L’inchiesta sull’ex ILVA per la falsificazione dei dati sulle emissioni di anidride carbonica

Riguarda la gestione precedente al commissariamento in vigore da febbraio: è indagata anche l'ex amministratrice delegata, Lucia Morselli

L'ex ILVA (ANSA/CIRO FUSCO)
L'ex ILVA (ANSA/CIRO FUSCO)
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La procura di Taranto ha aperto un’indagine per truffa ai danni dello Stato sulle emissioni di anidride carbonica (CO2) dichiarate per il 2022 da Acciaierie d’Italia, la società che gestisce tra gli altri lo stabilimento di produzione di acciaio di Taranto che per lungo tempo si è chiamato ILVA, il più grande in Italia e in Europa. L’ipotesi è che la società abbia falsificato i dati sulle emissioni di anidride carbonica – il principale gas responsabile del riscaldamento globale e sulla cui emissione bisogna rispettare diversi parametri stabiliti a livello internazionale – dichiarandone di meno per ottenere dei vantaggi economici.

L’indagine è stata aperta come parte di un’inchiesta più ampia della procura di Taranto che va avanti già da tempo, e che riguarda più in generale le emissioni inquinanti e la manutenzione dello stabilimento. Il periodo a cui si riferisce quest’ultima indagine coinvolge la gestione dell’ex ILVA precedente a quella attuale: sono indagate 10 persone che ci lavoravano fino a pochi mesi fa con vari incarichi dirigenziali e amministrativi, tra cui l’ex amministratrice delegata Lucia Morselli. Mercoledì sono state fatte perquisizioni a Taranto e in diverse altre città italiane.

Da febbraio di quest’anno l’ex ILVA è stata messa dal governo italiano in amministrazione straordinaria, la procedura del diritto fallimentare che permette alle aziende in crisi di restare operative concordando con un tribunale un piano di risanamento dei debiti. Morselli nel frattempo è stata sostituita nel suo ruolo di principale amministratrice della società da Giancarlo Quaranta, nominato come commissario straordinario dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Commentando la notizia dell’indagine, Urso ha detto che questa dimostrerebbe che il governo aveva ragione «a riprendere in mano l’ex ILVA con l’amministrazione straordinaria».

La truffa di cui è accusata Acciaierie d’Italia riguarda in particolare il sistema usato dall’Unione Europea per cercare di porre un limite alle emissioni di anidride carbonica che le aziende e le centrali elettriche europee emettono ogni anno. Il sistema si chiama ETS, una sigla che sta per Emissions Trading System“sistema per lo scambio delle quote di emissione” (in vigore dal 1995) e funziona come un mercato: ogni anno ciascuna azienda europea responsabile di emissioni inquinanti riceve una quantità di “crediti” per ogni tonnellata di anidride carbonica che secondo complicati calcoli della Commissione Europea può emettere. Tra queste c’è anche l’ex ILVA, o Acciaierie d’Italia.

L’azienda poi può decidere di spendere quei crediti per emettere anidride carbonica, oppure scegliere di inquinare di meno – e quindi fare investimenti per essere sempre più sostenibile – e vendere parte dei propri crediti a un’azienda meno virtuosa.

L’ipotesi della procura di Taranto è che Acciaierie d’Italia abbia falsificato i propri dati sull’uso di materie prime e sulla produzione del 2022, in modo da ottenere dallo Stato un numero maggiore di quote per emettere anidride carbonica. In questo modo avrebbe ottenuto vantaggi economici in due modi: da una parte risparmiando i soldi che avrebbe dovuto allo Stato per i propri crediti se avesse dichiarato di inquinare di più; dall’altra potendo rivendere sul mercato le quote che le sono state assegnate ma che invece secondo l’accusa non le spettavano.