• Domenica 14 luglio 2024

Il modello delle carceri svedesi è in crisi

L’aumento della criminalità legata alle gang della droga sta aggravando il sovraffollamento nelle carceri e spingendo il governo a rendere più severo il suo sistema di giustizia basato sulla riabilitazione

di Alice Sennati

Il ministro della giustizia svedese Gunnar Strömmer durante una conferenza stampa a Stoccolma, 25 giugno 2024
(EPA/JESSICA GOW/Ansa)
Il ministro della giustizia svedese Gunnar Strömmer durante una conferenza stampa a Stoccolma, 25 giugno 2024 (EPA/JESSICA GOW/Ansa)
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Negli ultimi 15 anni la Svezia ha sperimentato un graduale aumento dei tassi di criminalità che sta mettendo in crisi un sistema penitenziario e carcerario considerato un modello virtuoso. Dal 2011 in Svezia c’è stato un incremento dei crimini violenti, specialmente quelli legati al traffico di droga. Secondo un report del 2021 del Brå, il Consiglio Nazionale Svedese per la prevenzione della criminalità, il paese è stato l’unico dell’Unione Europea in cui il numero di omicidi con arma da fuoco ogni 100.000 abitanti è cresciuto dal 2020.

In Svezia i tassi di criminalità sono da diversi decenni al di sotto della media europea. Il sistema carcerario ricalca il cosiddetto “modello scandinavo”, meno incentrato sulla detenzione punitiva e più attento al reinserimento in società dei detenuti e delle detenute. L’aumento dei tassi di criminalità sta cambiando tutto questo.

L’estrema destra svedese, che negli ultimi anni ha ottenuto buoni successi elettorali, ha approfittato della situazione chiedendo una riforma del sistema penale e penitenziario. In particolare il governo del moderato di centrodestra Ulf Kristersson è pesantemente influenzato dal partito estremista dei Democratici Svedesi, che fornisce appoggio esterno all’esecutivo. Dall’anno scorso i Democratici Svedesi chiedono di imporre condanne più severe e lunghe, e un cambiamento del modello di detenzione e deterrenza che passi dall’attenzione verso la riabilitazione a un modello basato sulla punizione, sulla protezione della collettività e sul risarcimento alla vittima.

Sotto diversi punti di vista il sistema svedese è analogo a quello degli altri paesi scandinavi, come Norvegia e Danimarca. Finora l’obiettivo che ha guidato l’organizzazione del sistema penitenziario in questi paesi è la riduzione delle recidive, accompagnando i detenuti verso il reinserimento in società, attraverso l’assistenza psicologica, il lavoro e lo studio. Uno dei concetti di base di questo approccio è che la condanna detentiva debba limitarsi alla perdita di libertà, senza conseguenze sulle relazioni e sulle aspirazioni dei detenuti. Ulteriori sottrazioni in termini di diritti non sono concesse, e gli stessi agenti di polizia penitenziaria operano anche come assistenti sociali, vivono insieme ai detenuti e seguono il loro recupero psicologico.

Anche l’architettura degli istituti penitenziari rispecchia i princìpi che guidano questa politica penale e penitenziaria, considerata nel resto delle democrazie del mondo un modello a cui aspirare. Gli spazi dentro le carceri scandinave sono pensati per rappresentare il più possibile la normalità a cui i detenuti torneranno. Le celle sono ampie, pulite, sicure, e gli spazi comuni spesso comprendono cucine attrezzate (anche di coltelli) e luoghi di socializzazione.

Fino a pochi anni fa questo sistema ha funzionato bene grazie alla mancanza di problemi di sovraffollamento e a una politica penale svedese incentrata sull’evitare il più possibile la carcerazione a favore di soluzioni alternative come la libertà vigilata. L’aumento della criminalità organizzata e dei crimini legati al traffico di droga lo sta però mettendo in crisi.

I dati del Brå, aggiornati al 2023, indicano che dal 2014 il numero di condanne detentive è aumentato del 20% mentre il numero totale di persone incarcerate del 60%. Questo aumento è dovuto principalmente agli arresti per traffico di droga: negli ultimi anni sono stati segnalati diversi scontri armati tra gruppi criminali. Solo nel 2023 sono state più di 50 le persone morte durante sparatorie e ci sono stati 149 attacchi con esplosivi.

Secondo i dati pubblicati dal ministero della Giustizia, lo scorso anno in Svezia operavano circa 30 mila bande criminali. Tra gli episodi maggiormente trattati dalla stampa internazionale c’è quello di una insegnante 24enne rimasta uccisa nell’esplosione di una bomba piazzata da un gruppo criminale in una zona residenziale vicina alla città universitaria di Uppsala.

Nel luglio del 2023 il governo ha annunciato un’ampia revisione del codice penale affidata alla procuratrice nazionale Petra Lundh, che è anche capo della polizia nazionale svedese. Lundh ha due anni di tempo per realizzare uno studio sulla riforma complessiva del codice, ma nel frattempo il ministro della Giustizia svedese Gunnar Strömmer ha già anticipato alcune proposte del governo: riguardano il ricorso a condanne più severe e lunghe per i reati legati alla criminalità organizzata, la criminalizzazione della partecipazione a gang, la riduzione dello sconto di pena e dell’età della responsabilità penale da 18 a 15 anni, un maggior uso dell’ergastolo per crimini gravi e maggiori opportunità per esercitare misure coercitive preventive.

Lundh dovrà riferire sul suo incarico entro la fine di luglio 2025. La proposta quindi non è stata ancora formulata ufficialmente e non è ancora certo quali saranno le eventuali modifiche del codice penale. Ma una riforma che prevede un maggiore utilizzo di pene detentive di lunga durata potrebbe aggravare il sovraffollamento che le carceri svedesi stanno già sperimentando. Nel 2023 i detenuti nelle carceri svedesi erano 6.985, a fronte di una capienza delle carceri di 4.500 posti. Il governo prevede di espandere i nuovi posti disponibili a 7.500, ma secondo alcune stime ne potrebbero servire anche più di 12 mila. Se la riforma del governo entrasse integralmente in vigore, in futuro la Svezia potrebbe avere il numero più alto di prigionieri pro capite di tutta l’Unione Europea.

L’opposizione ha criticato la riforma del governo, che rischierebbe di ridurre il tradizionale ruolo riabilitativo delle carceri svedesi. Uno studio pubblicato dalla facoltà di Criminologia dell’università di Stoccolma nel 2022 ha cercato di valutare l’incidenza della durata delle pene detentive sulle recidive, e ha dimostrato che pene più lunghe non hanno effetti positivi sulla riabilitazione del detenuto.