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  • Mercoledì 12 giugno 2024

Le notizie fuorvianti fanno molti più danni di quelle false

Contribuiscono alla disinformazione sui social più delle “fake news” e provengono spesso da fonti attendibili, secondo una nuova ricerca

Un ragazzo legge un quotidiano seduto su una sedia su un'isola di traffico in mezzo a una grande strada di città deserta
Un uomo legge un giornale in mezzo a una strada durante la pandemia, a città del Messico, il 19 aprile 2020 (REUTERS/Gustavo Graf)
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Nel dibattito sulla disinformazione, intenso durante la pandemia ma rimasto attuale anche dopo, tende spesso a prevalere l’idea che a generarla sia la diffusione di notizie false: eventi mai accaduti, presentati come se fossero reali. È un’interpretazione condivisa, la stessa che è alla base di preoccupazioni più recenti relative ai progressi tecnologici nella produzione di video e audio contraffatti tramite software di intelligenza artificiale. Ma l’idea che le notizie false siano la principale causa della disinformazione sui social media è in parte infondata, perché trascura l’effetto delle notizie vere ma parziali e fuorvianti.

Una ricerca i cui risultati sono stati pubblicati a maggio sulla rivista Science ha analizzato l’influenza della disinformazione sui vaccini diffusa su Facebook nel 2021. Ha scoperto che i contenuti corretti di fatto ma allusivi e fuorvianti hanno avuto una circolazione molto maggiore rispetto a quelli falsi, che venivano contrassegnati come tali sulla base di verifiche di enti terzi. In generale le notizie che associavano i vaccini a effetti negativi per la salute, anche in assenza di nessi causali dimostrabili, hanno avuto un impatto sulla disponibilità a vaccinarsi dichiarata dagli utenti statunitensi.

La ricerca è stata condotta da un gruppo del Massachusetts Institute of Technology (MIT) e della University of Pennsylvania, utilizzando un set di dati reso disponibile da Facebook sulle attività degli utenti da gennaio 2017 a ottobre 2022. Tra i circa 68 milioni di link contenuti nel set di dati il gruppo di ricerca ne ha selezionati oltre 13mila, che rimandavano a contenuti relativi ai vaccini ed erano stati condivisi almeno cento volte su Facebook nei primi tre mesi di disponibilità del vaccino contro il Covid negli Stati Uniti, tra gennaio e marzo 2021.

Esaminando i dati il gruppo di ricerca ha scoperto che le notizie false sui vaccini condivise sulla piattaforma e segnalate da Facebook come disinformazione ottennero in quel periodo 8,7 milioni di visualizzazioni: appena lo 0,3 per cento delle visualizzazioni complessive (2,7 miliardi) ottenute da tutti i contenuti relativi ai vaccini. I contenuti che non erano invece stati segnalati da Facebook come disinformazione, ma che alludevano alla possibilità che i vaccini provocassero danni alla salute, ottennero centinaia di milioni di visualizzazioni.

Diversi titoli di notizie vere sui vaccini citate nella ricerca, tra le più diffuse in assoluto su Facebook all’inizio del 2021, sono simili a titoli di articoli circolati molto anche tra gli utenti italiani e di altri paesi. Uno dei più popolari fu un titolo del sito Cleveland 19 News: «AVVISO: gli effetti collaterali della seconda dose del vaccino COVID-19 possono essere seri». Ma il titolo più circolato in assoluto fu quello di una notizia del Chicago Tribune, che è per diffusione il primo quotidiano di Chicago e il settimo negli Stati Uniti: «Un medico “in salute” è morto due settimane dopo aver ricevuto un vaccino contro il Covid-19; il Cdc sta indagando sul perché». “Cdc” sta per Centers for Disease Control and Prevention, il più importante organo di controllo sulla sanità pubblica negli Stati Uniti.

L’articolo del Chicago Tribune, secondo la ricerca pubblicata su Science, fu visto nei primi tre mesi del 2021 circa 55 milioni di volte, un numero che rappresenta più del 20 per cento degli utenti di Facebook negli Stati Uniti. Il numero di visualizzazioni di quella singola notizia fu di oltre sei volte superiore rispetto al numero di visualizzazioni di tutte le notizie contrassegnate come disinformazione messe insieme.

– Leggi anche: La disinformazione è un problema diverso da come lo immaginiamo

Il gruppo di ricerca ha quindi misurato l’impatto di 130 titoli relativi ai vaccini su Facebook sulle intenzioni di vaccinarsi di oltre 18mila persone esposte a quei titoli, sulla base delle loro risposte a due questionari. Le notizie false, quando venivano visualizzate, avevano prevedibilmente maggiori probabilità di ridurre l’intenzione delle persone di ricevere un vaccino. Ma ponderando questo effetto delle notizie con il numero di visualizzazioni le ricercatrici e i ricercatori hanno scoperto che i titoli allusivi e fuorvianti provenienti da fonti credibili, a causa della loro maggiore circolazione, avevano mediamente un impatto 46 volte superiore rispetto all’impatto delle notizie contrassegnate come false.

«La nostra analisi suggerisce che i fact-checker di Facebook individuano la disinformazione più dannosa, e in questo senso Facebook stava facendo un buon lavoro [nel 2021]», ha detto al quotidiano El País la ricercatrice del MIT Jennifer Allen, coautrice della ricerca. Le piattaforme, secondo lei, dovrebbero però contrastare in modo più efficace la diffusione di notizie vere ma ambigue, messe in circolazione da fonti in malafede con l’obiettivo di promuovere racconti fuorvianti. E anche i media dovrebbero prestare maggiore attenzione quando scrivono i titoli, tenendo a mente che gli articoli possono essere presentati fuori dal loro contesto. «La concorrenza per i clic è una sfida, ma non credo che questo sollevi i media dalla responsabilità», ha aggiunto Allen.

Martedì 11 giugno, in un articolo sul Los Angeles Times, il giornalista statunitense e premio Pulitzer Michael Hiltzik ha citato un esempio recente di una notizia vera – e dal titolo tecnicamente corretto – diffusa dal British Medical Journal (BMJ), una delle più autorevoli riviste mediche al mondo, ma oggetto di interpretazioni scorrette e impreviste da parte di alcuni media. La ricerca, pubblicata il 3 giugno e condotta da un gruppo di ricercatori dei Paesi Bassi, ha analizzato gli elevati livelli di mortalità registrati nei paesi occidentali tra il 2020 e il 2022 nonostante l’introduzione dei vaccini contro il Covid nel 2021.

Alcuni giornali, tra cui il quotidiano inglese Telegraph e il tabloid statunitense New York Post, hanno utilizzato la ricerca per sostenere implicitamente che i vaccini abbiano contribuito all’aumento della mortalità, anziché a ridurla. La popolarità ottenuta sui social da numerosi articoli di questo tipo ha indotto il British Medical Journal a scrivere, in un comunicato diffuso il 6 giugno: «Vari organi di stampa hanno affermato che questa ricerca implichi un nesso causale diretto tra la vaccinazione contro il Covid-19 e la mortalità. Questo studio non stabilisce alcun nesso di questo tipo».

Alcuni ricercatori hanno scritto sui loro canali social che la ricerca è così irrilevante che non avrebbe dovuto essere pubblicata affatto. L’economista e statistico israeliano Ariel Karlinsky, autore di alcuni dei dati utilizzati dal gruppo di ricerca olandese, ha scritto che la rivista dovrebbe ritirare la ricerca e indagare su tutto il processo di editing e di revisione che ha portato a pubblicarla. Ma l’uso che i no-vax hanno fatto della ricerca del British Medical Journal, ha scritto Hiltzik sul Los Angeles Times, è un esempio molto significativo di come persino le fonti più autorevoli possano contribuire alla disinformazione anche senza volerlo.

Sebbene negli studi che se ne occupano la disinformazione sia spesso associata alle notizie false, hanno concluso gli autori e le autrici della recente ricerca pubblicata su Science, le forme più persuasive di disinformazione provengono probabilmente da affermazioni fuorvianti pubblicate da fonti tradizionali, più o meno autorevoli, e poi divulgate attraverso canali che ne orientano l’interpretazione.