Paperino in Italia è una cosa speciale

È un personaggio ricorrente delle storie a fumetti italiane da più di ottant'anni, durante i quali diversi autori hanno saputo dare al personaggio caratterizzazioni originali e apprezzate anche all'estero

(Silvio Durante/LaPresse Archivio Storico)
(Silvio Durante/LaPresse Archivio Storico)
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Lunedì la giornalista di Rolling Stone EJ Dickson ha scritto un lungo thread su Twitter (X) dedicato a Paperino, uno dei personaggi più famosi creati dalla Walt Disney Company, e alla sua enorme popolarità in Italia. Il thread ha avuto una grande diffusione, un po’ perché è stato pubblicato il giorno dopo i festeggiamenti per i 90 anni dalla prima apparizione del personaggio (che fu il 9 giugno del 1934, nel corto La gallinella saggia) e un po’ perché è stato ampiamente discusso e commentato da diversi addetti ai lavori e appassionati italiani, che hanno criticato diversi aspetti della ricostruzione di Dickson, giudicandola superficiale e poco accurata dal punto di vista storico.

In sostanza Dickson ha scritto che, contrariamente a quanto accade in altri posti, in Italia le persone sono «ossessionate» da Paperino e «se ne fregano» di Topolino, il personaggio più rappresentativo della Disney. «Per me è molto strano, perché ovviamente negli Stati Uniti Mickey Mouse (che in Italia chiamano Topolino) è la star, mentre Donald Duck (che chiamano Paperino) è un personaggio secondario, se non addirittura di terzo piano. Ma no. In Italia Paperino è Re», ha scritto.

Dickson ha raccontato di aver chiesto delle spiegazioni di questa preferenza a diverse persone che vivono in Italia (che è anche il paese da cui proviene suo marito), senza però riuscire a ottenere una risposta convincente. Ha anche ironizzato su alcune peculiarità dell’adattamento italiano del personaggio (a partire dal nome, che richiama un papero anche se in realtà dovrebbe essere un’anatra), citando tra le altre cose un collegamento tra questa preferenza per Paperino e il passato fascista dell’Italia.

La ricostruzione di Dickson è effettivamente arbitraria e imprecisa: Topolino è infatti un personaggio estremamente popolare anche in Italia, dove da più di novant’anni dà il nome a una delle testate a fumetti più note e longeve del paese.

In molti hanno notato poi come Dickson sia stata un po’ ingenerosa nella sua analisi, escludendo completamente un punto fondamentale: ossia che la “scuola italiana” dei fumetti Disney è considerata da molti decenni una delle più importanti e influenti al mondo, se non la più importante e influente in assoluto. Tito Faraci, sceneggiatore che lavora con la Disney sin dalla fine degli anni Novanta, ricorda come «più del 75 per cento dei fumetti disneyani che vengono letti nel mondo sono stati scritti e disegnati in Italia: praticamente è quasi un monopolio».

La centralità che l’Italia ha assunto in questo segmento di mercato è dovuta a diversi fattori, come la capacità di creare personaggi e universi narrativi originali e indipendenti dalle produzioni americane, la qualità narrativa delle storie generalmente alta e il gran numero di sceneggiatori e disegnatori che ha formato negli anni, per esempio. «La quantità di personaggi creati da autori e autrici italiani è sconfinata: Brigitta, Indiana Pipps, Trudy, Filo Sganga e Zenobia, solo per citarne alcuni. In altri casi hanno creato le caratterizzazioni dei personaggi che conosciamo oggi: uno degli esempi è quello di Battista», dice Faraci. «Del resto», continua, «i fumetti non si fanno in tutto il mondo: i paesi più rappresentativi sono Stati Uniti, Giappone, Francia, Belgio e Italia. Per questi motivi, il fatto che molti autori Disney famosi nel mondo siano italiani è piuttosto normale».

Secondo Faraci, un altro punto poco a fuoco nell’analisi di Dickson è la ricerca di una corrispondenza tra i personaggi della Disney e gli animali da cui traggono ispirazione. «Una delle prime cose che si imparano in questo lavoro è che i personaggi della Disney sono assolutamente inconsapevoli della loro animalità: è un aspetto irrilevante, e che non va preso in considerazione nella storia. Insomma: non si scrive mai pensando che Paperino sia un’anatra o un papero, ma una persona».

In Italia i fumetti con i personaggi Disney hanno delle caratteristiche molto precise e riconoscibili: mentre le storie di Topolino, soprattutto quelle degli anni Settanta e Ottanta, riprendevano spessissimo la struttura dei racconti gialli e polizieschi, quelle di Paperino sono concepite come storie umoristiche di vita quotidiana incentrate sui rapporti del protagonista con i parenti (Zio Paperone, Paperina, Qui, Quo e Qua) e con gli altri abitanti di Paperopoli.

Inoltre, negli anni Paperino è stato caratterizzato come un personaggio dalle implicazioni sociali un po’ più profonde: cerca spesso di barcamenarsi tra lavoretti improvvisati, ha ben poche soddisfazioni professionali e sentimentali e, a differenza di suo cugino Gastone, è molto poco fortunato.

Anche per questo motivo, quando parlano di Paperino molte persone utilizzano l’aggettivo “fantozziano”, dato che viene spesso raffigurato come un personaggio goffo e sfortunatissimo a cui capita ogni genere di disgrazie e umiliazioni; un po’ come il Fantozzi di Paolo Villaggio, per l’appunto. Altre volte per descriverlo viene utilizzata una celebre frase del giornalista italiano Domenico Volpi, che nel saggio Didattica dei fumetti scrisse che Paperino rappresenta «l’antieroe per eccellenza, l’incarnazione dell’uomo medio con le sue frustrazioni, i suoi problemi, le nevrosi».

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In Italia Paperino è diventato un personaggio ricorrente delle storie a fumetti fin dal 1937, quando Federico Pedrocchi ottenne il permesso di utilizzare i personaggi Disney per creare storie proprie e pubblicò il primo numero del settimanale Paperino e altre avventure, edito da Mondadori. Pedrocchi anticipò i tempi: in quel periodo Paperino figurava quasi esclusivamente nei corti animati Disney, come personaggio secondario e privo di una vera e propria caratterizzazione. Quelle di Pedrocchi furono tra le prime storie a fumetti “lunghe” dedicate a Paperino mai prodotte, precedute di pochi mesi soltanto da quelle realizzate dal fumettista inglese William Albert Ward.

Per rendere l’idea, ai tempi negli Stati Uniti la produzione a fumetti dedicata a Paperino era ancora molto scarna, limitata esclusivamente alle brevissime strisce a fumetti autoconclusive realizzate da Al Taliaferro, mentre Carl Barks, il fumettista che aveva inventato l’universo narrativo che oggi tutti associano a Paperino, avrebbe realizzato la prima storia lunga dedicata al personaggio soltanto cinque anni dopo.

La prima storia che Pedrocchi dedicò al personaggio, nonché la prima vera storia Disney realizzata in Italia, fu Paolino Paperino e il mistero di Marte: pubblicata nel primo numero di Paperino e altre avventure, era incentrata sul tentativo di Paperino di fare ritorno sulla Terra dopo essere stato portato con l’inganno su Marte.

Le pubblicazioni di Paperino e altre avventure durarono tre anni, durante i quali Pedrocchi poté contare su una libertà creativa piuttosto ampia. Dato che non esistevano ancora dei comprimari veri e propri, si divertì a inventarli da zero, introducendo personaggi come Dr. Kraus e Dr. Baus-Baus (gli antagonisti del primo numero), il mago Basilisco e i sette nani cattivi.

Nella prima metà degli anni Quaranta, Barks definì tutti gli elementi distintivi del personaggio: oltre a ideare Paperopoli, la città immaginaria in cui Paperino vive insieme ai nipoti Qui, Quo e Qua, creò Paperon de’ Paperoni, Gastone, Rockerduck, la Banda Bassotti e molti altri. Barks ebbe inoltre un ruolo fondamentale nel definire il carattere di decine di personaggi, giocando soprattutto con i loro difetti, e quelle caratteristiche sono seguite ancora oggi da tutti i principali disegnatori e sceneggiatori delle storie dei paperi, che traggono ispirazione dalle cose immaginate da Barks e spesso nascondono omaggi e riferimenti per ricordarlo nelle loro vignette.

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Nel Dopoguerra, quando la testata Topolino ricominciò a essere pubblicata settimanalmente, le storie dedicate a Paperino furono curate soprattutto da Guido Martina, che diede al personaggio una caratterizzazione diversa da quella di Pedrocchi. Prendendo ispirazione in parte dalle strisce di Taliaferro e in parte dai fumetti di Barks, creò un personaggio dall’indole burbera, perseguitato dalla sfortuna e caratterizzato da una certa insofferenza per il lavoro, che prova ad aggirare in ogni modo campando di espedienti.

In quegli anni, un altro autore italiano particolarmente importante per lo sviluppo di Paperino fu Romano Scarpa: cominciò a collaborare con la sezione italiana della Disney nel 1953, occupandosi inizialmente soltanto dei disegni. Nel 1956 pubblicò la sua prima storia come autore completo, Paperino e i gamberi in salmì.

A differenza di Martina, Scarpa prese ispirazione soprattutto dalle storie di Barks, riprendendone le ambientazioni, i temi e le trame. Oltre a recuperare i canoni di Barks, Scarpa ideò personaggi famosi come Trudy, Brigitta McBridge, Atomino Bip Bip, Zenobia e Topolinda, la zia di Topolino, e le sue storie furono pubblicate frequentemente negli Stati Uniti. Altri “maestri Disney” solitamente associati a Paperino sono Luciano Bottaro e Giovan Battista Carpi, e successivamente Giorgio Cavazzano, Massimo De Vita e Marco Rota.

Nel 1969, insieme alla fumettista Elisa Penna e al disegnatore Giovan Battista Carpi, Martina creò per Paperino una nuova identità segreta: quella di Paperinik, un giustiziere mascherato ispirato ai fumetti noir italiani e a quelli di supereroi americani. «All’inizio è venuto fuori come parodia di tutti i personaggi “con la k” dell’epoca, come Diabolik e Kriminal», dice Faraci. «Nelle sue fasi embrionali non era un supereroe, ma una sorta di vendicatore dei torti che Paperino subiva come cittadino comune. Nel tempo si è spostato nell’asse del “supereroe con super problemi”, la caratterizzazione tipica dei supereroi della Marvel».

Negli anni Paperinik, considerato ancora oggi una delle più apprezzate intuizioni della “scuola italiana”, è stato esportato in diversi paesi: tra gli anni Settanta e Ottanta comparì in diverse serie regolari pubblicate in Brasile, nei paesi del Nord Europa e in Francia.

Nel 1996 fu pubblicato PK, una serie ispirata alle storie dei supereroi Marvel. Gli autori coinvolti nella sua realizzazione, come Alessandro Sisti, Francesco Artibani, Bruno Enna e lo stesso Faraci, svilupparono storie rivolte a un pubblico più adulto e maturo di quello genericamente associato a Topolino, e la serie fu diffusa nel formato “spillato” tipico dei fumetti americani. Grazie al successo di PK, nel Duemila Paperinik fece la sua prima apparizione in fumetto statunitense.

Nel 1976 fu inaugurata Paperino, una pubblicazione mensile dedicata specificamente all’universo narrativo di Paperino che viene pubblicata tuttora, e dal 1993 ne viene pubblicata una dedicata a Paperinik.

Faraci sostiene inoltre che, probabilmente, Paperino piace così tanto anche per una delle caratteristiche fondamentali che gli autori italiani hanno dato alle sue storie: l’enfasi sul tema della famiglia, culturalmente molto sentito nel paese. «Se si presta attenzione, ci si rende conto che le sue storie sono incentrate nella stragrande maggioranza dei casi su dinamiche che hanno a che fare con i parenti: Zio Paperone, Qui, Quo e Qua, Paperina, i cugini Gastone e Paperoga. In generale, nelle storie dei paperi il legame con la famiglia è un aspetto essenziale, mentre in quelle che hanno per protagonisti i topi le relazioni interpersonali sono fondate principalmente sull’amicizia».