Stanno aumentando anche le zecche

Per il riscaldamento globale è più facile incontrarle quando si va in montagna, e possono trasmettere malattie pericolose

Immagine ravvicinata di una zecca su una mano
Una zecca della specie Dermacentor reticulatus in un laboratorio tedesco (Marijan Murat/dpa, ANSA)
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È il periodo dell’anno in cui tante persone fanno escursioni sui sentieri di montagna indossando pantaloni corti: ma passeggiando nei boschi e dove c’è l’erba alta si può rischiare di essere morsi da una zecca dei boschi, cosa che può comportare dei rischi. Questi animali infatti possono trasmettere due malattie pericolose per le persone, la borreliosi di Lyme e l’encefalite da zecche, presenti in Italia dalla metà degli anni Ottanta e dal 1994 rispettivamente.

In Europa i casi di contagio registrati sono in aumento da anni e si ritiene che c’entri il cambiamento climatico. Le temperature più alte allungano il periodo di attività annuale delle zecche e favoriscono la loro proliferazione e la loro diffusione territoriale: in alta montagna fa troppo freddo, ma si trovano anche tra i 1.200-1.400 metri di altitudine. Sono quindi cresciute le popolazioni di questi animali e con esse le probabilità di essere morsi da individui vettori dei batteri che causano la malattia di Lyme o del virus dell’encefalite. Ci sono comunque varie precauzioni per evitare di essere morsi, e nel caso dell’encefalite esiste anche un vaccino, che è consigliato a chi è più esposto al rischio di incontrare zecche ed è gratuito per i residenti in aree particolarmente interessate dalla loro presenza.

Cosa sono le zecche
Le zecche sono piccoli animali ematofagi, che cioè si nutrono del sangue di altri animali: per succhiarlo penetrano la pelle con il loro apparato boccale, detto rostro. Non sono insetti ma aracnidi, come i ragni e gli acari, e ne esistono numerose specie. Le zecche che possono mordere le persone non sono le stesse interessate al sangue dei cani e nella classificazione scientifica sono chiamate Ixodes ricinus. Vivono generalmente nei prati e nei boschi, tra l’erba alta e il fogliame, perché si trovano bene in condizioni fresche e umide – non bisogna temere di incontrarne nei parchi cittadini. D’inverno si rifugiano sotto il fogliame o sotto le rocce, e rimangono in uno stato di inattività, mentre con l’aumentare delle temperature cercano animali da parassitare.

Percepiscono l’anidride carbonica e il calore emessi dal corpo degli animali più grandi e così si accorgono della presenza di un possibile ospite: a quel punto si spostano sull’estremità di una pianta, che si tratti di un filo d’erba o di un arbusto, e si aggrappano – non saltano e non hanno ali – poi all’ospite. Il morso di solito è indolore perché nella saliva delle zecche è presente una sostanza che ha un effetto anestetico. Se non vengono rimosse prima, le zecche succhiano il sangue dell’ospite per alcuni giorni e poi si lasciano cadere.

Le malattie che le zecche possono trasmettere
Al di là del fastidio legato al morso, i problemi più gravi legati agli incontri con le zecche derivano dai patogeni che possono essere presenti – ma non sempre, è importante saperlo – nella saliva di questi animali.

Tra questi patogeni, in Europa, ci sono il Borrelia afzelii e il Borrelia garinii. Sono batteri che le zecche possono “raccogliere” succhiando il sangue di animali selvatici come roditori, caprioli, cervi, volpi e lepri, e che causano la borreliosi di Lyme. È una malattia che causa sintomi che riguardano la pelle, le articolazioni, il sistema nervoso e gli organi interni, più o meno gravi. Il primo sintomo è spesso una macchia rossa sulla pelle che ha origine nel punto del morso e da lì si espande: nelle settimane o nei mesi successivi si possono sviluppare diversi sintomi neurologici o cardiaci, che se la malattia non viene correttamente riconosciuta (non è sempre facile) e curata possono diventare cronici. Se viene diagnosticata si cura con una terapia antibiotica.

Non esistono invece terapie per l’encefalite da zecche, o più propriamente “meningoencefalite”, spesso chiamata anche con l’acronimo inglese TBE. È causata da un virus del genere Flavivirus, simile a quelli responsabili della febbre gialla e della dengue. Nel 70 per cento dei casi una persona morsa da una zecca portatrice del virus non sviluppa sintomi, o ne manifesta di lievi. Nel restante 30 per cento dei casi invece si hanno sintomi simili a quelli di un’influenza, dunque febbre alta, mal di testa o mal di gola, stanchezza e dolori muscolari. Dopo 8-20 giorni di apparente benessere alcune delle persone che hanno questo decorso (tra il 10 e il 20 per cento) possono sviluppare altri sintomi, più gravi: confusione, perdita di coordinazione, difficoltà a parlare, debolezza degli arti e convulsioni. In una minoranza dei casi, specialmente tra le persone più vulnerabili, la malattia può essere mortale.

Secondo i dati del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), tra il 2012 e il 2022 sono stati registrati ogni anno tra i 1.900 e i 3.700 casi di TBE all’incirca, di cui la maggior parte in alcuni paesi dell’Europa settentrionale, centrale e orientale. Nel 2022, ultimo anno per cui sono disponibili i dati, i paesi più interessati sono stati Cechia, Germania, Svezia, Lituania e Polonia. In Italia nel 2022 i casi confermati sono stati 104: nei dieci anni precedenti non erano mai stati più di 55.

Per quanto riguarda invece la malattia di Lyme, negli ultimi anni ci sono stati circa un migliaio di casi certificati in Europa, ma i dati sono carenti. In Italia la malattia è più presente rispetto alla TBE e finora è stata riscontrata soprattutto nelle regioni settentrionali e in particolare in Friuli Venezia Giulia, dove venne registrato il primo caso, Veneto (in particolare la provincia di Belluno) e Lombardia.

Come evitare i morsi di zecche
Se tra la primavera e l’autunno si fanno passeggiate nei boschi o attraversando prati con l’erba alta in collina e in montagna sotto i 1.400 metri, conviene prendere alcune precauzioni per evitare i morsi di zecche. Il sito dell’Istituto superiore di sanità consiglia di indossare un cappello e coprire le gambe con calze, pantaloni lunghi e stivali (preferibilmente di colore chiaro, per vedere più facilmente eventuali zecche), e di non addentrarsi nelle zone con l’erba alta. Suggerisce inoltre di esaminare il proprio corpo e i propri abiti alla fine dell’escursione, per verificare di non avere zecche addosso; tendono a mordere soprattutto sulla testa, sul collo, dietro le ginocchia e sui fianchi.

Se si scopre di avere una zecca attaccata, è utile avere a portata di mano una pinzetta (preferibilmente a punte sottili), dei guanti e una boccetta in cui conservarla successivamente. Bisogna rimuovere la zecca il prima possibile perché la probabilità di contrarre un’infezione dipende anche dalla durata del morso. Per farlo si deve indossare i guanti, avvicinare la pinzetta il più possibile alla superficie della pelle e poi usarla per staccare la zecca «tirando dolcemente» e «cercando di imprimere un leggero movimento di rotazione». Esistono anche strumenti specifici per quest’operazione.

È importante non schiacciare il corpo della zecca mentre la si toglie perché così si potrebbe causare un rigurgito dell’animale e aumentare le probabilità di trasmissione di un virus o di un batterio. Bisogna inoltre ignorare alcune credenze piuttosto diffuse secondo cui per rimuovere una zecca bisognerebbe usare alcol, benzina, acetone, trielina, ammoniaca, olio o oggetti arroventati: causare una sofferenza alla zecca aumenterebbe sempre il rischio di provocarle un rigurgito. È bene invece disinfettare la zona del morso dopo la rimozione. Se il rostro, cioè la bocca della zecca, rimane all’interno della cute bisogna estrarlo con le pinzette o con un ago sterile.

Per quanto riguarda la zecca rimossa, conviene conservarla in una boccetta con alcol al 70%: nel caso in cui si manifestino dei sintomi di un’eventuale malattia successivamente al morso, avere a disposizione i resti biologici dell’animale può essere utile per identificare correttamente la malattia e curarla al meglio. Nel caso in cui dopo il morso si sviluppasse uno o più sintomi della borreliosi di Lyme (compreso l’arrossamento della pelle che si allarga) o della TBE bisogna contattare il proprio medico.

E i vaccini?
Negli Stati Uniti esisteva un vaccino per la malattia di Lyme che però non si poteva usare in Italia perché in Europa sono presenti diverse e più numerose specie di batteri, hanno smesso di produrlo e sono in corso i test per l’approvazione di un nuovo vaccino. Esiste invece un vaccino per la TBE, disponibile in Italia e raccomandato alle persone più a rischio di morsi di zecche.

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