Una nuova sentenza contro i balneari, stavolta dell’Unione Europea

La Corte di Giustizia ha stabilito che alla fine delle concessioni lo Stato può acquisire i beni sulla spiaggia, senza alcun indennizzo agli imprenditori

stabilimento balneare
(Ricardo Gomez Angel/Unsplash)
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La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, l’organo che si occupa di far rispettare i trattati e le leggi europee, ha stabilito che alla scadenza delle concessioni balneari lo Stato italiano può acquisire le opere “inamovibili” – spogliatoi, piscine, bar – senza dovere nulla agli imprenditori che le avevano realizzate e quindi pagate. I giudici sono intervenuti perché interpellati dal Consiglio di Stato italiano, il quale doveva risolvere un vecchio contenzioso tra il comune di Rosignano Marittimo, in Toscana, e lo stabilimento balneare Bagni Ausonia gestito in concessione dal 1928 dalla società SIIB (Società italiana imprese balneari). Nel 2007, alla scadenza di uno dei periodi di concessione, il comune di Rosignano acquisì i beni immobili dello stabilimento che negli anni avevano costruito i concessionari, in virtù dell’articolo 49 del codice della navigazione che non prevede risarcimenti per questo genere di acquisizioni.

Dopo averli acquisiti, il comune alzò i canoni di concessione. Ma nel 2014 la società si oppose sostenendo che i beni considerati “inamovibili” non erano davvero inamovibili e potessero essere rimossi in 90 giorni, con l’obiettivo di mantenere la loro proprietà. Il comune respinse questa ricostruzione. In seguito a una lunga serie di ricorsi presentati alla giustizia amministrativa, la questione è stata infine valutata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha dato ragione al comune di Rosignano Marittimo.

Secondo i giudici le norme del codice della navigazione non sono incompatibili con i trattati europei che garantiscono libertà di impresa perché tutti gli operatori, quando presentano un’offerta per ottenere una concessione, non possono ignorare che le concessioni abbiano una durata determinata e sono revocabili. In questo senso la Corte di Giustizia ha ribadito un principio che finora in Italia è stato poco applicato, e cioè che nella gestione delle concessioni balneari deve essere garantita la concorrenza.

In Italia gli stabilimenti si tramandano in molti casi di generazione in generazione, in violazione di una direttiva europea del 2006, la cosiddetta “Bolkestein”, che impone all’Italia di fare dei bandi per mettere a gara le concessioni e aprire così il mercato alla concorrenza. Dal 2006 a oggi, però, governi italiani di vario orientamento politico, nel timore di inimicarsi la categoria dei balneari che è piuttosto influente, hanno rinviato in maniera straordinaria la scadenza di queste concessioni, prorogandole.

L’ultima proroga era stata quella voluta dall’attuale governo di Giorgia Meloni, che nella legge di bilancio approvata nel dicembre del 2022 aveva prorogato le concessioni fino alla fine del 2024. Diverse sentenze del Consiglio di Stato, il secondo grado della giustizia amministrativa, hanno stabilito che le concessioni non possono essere prorogate automaticamente. Nella sentenza è stato contestato anche il fatto che ci siano molte spiagge disponibili, tesi invece sostenuta dal governo per giustificare la mancata applicazione della direttiva Bolkestein.

Una delle questioni più discusse in merito alle gare che dovranno essere organizzate nei prossimi anni riguarda proprio gli indennizzi nei confronti delle imprese che potrebbero lasciare la gestione degli stabilimenti. Le associazioni che rappresentano gli imprenditori sostengono che debbano essere previsti risarcimenti ingenti, che tuttavia potrebbero scoraggiare possibili concorrenti. Secondo Antonio Capacchione, presidente nazionale del sindacato italiano balneari di Confcommercio, la Corte di Giustizia non mette in discussione gli indennizzi perché l’esproprio senza indennizzo discusso dalla sentenza riguarda lo Stato, non i privati.