Cosa significa che Borsa Italiana sciopera

I sindacati hanno annunciato uno sciopero contro straordinari e delocalizzazioni: il 27 giugno, per due ore, che per come lavorano le borse non sono poche

La sede della Borsa Italiana, in piazza degli Affari, a Milano
(ANSA / MATTEO BAZZI)
La sede della Borsa Italiana, in piazza degli Affari, a Milano (ANSA / MATTEO BAZZI)
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I principali sindacati del settore bancario e finanziario – FABI, First CISL e Fisac CGIL – hanno annunciato uno sciopero dei lavoratori di Borsa Italiana, la società che gestisce i mercati finanziari italiani e che è conosciuta anche come Piazza Affari, dal luogo in cui ha la sua sede a Milano: i dipendenti dovrebbero scioperare dalle 15:30 alle 17:30 di giovedì 27 giugno e limiteranno poi in altri modi l’attività fino al 14 luglio, per protestare contro il loro perenne lavoro in straordinario e contro alcune scelte della società, che sembra aver intenzione di delocalizzare parte dell’attività all’estero.

È il primo sciopero nella storia dell’azienda, e non è affatto comune che una borsa si trovi a dover gestire l’assenza diffusa dei lavoratori. Le borse devono essere attive con continuità per permettere il funzionamento della finanza dalla mattina presto alla sera, seguendo così i vari mercati finanziari in giro per il mondo. Gli orari e i giorni di chiusura della borsa non possono quindi essere soggetti a sorprese e imprevisti, come un malfunzionamento dei sistemi o uno sciopero, appunto: chiudono solo nei fine settimana e durante le festività previste dal calendario, come Ferragosto, Natale e Capodanno. A seconda di quanto sarà partecipato lo sciopero, le operazioni di borsa potrebbero essere rallentate o nel peggiore dei casi impossibili da fare, costringendo quindi la borsa a chiudere in anticipo.

Borsa Italiana ha già detto che tenterà un dialogo coi sindacati. Lo sciopero potrà infatti avere conseguenze più o meno serie sulle negoziazioni dei vari titoli finanziari che saranno scambiati quel giorno, come azioni, obbligazioni e anche titoli di Stato, quelli con cui si prestano soldi a uno Stato e si finanzia così il debito pubblico. Borsa Italiana controlla infatti anche MTS (Mercato Telematico dei titoli di Stato), la società che possiede l’omonima piattaforma di trattazione borsistica: è la struttura tecnologica su cui vengono scambiati i titoli di Stato, sia italiani che europei, e riservata agli operatori istituzionali come banche nazionali e governi. L’MTS gestisce scambi di titoli di Stato per 13,5 miliardi di euro ogni giorno.

Secondo i sindacati lo sciopero del 27 giugno, per quanto eccezionale, avrà un’ampia partecipazione, anche perché fa parte di un’agitazione sindacale più ampia all’interno dell’azienda. I lavoratori hanno già annunciato altre iniziative più piccole ma comunque potenzialmente problematiche: fino al 14 luglio ci saranno giorni in cui non garantiranno la reperibilità e si rifiuteranno di fare straordinari. Entrambi questi strumenti sono assai usati dall’azienda per garantire le attività oltre al normale orario di lavoro: i sindacati si lamentano del fatto che il sistema di turni non basta a coprire le ore di attività, per cui viene chiesto regolarmente ai dipendenti o di essere reperibili o di fare straordinari (retribuiti a ore o a forfait a seconda del livello di contratto).

I dipendenti di Borsa Italiana protestano poi contro la decisione dell’azienda di aggirare nei fatti i sostanziali aumenti previsti dall’ultimo rinnovo dei contratti dei bancari, applicati per gran parte del settore finanziario e anche alla borsa: in media arriveranno a 435 euro al mese lordi entro il 2026, e variano a seconda dei contratti. Borsa Italiana ha deciso di corrispondere aumenti interi solo a chi aveva una retribuzione di base, mentre per chi aveva uno stipendio superiore al minimo contrattuale sono stati “assorbiti” dalla somma aggiuntiva che già percepivano (i cosiddetti “assegni ad personam”).

Lando Maria Sileoni è segretario generale della FABI, la Federazione Autonoma dei Bancari Italiani, uno dei sindacati coinvolti nello sciopero. Secondo Sileoni varie banche avevano tentato di fare lo stesso, ma poi si sono gradualmente adeguate e hanno corrisposto gli aumenti per intero a tutti, cosa che invece non ha fatto Borsa Italiana.

Oltre a questo, i sindacati contestano a Borsa Italiana l’intenzione di delocalizzare gradualmente le sue attività, con il rischio di minori prospettive occupazionali per i dipendenti. Del resto l’azienda non è italiana, fa parte di un grande gruppo internazionale: fino al 2020 era del London Stock Exchange, gruppo britannico che gestisce anche la borsa di Londra; è stata poi comprata da Euronext, un gruppo che controlla anche le borse di Parigi, Amsterdam e Bruxelles. Di Borsa Italiana hanno anche una piccola quota Cassa Depositi e Prestiti, la società controllata dal ministero dell’Economia che gestisce le partecipazioni dello Stato, e Intesa Sanpaolo.

La tendenza a delocalizzare e snellire le strutture si riscontra in tutto il sistema finanziario, dice Sileoni: grossi gruppi bancari internazionali da tempo stanno rilocalizzando i propri dipendenti in diversi paesi, o stanno chiudendo le filiali. In questo caso sia Borsa Italiana che MTS sono però strategici per lo Stato, e i governi in passato hanno cercato dunque di mantenere una forma di controllo (anche se piccola) su Borsa Italiana, dove sono quotate le più grandi società italiane, e su MTS, dove si scambiano i titoli di Stato italiani: i progetti di delocalizzazione dipenderanno dunque anche da quanto sapranno imporsi i rappresentanti di Cassa Depositi e Prestiti nelle scelte.

In tutto questo, il mercato finanziario italiano è sempre meno rilevante in confronto ai mercati finanziari degli altri paesi. Molte grandi società lasciano i listini italiani, nel senso che o smettono di essere quotate in borsa o vanno a quotarsi altrove, e le poche che si quotano sono di piccole dimensioni. Negli ultimi vent’anni c’è stato un consistente abbandono di aziende rilevanti e capitali dalla borsa di Milano.

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