L’arcivescovo Carlo Maria Viganò è stato scomunicato perché ritenuto colpevole di scisma

Carlo Maria Viganò
Carlo Maria Viganò (L'OSSERVATORE ROMANO/ANSA)

Venerdì il Dicastero per la dottrina della fede, l’organo della Chiesa che si occupa tra le altre cose di promuovere e tutelare la dottrina cattolica (fino al 1908 noto come Santa Inquisizione), ha dichiarato la scomunica di monsignor Carlo Maria Viganò, arcivescovo della Chiesa cattolica e nunzio apostolico negli Stati Uniti dal 2011 al 2016. Viganò è stato ritenuto colpevole di scisma, cioè di aver provocato divisioni nella Chiesa cattolica: la scomunica comporta l’abbandono dello stato sacerdotale. Il processo che ha portato a questa decisione non è stato gestito dalla giustizia ordinaria, ma internamente alla Chiesa.

Viganò era stato accusato di scisma a fine giugno, dopo anni in cui aveva fatto dichiarazioni e assunto posizioni apertamente ostili nei confronti di papa Francesco e aveva appoggiato una serie di teorie del complotto, tra cui quelle di “QAnon”, molto diffuse negli ambienti di estrema destra statunitense.

Il Dicastero per la dottrina della fede ha motivato la decisione citando varie dichiarazioni pubbliche di Viganò dalle quali emergeva il suo rifiuto «di riconoscere e sottomettersi al Sommo Pontefice, della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti e della legittimità e dell’autorità magisteriale del Concilio Ecumenico Vaticano II», cioè la grande riunione di tutti i vescovi del mondo in cui tra il 1962 e il 1965 vennero discussi i rapporti tra la Chiesa e la società moderna. Quel concilio portò a una profonda riforma della Chiesa, e allo stesso tempo all’allontanamento, nei decenni seguenti, di varie correnti, a cominciare da quella dei cosiddetti cattolici tradizionalisti o lefevriani, sostenuti anche da Viganò. Prendono il nome da Marcel Lefebvre, un arcivescovo francese che rifiutò di insegnare nel proprio seminario le novità introdotte dal Concilio.

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