In Italia le trattative sulla nuova Commissione Europea condizionano anche le attività parlamentari

Giorgia Meloni ha chiesto a Matteo Salvini di ritirare un emendamento in favore dei balneari, che avrebbe messo il governo in una posizione scomoda

I senatori della destra esibiscono il tricolore di fronte a quelli di centrosinistra, che agitano la Costituzione, durante il voto di approvazione del disegno di legge costituzionale sul "premierato" nell'aula del Senato, il 18 giugno 2024 (CLAUDIO PERI/ANSA)
I senatori della destra esibiscono il tricolore di fronte a quelli di centrosinistra, che agitano la Costituzione, durante il voto di approvazione del disegno di legge costituzionale sul "premierato" nell'aula del Senato, il 18 giugno 2024 (CLAUDIO PERI/ANSA)
Caricamento player

Mercoledì pomeriggio l’aula del Senato ha iniziato a discutere il decreto-legge sulla revisione delle politiche di coesione, cioè sugli interventi in favore delle aree più arretrate dell’Italia, finanziati in gran parte con i fondi europei. L’obiettivo del provvedimento è potenziare gli investimenti e accelerare l’attuazione di questi programmi di sviluppo che scadranno nel 2027, e che riguardano anche alcuni dei progetti inseriti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), finanziato anche quello dalla Commissione Europea.

Martedì pomeriggio, poche ore prima che si concludesse l’analisi del provvedimento da parte della commissione Bilancio, la Lega ha annunciato il ritiro di un suo emendamento che in realtà c’entrava poco con la materia originaria del decreto, e che aveva generato clamore. L’emendamento, proposto dal capogruppo della Lega Massimiliano Romeo, riguardava infatti le concessioni balneari: proponeva tra le altre cose di rinviare la messa a gara di queste concessioni, detenute da decenni dagli stessi gestori, e di riconoscere loro indennizzi e tutele in vista della riassegnazione di quelle licenze. La decisione della Lega è la conclusione di un aspro confronto durato vari giorni, nel quale hanno bisticciato lo stesso Romeo e il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, di Fratelli d’Italia, principale promotore del decreto.

Alla fine è stato proprio Salvini a imporre ai suoi senatori di desistere. Parlando martedì coi suoi colleghi di partito e suggerendo loro di ritirare l’emendamento, Salvini ha spiegato che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni gli aveva chiesto espressamente di farlo. Meloni temeva infatti che una simile iniziativa potesse essere giudicata negativamente dai funzionari della Commissione Europea, in un momento molto delicato per le trattative sui nuovi assetti politici e istituzionali dell’Unione Europea, dopo le elezioni di inizio giugno. Insomma, i negoziati in corso tra Meloni, gli altri leader dei paesi membri e la Commissione Europea hanno influito sulle attività parlamentari italiane: una cosa che succede più frequentemente di quanto non sembri.

In questo caso la natura del provvedimento rendeva sconsigliabile la forzatura proposta dalla Lega. Il decreto per la revisione delle politiche di coesione era stato ideato da Fitto, che è il titolare dei rapporti tra il governo e le istituzioni europee, e rispondeva a una specifica critica più volte ripetuta negli anni dalla Commissione all’Italia, che ha una cronica difficoltà nell’attuare i programmi di coesione. Questa difficoltà fa sì che l’Italia non riesca a spendere più di un terzo dei fondi che l’Unione le mette a disposizione per ridurre i divari territoriali.

Proprio mercoledì, nel giorno dell’inizio della discussione del decreto nell’aula del Senato, la Commissione Europea ha pubblicato le sue “raccomandazioni” ai vari Stati membri, un documento con cui indica le priorità e sollecita specifici interventi ai governi nazionali. Tra le raccomandazioni relative all’Italia c’era, tra le altre, «rafforzare le capacità amministrative di gestione dei fondi europei» e «accelerare l’attuazione dei programmi della politica di coesione», contribuendo così a limitare i ritardi nel raggiungimento degli obiettivi previsti dal PNRR.

Il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto alla Camera, il 15 maggio 2024 (Mauro Scrobogna/LaPresse)

Inoltre nello stesso documento la Commissione rimprovera all’Italia alcuni aspetti della sua politica fiscale, segnalando come alcune misure recentemente approvate rischino di indebolire il contrasto all’evasione. Nel giudizio complessivo sui ritardi italiani nel rendere più efficiente il suo sistema fiscale, la Commissione fa esplicito riferimento ai balneari, spiegando che «significative perdite di gettito vengono riscontrate in relazione alle concessioni pubbliche, comprese quelle relative alle spiagge». Dal 2006, del resto, l’Italia rifiuta di applicare una direttiva europea che imporrebbe di mettere a gara le concessioni balneari, aggiornando i canoni che i gestori devono versare allo Stato: in Italia ci sono canoni bassissimi, stabiliti spesso decine di anni fa, mai ridiscussi per non inimicarsi la piccola ma influente lobby dei balneari.

Secondo la Commissione così facendo il governo non consente un virtuoso sviluppo della concorrenza, e rinuncia anche a incassare più introiti.

Considerato tutto il contesto, quindi, si capisce perché al governo non conveniva far passare l’emendamento della Lega, e il perché dell’ostilità di Fitto. Il decreto era pensato per accogliere gli inviti della Commissione Europea, ma con l’emendamento avrebbe finito per andare contro il suo scopo originario, e indispettire la Commissione. Il tutto nei giorni in cui si svolge la verifica sull’attuazione del PNRR: ciclicamente, infatti, a distanza di tre o sei mesi, la Commissione invia a Roma una squadra di cinque o sei funzionari – chiamati ormai, nel gergo della politica romana, «gli ispettori di Bruxelles» – guidati da Céline Gauer, una giurista francese esperta di normative europee che lavora da oltre 25 anni in Commissione. Dal 2020 Gauer è la direttrice generale della task force cosiddetta Recover, la struttura con cui la Commissione vigila sulla corretta attuazione del PNRR.

In questi giorni Meloni è alle prese con una complicata trattativa politica per definire i massimi incarichi delle istituzioni europee e le alleanze politiche nella legislatura appena iniziata. Non c’è una corrispondenza esatta tra le politiche più o meno controverse di un governo e la forza negoziale che ha il capo di quel governo, ma qualsiasi motivo di scontro tra quel governo e la Commissione può essere utilizzato, magari anche solo in maniera strumentale, dagli altri leader coinvolti nelle trattative. L’Italia, per esempio, ha sempre avuto grossa difficoltà a vedersi assegnati commissari al Bilancio, per via dei suoi conti pubblici in condizioni spesso preoccupanti. Lo stesso discorso vale per la delega alla Concorrenza, importante ma tendenzialmente preclusa all’Italia per i motivi di cui dicevamo.

Che ci sia una corrispondenza tra le trattative europee e le polemiche sull’approvazione del decreto sulle politiche di coesione lo dimostra anche una battuta un po’ provocatoria che il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, ha fatto sulla questione dei balneari: «Fossi in Meloni, anziché preoccuparmi di indisporre la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, ribalterei il concetto: cara Ursula, se vuoi i voti italiani, allora consentici di approvare una proroga delle concessioni».

In ogni caso la Lega ha deciso di ritirare l’emendamento, ripresentandolo al Senato come ordine del giorno, cioè come un vago sollecito al governo, non vincolante. Il testo del documento, che verrà approvato dopo il voto finale sul decreto, rinnova l’impegno a tutelare i gestori delle concessioni «anche attraverso il riconoscimento di un indennizzo parametrato al valore aziendale e di un sistema di prelazione», ossia dando agli attuali gestori soldi e agevolazioni nel partecipare alle gare. Inoltre i senatori della Lega hanno fatto sapere che ripresenteranno lo stesso emendamento al prossimo provvedimento che verrà discusso dall’aula, il decreto cosiddetto “Agricoltura”. Per allora le trattative europee sulle nomine della Commissione dovrebbero essere concluse.

– Leggi anche: Le trattative in Europa sono complicate per Giorgia Meloni