Tavola, che si occupa della gestione del ristorante oltre che del chiosco dell’area colloqui del carcere. L’esperienza è ritenuta molto positiva, ma come tutte le carceri anche quello di Bollate deve affrontare problemi organizzativi, a cominciare dal sovraffollamento: nelle celle ci sono 1455 detenuti per una capienza di 1267 posti.
Il carcere di Volterra, invece, si è aperto alla cittadinanza grazie alle attività della Compagnia della Fortezza, la prima compagnia teatrale fondata all’interno di un carcere italiano, nel 1988, e che prende il nome dal luogo in cui si trova il carcere di Volterra, una fortezza medicea costruita nel XIV e XV secolo. Ancora oggi la compagnia realizza uno spettacolo all’anno all’interno del carcere, e negli ultimi anni ha ricevuto premi sia in Italia che all’estero. Lo spettacolo di quest’anno si intitola “Atlantis capitolo 2” e sarà allestito dal 27 luglio al 3 agosto.
Nata come progetto di laboratorio teatrale, la Compagnia della Fortezza è stata fondata da Armando Punzo, regista teatrale e drammaturgo, e le sue attività sono curate e organizzate dall’associazione culturale Carte Blanche. Le prove e le prime degli spettacoli si tengono in celle dismesse, nei corridoi o negli spazi del cortile del carcere. Gli spettacoli vengono poi replicati in diversi teatri italiani. Per ogni spettacolo vengono preparate due versioni, una per il carcere, in cui recitano tutti i detenuti che desiderano partecipare, e una per le sale teatrali, dove possono recitare solo i detenuti che hanno i requisiti per uscire temporaneamente dal carcere. Nel gennaio del 2023 il noto architetto Mario Cucinella ha presentato un progetto per costruire un teatro da 250 posti all’interno del carcere. Da anni Punzo aveva questo obiettivo: se tutto andrà secondo i piani, nel giro di pochi anni a Volterra verrà aperto il secondo teatro stabile all’interno di un carcere italiano.
Il primo, il Teatro dell’Arca, si trova nel carcere Marassi di Genova. È stato costruito in un cortile dell’intercinta, cioè lo spazio che separa le aree detentive dal muro di cinta. Il teatro è stato fondato nel 2016, durante la stagione teatrale vengono realizzati mediamente due spettacoli al mese. Chi vuole assistere a uno spettacolo deve registrarsi in anticipo e inviare una scansione del proprio documento. Sono molte anche le attività del mattino, quando a vedere gli spettacoli o le prove vanno anche le scuole: spesso vengono organizzati incontri tra detenuti e studenti.

Il 18 aprile e l’8 giugno scorsi al carcere di Marassi a Genova è stata organizzata un’altra iniziativa che coinvolge attivamente detenuti e cittadinanza: è la Biblioteca Vivente, un’esperienza che simula il funzionamento di una normale biblioteca, con la differenza che al suo interno non ci sono libri. In una biblioteca vivente, infatti, alcune persone – in questo caso i detenuti – prendono il posto dei libri e raccontano la propria storia e il proprio percorso di vita a chiunque voglia “prenderli in prestito” per 30 minuti, al termine dei quali si chiede ai lettori di scrivere un breve messaggio alle persone detenute che hanno incontrato.

Dentro al carcere di Marassi le iniziative di biblioteca vivente sono state organizzate negli spazi del Teatro dell’Arca. Il progetto ha coinvolto 12 detenuti e rientrava nelle iniziative di Genova capitale italiana del libro 2023. Il progetto della biblioteca vivente è nato in Danimarca con gli obiettivi di promuovere il dialogo interculturale, combattere i pregiudizi e favorire la comprensione reciproca facendo incontrare persone che probabilmente non avrebbero mai avuto l’occasione di parlarsi tra loro. In carcere la biblioteca vivente è un’opportunità per conoscere di persona le storie dei detenuti e del carcere stesso. Per i detenuti, invece, può essere un’occasione per parlare e confrontarsi con qualcuno che viene dall’esterno, qualcosa che nelle carceri italiane non succede spesso.

Questo e gli altri articoli della sezione Dentro e intorno al carcere sono un progetto del workshop di giornalismo 2024 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.