• Mondo
  • Domenica 30 giugno 2024

Negli Stati Uniti i camioncini giapponesi piacciono molto, con qualche obiezione

I “kei truck” giapponesi hanno acquisito un seguito molto fedele negli Stati Uniti, ma non ci sono norme chiare per la loro circolazione nelle strade

(Wikimedia Commons)
(Wikimedia Commons)
Caricamento player

Da più di sessant’anni in Giappone vengono prodotti dei camioncini molto piccoli e leggeri che, per via dei loro prezzi accessibili e delle tariffe assicurative generalmente basse, sono estesamente utilizzati in diverse attività commerciali. In gergo sono chiamati kei truck o keitora: kei significa “leggero”, in giapponese. Rientrano nella categoria kei-jidōsha, in cui sono compresi molti modelli dalle dimensioni ridotte e che rispettano limiti legislativi imposti dal governo giapponese (lunghezza massima 3,4 metri, potenza massima 64 cavalli, cilindrata massima 660 centimetri cubi) e per questo vengono tassati molto meno rispetto alle auto normali.

Per gran parte della sua storia, quello dei kei truck (e delle auto kei in generale) è stato un mercato chiuso: venivano considerati dei veicoli pensati esclusivamente per il Giappone, dove rappresentano ancora oggi più di un terzo del totale delle vendite di tutte le auto. Da qualche anno però questi camioncini, soprattutto di seconda mano, hanno cominciato ad attrarre appassionati negli Stati Uniti: sono interessati ad acquistarli soprattutto i titolari di piccole aziende agricole, che li considerano un’alternativa economica e conveniente rispetto ai costosi e ingombranti camion di produzione americana.

I kei truck hanno un seguito anche tra gli amanti della montagna, che li usano per trasportare attrezzatura da sci e da arrampicata, e stanno ottenendo un certo successo anche sui social, dove sono stati creati gruppi che ne esaltano le virtù e li descrivono con un certo fanatismo. Lo stereotipo del cittadino statunitense impallinato con i kei truck è diventato oggetto di derisione di alcune pagine Instagram, come per esempio Kei Trucks Appreciation Society.

Come ha scritto Bloomberg, questo interesse ha generato un’apertura del mercato dei kei truck impensabile fino a qualche anno fa. Secondo dati del governo giapponese citati dalla testata, negli ultimi dieci anni le esportazioni di questi veicoli sono quadruplicate, e la domanda riguarda soprattutto il mercato dell’usato. L’anno scorso sono stati importati negli Stati Uniti dal Giappone più di 7.500 kei truck: si tratta di un aumento del 300 per cento rispetto a cinque anni fa, quando ne furono importati circa 1.800.

La popolarità che i kei truck stanno avendo negli Stati Uniti non è vista di buon occhio dai governi locali di alcuni stati, che li ritengono non idonei alla circolazione per via delle loro dimensioni ridotte, che non garantirebbero un adeguato standard di sicurezza in caso di incidenti. Alcuni stati – come Florida, North Carolina e Wyoming – hanno vietato la loro circolazione in autostrada, mentre altri – come la Georgia, il Maine e lo stato di New York – hanno iniziato a vietare le licenze e a ritirare le immatricolazioni.

C’è poi un problema di emissioni: poiché secondo la legislazione americana i veicoli più vecchi di 25 anni sono esenti dal grosso della regolamentazione sulla sicurezza e sulle emissioni, molto spesso i kei truck importati negli Stati Uniti sono mezzi molto vecchi, in alcuni casi risalenti agli anni Novanta, che hanno emissioni ormai fuori standard.

In generale, capire come gestire questa improvvisa crescita di kei truck è un problema. In pochissimi stati esiste una legge che dice esplicitamente che guidare i kei truck è illegale, e la maggior parte delle DMV (Department of Motor Vehicles, le motorizzazioni dei vari stati americani) decidono come comportarsi con una certa discrezionalità. David McChristian, fondatore di Lone Star Kei, un gruppo creato per garantire la libertà di guidare e possedere kei truck in tutto il paese, ha detto che gli sforzi per impedire la loro circolazione negli Stati Uniti sarebbero un effetto delle pressioni dei produttori locali di camion, che temono che la loro diffusione possa progressivamente escluderli dal mercato.