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  • Mercoledì 3 luglio 2024

L’unica potenziale sorpresa delle elezioni britanniche

I sondaggi dicono che i Liberal-democratici, tradizionalmente il terzo partito del paese, sono molto vicini ai Conservatori: e potrebbero persino superarli

Il leader dei Libdem, Ed Davey, durante un comizio a Sennan Cove, in Cornovaglia
Il leader dei Libdem, Ed Davey, durante un comizio a Sennen Cove, in Cornovaglia (Hugh Hastings/Getty Images)
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Il risultato delle elezioni britanniche che si terranno giovedì 4 luglio sembra scontato: da mesi i sondaggi pronosticano una larghissima vittoria dei Laburisti e una storica sconfitta per i Conservatori.

L’unica vera sorpresa potrebbe essere il risultato dei Liberal-democratici (Libdem), che finora nel sistema politico britannico tendenzialmente bipolarista sono sempre stati il terzo partito più popolare, a grande distanza dai primi due. A questo giro però qualcosa potrebbe cambiare. Il leader dei Libdem, Ed Davey, sta guadagnando una sempre maggiore visibilità anche grazie a iniziative bizzarre pensate soprattutto per attirare l’attenzione dei media e degli elettori. L’ultima è stata fare bungee-jumping per invitare i cittadini a «fare qualcosa che non avete mai fatto prima», cioè votare i Libdem.

Non è chiaro se esista un legame fra le iniziative di Davey e il consenso del suo partito, che però ormai è dato intorno al 10 per cento, dopo qualche anno passato stabilmente sotto a quella soglia. Alle elezioni di giovedì il partito potrebbe ottenere uno dei suoi migliori risultati della storia in termini di seggi, soprattutto per via delle difficoltà dei Conservatori e delle specificità del sistema uninominale secco (ci arriviamo).

Secondo gli ultimi sondaggi c’è la possibilità infatti che i Libdem ottengano più seggi dei Conservatori, cioè il partito che negli ultimi 14 anni ha dominato la politica britannica. L’ultima rilevazione dell’istituto Survation infatti ipotizza che i Libdem possano ottenere fra i 49 e i 73 seggi, mentre i Conservatori fra i 34 e i 99 (più un partito è grande e più è difficile ipotizzare quanti seggi otterrà, per come funziona il sistema elettorale britannico). Diventare la seconda forza del parlamento li renderebbe ufficialmente i capi dell’opposizione al prossimo governo dei Laburisti, un ruolo che nel Regno Unito garantisce accesso a maggiori fondi pubblici e a una visibilità che il partito aveva perso ormai da anni.

– Leggi anche: Il leader dei Libdem britannici ha deciso di puntare sull’intrattenimento

I Libdem sono un partito relativamente recente, nato nella sua attuale forma nel 1988, ma sono l’ultima evoluzione del liberalismo britannico, un movimento politico e di opinione ben più antico. I Libdem infatti sono gli eredi politici del Partito Liberale, fondato nel 1859, che governò il paese per trent’anni nella seconda metà dell’Ottocento. Il Partito Liberale governò anche tra il 1906 e il 1915 esprimendo primi ministri come Lloyd George e leader come Winston Churchill (che poi sarebbe tornato tra i Conservatori), prima di entrare in una lunga crisi.

Dopo decenni di irrilevanza e risultati elettorali deludenti, negli anni Settanta ci fu una fase di rilancio sotto la guida di Jeremy Thorpe. I Liberali consolidarono la loro posizione di terzo partito e riuscirono a intercettare i voti di una parte crescente dell’elettorato, fino a ottenere il 25 per cento dei voti nel 1983. Nel 1981 una fazione centrista del Partito Laburista si scisse, fondando il Partito Social-Democratico (SDP). I Liberali avevano già collaborato con molti esponenti del SDP al referendum del 1975 per l’ingresso nella Comunità Europea, antenata dell’Unione Europea di oggi, e dopo una iniziale alleanza i due partiti decisero di fondersi, creando i Libdem.

Il leader dei Libdem, Nick Clegg, insieme al primo ministro britannico David Cameron durante la loro prima conferenza stampa congiunta, il 12 maggio 2010

Il leader dei Libdem, Nick Clegg, insieme al primo ministro britannico David Cameron durante la loro prima conferenza stampa congiunta, il 12 maggio 2010 (AP Photo/Christopher Furlong)

Storicamente i Libdem hanno intercettato il voto di protesta e insoddisfazione contro il governo in carica, che di volta in volta proveniva da sinistra o da destra. Dopo le elezioni del 2010 i Libdem guidati da Nick Clegg accettarono di allearsi con i Conservatori di David Cameron nel primo governo di coalizione del Regno Unito dal secondo dopoguerra. L’esperienza non fu positiva: i Libdem condivisero le misure di austerità economica, impopolari e dannose sul lungo termine, e non riuscirono mai a sganciarsi da un ruolo subalterno ai Conservatori.

Le elezioni successive, nel 2015, furono disastrose: i Libdem passarono da 57 a 8 seggi alla Camera dei Comuni, la camera bassa britannica. Da lì in poi il partito ha cercato di recuperare i consensi perduti con vari mezzi. Dopo il 2016 un loro tratto identitario è stata l’opposizione a Brexit, in una fase in cui i Laburisti guidati da Jeremy Corbyn avevano invece posizioni poco chiare. Oggi il programma elettorale dei Libdem è meno netto: invece di annullare Brexit, si parla di un’«ambizione di lungo periodo» a rientrare nell’Unione con però un ritorno immediato nel mercato unico europeo.

L’Economist ha scritto che «è difficile non essere d’accordo con molte delle [loro] proposte», lasciando intendere che i Libdem possano farle perché tanto sanno che non andranno al governo: a differenza dei Laburisti, che nel proprio programma elettorale si sono tenuti molto cauti.

Quello dei Libdem si concentra sul welfare e in particolare sul sistema sanitario nazionale (NHS), messo ancora più in crisi dagli anni della pandemia. Propongono di destinare all’NHS nuovi fondi per 8,4 miliardi di sterline, poco meno di 10 miliardi di euro, e di assumere 8mila nuovi medici di medicina generale. Un’altra priorità è ridurre l’inquinamento di bacini e corsi d’acqua, nazionalizzando le aziende idriche e creando un nuovo ente regolatore. Per queste e altre misure, i Libdem vorrebbero modificare l’imposta sui redditi da capitale, incassando 5 miliardi di sterline in più (5,9 miliardi di euro). Al momento, insomma, stanno provando a criticare il governo uscente da sinistra per intercettare il voto di chi non lo apprezza ma al contempo non vuole votare per i Laburisti.

Ed Davey pulisce un'ambulanza di Londra

Ed Davey pulisce un’ambulanza di Londra (Peter Nicholls/Getty Images)

Negli ultimi sondaggi, come detto, i Libdem si giocano il secondo posto per numero di deputati con i Conservatori. Questo nonostante si attestino al quarto posto delle intenzioni di voto, dietro l’estrema destra di Reform UK, il partito di Nigel Farage.

Questa e altre storture dipendono dal sistema elettorale del Regno Unito, il first-past-the-post, cioè un sistema uninominale secco in cui in ogni circoscrizione viene eletto soltanto il candidato o la candidata che ha ottenuto anche un solo voto in più dell’avversario. Storicamente l’uninominale avvantaggia i grandi partiti, gli unici che possono permettersi di spendere energie e soldi per essere competitivi in tutti i collegi del paese.

I Libdem sono spesso stati penalizzati da questo sistema: nel 2010, per dire, nonostante ottennero complessivamente il 23 per cento dei voti riuscirono a eleggere soltanto 57 seggi, cioè l’8 per cento del totale. Anche per questo i Libdem hanno sempre chiesto una legge elettorale su base proporzionale, ma per la prima volta il sistema uninominale potrebbe avvantaggiarli.

Le ultime proiezioni assegnano loro in media 61 seggi contro i 64 dei Conservatori. Una delle ragioni è il calo dei consensi del partito del primo ministro Rishi Sunak, che risente anche della concorrenza a destra di Reform UK. L’altra è che i Laburisti hanno dirottato la loro campagna elettorale lontano dai collegi dove i Libdem sono più forti, che si trovano soprattutto nel sud dell’Inghilterra. Sunak sta concentrando gli ultimi eventi della sua campagna elettorale proprio in questa parte del paese, ma non è chiaro se i Conservatori riusciranno davvero a essere competitivi.


La mappa mostra quale partito è primo in ciascun collegio elettorale secondo i sondaggi: in rosso i Laburisti, in blu i Conservatori, in arancione i Libdem e in turchese Reform UK

Questa strategia si chiama tactical voting, voto tattico, e somiglia a quella che contraddistingue il secondo turno delle elezioni legislative francesi. Nel Regno Unito è diventato sempre più comune che gli elettori dei partiti dell’opposizione si coalizzino per battere il partito di governo, decidendo di votare solo il candidato o la candidata che ha più possibilità di superare l’avversario, per non disperdere i loro voti. È capitato spesso infatti che in determinati collegi la somma dei voti di Laburisti e Libdem fosse superiore ai voti dei Conservatori, che però alla fine ottenevano il seggio in parlamento perché il loro candidato aveva preso più voti di quelli dei Laburisti e Libdem presi singolarmente. I Laburisti insomma stanno facendo informalmente capire ai propri elettori di certe zone che per limitare al minimo i seggi dei Conservatori bisogna votare il candidato dei Libdem.

Per questo i Libdem hanno una possibilità di avere più seggi alla Camera dei Comuni dei Conservatori o di Reform UK, nonostante complessivamente riceveranno meno voti di loro, a meno di sorprese.

Se ciò avvenisse, Davey diventerebbe capo dell’opposizione, il ruolo che oggi ricopre il leader Laburista Keir Starmer, che probabilmente sarà il prossimo primo ministro. È un ruolo formale, che conferisce innanzitutto molta visibilità. Ogni mercoledì il capo dell’opposizione può fare al primo ministro sei domande durante il Prime Minister’s Question Time, trasmesso in diretta dalle tv. La carica dà diritto anche a maggiori contributi economici statali, tra cui 998mila sterline (1,18 milioni di euro) al capo dell’opposizione, che riceve un salario aggiuntivo a quello da deputato.

Volantini elettorali dei Libdem a una delle scorse elezioni locali britanniche

Volantini elettorali dei Libdem a una delle scorse elezioni locali britanniche (Dan Kitwood/Getty Images)

Nel Regno Unito ricevono fondi pubblici, chiamati short money, tutti i partiti che hanno almeno due seggi alla Camera dei Comuni, oppure ne hanno uno ma hanno ricevuto più di 150mila voti. Questi fondi valgono ogni anno 21,4mila sterline (25,2mila euro) per ogni deputato del partito più 42,8 sterline (50,5 euro) ogni 200 voti ricevuti alle elezioni. Per esempio, i Laburisti tra il 2023 e il 2024 hanno ricevuto 7,7 milioni di sterline (9 milioni di euro) e i Libdem un milione (1,2 milioni di euro). I partiti con meno di 5 seggi ricevono un minimo di 118mila sterline e un massimo di 354mila, rispettivamente 139mila euro e 417mila euro.

Questi contributi pubblici potrebbero fare la differenza anche per Farage, che cerca di essere eletto alla Camera dei Comuni per l’ottava volta (finora non ci è mai riuscito, anche se nel 2015 ci era andato vicino). I sondaggi stimano che Reform UK possa ottenere fino a 18 seggi, ma quello in cui si è candidato Farage è ritenuto il più “sicuro”, cioè quello in cui il partito ha maggiori probabilità di vittoria. Se Farage riuscisse a entrare in parlamento potrebbe usare questi fondi per cercare di dare una struttura più organizzata al partito, dotandolo di uno staff permanente, provando quindi a fare un salto di qualità rispetto alla sua carriera politica.

Reform UK, che nelle intenzioni di voto si attesta al 17 per cento, costituisce un altro dei fattori che a queste elezioni potrebbero scombinare il bipolarismo britannico. Giovedì la somma dei voti presi da Laburisti e Conservatori dovrebbe essere di poco superiore al 60 per cento del totale: non è mai stata così bassa negli ultimi cent’anni.

– Leggi anche: Come mai i Conservatori britannici si sono ridotti così