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  • Lunedì 10 giugno 2024

Il caos della politica francese, spiegato

Perché il presidente Macron ha convocato le elezioni anticipate? Come hanno reagito i partiti di sinistra? E soprattutto, che succede ora? Un po' di risposte

Emmanuel Macron annuncia lo scioglimento dell'Assemblea nazionale, 10 giugno 2024 (REUTERS/Christian Hartmann)
Emmanuel Macron annuncia lo scioglimento dell'Assemblea nazionale, 10 giugno 2024 (REUTERS/Christian Hartmann)
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Alle elezioni europee in Francia il partito di opposizione e di estrema destra Rassemblement National ha preso più del doppio della lista del presidente Emmanuel Macron. Dopo l’uscita degli exit poll, domenica sera, Macron ha annunciato a sorpresa lo scioglimento dell’Assemblea nazionale, la camera bassa del parlamento francese, e la convocazione anticipata delle legislative: il primo turno si terrà il 30 giugno e il secondo il 7 luglio.

L’annuncio di Macron è stato commentato da tutti i leader dei partiti francesi, avviando immediatamente ipotesi e trattative in vista delle elezioni. La campagna elettorale appena finita, dunque, in Francia è subito ricominciata.

Macron non era obbligato a convocare le legislative, ma secondo alcuni giornali francesi la mossa era stata preparata in anticipo a causa dei sondaggi che davano a RN un risultato storico che poi si è concretizzato.

Jean-Luc Mélenchon, del partito di sinistra La France Insoumise (FI), si è detto rammaricato che il presidente non abbia scelto di «mettere in gioco il suo mandato», piuttosto che «sciogliere l’Assemblea nazionale, cioè rimandare a casa gli unici che fino a questo momento avevano una legittimità superiore alla sua» (cioè le deputate e i deputati). Secondo Le Monde, alcune persone vicine a Macron, per spiegare che lui non ha mai pensato di mettere in discussione se stesso, hanno citato delle famose parole di François Mitterrand, quando all’inizio degli anni Novanta l’allora presidente socialista si trovò in una situazione simile e disse: «Il mio ruolo cambierà, ma non la mia posizione».

Il rischio che Macron si è assunto nel convocare le legislative era per certi versi inevitabile: da tempo il presidente aveva grossi problemi di popolarità per via di varie riforme e misure controverse che aveva sostenuto. Era stato accusato di essere distante dalle persone, di governare in modo autoritario e di avere accentrato il potere nelle proprie mani facendo spesso ricorso all’articolo 49.3 della Costituzione, una procedura legislativa che permette di forzare l’approvazione di un testo senza passare dal voto dei deputati. Alle elezioni legislative del 2022 la sua coalizione ha infine perso la maggioranza assoluta in parlamento dovendo da lì in poi negoziare costantemente con le altre forze politiche sui testi in discussione.

Piuttosto che affrontare altri tre anni complicati – fino al 2027 quando si terranno le nuove presidenziali – e durante i quali le sue dimissioni avrebbero potuto essere chieste in modo insistente da più parti, Macron avrebbe quindi deciso di prendere l’iniziativa: di rilanciare il proprio mandato restando al centro della politica francese senza subire gli attacchi e le pressioni degli avversari.

Se le prossime elezioni per rinnovare l’Assemblea nazionale rifletteranno l’ottimo risultato dell’estrema destra alle europee, il risultato sarebbe un presidente e un capo del governo di partiti diversi. È una situazione che si è già verificata in passato: è la cosiddetta “cohabitation”, una situazione nella quale il presidente ha solitamente grande difficoltà a portare avanti il proprio programma politico, nonostante tra i suoi poteri ci sia anche quello di promulgare o porre temporaneamente il veto alle leggi.

Secondo alcuni osservatori, la decisione di Macron farebbe inoltre parte di una strategia politica più ampia: mettere i francesi e le francesi di fronte al fatto concreto di essere governati dall’estrema destra. «La scommessa che Macron ha lanciato è riuscire, in tre settimane, a suscitare una grande paura», ha detto ad esempio Bernard Sananès, presidente dell’istituto di sondaggi Elabe. È poi improbabile che le legislative diano a RN una vittoria netta: sono elezioni a doppio turno e hanno meccanismi differenti rispetto alle europee. Per vincere un seggio da deputato bisogna ottenere il 50 per cento al primo turno, altrimenti si va al ballottaggio. In sostanza, è molto più difficile per un candidato di estrema destra ottenere un seggio nel parlamento nazionale.

Poiché poi il Parlamento europeo è percepito come qualcosa di lontano, le elezioni europee sono solitamente il luogo in cui il voto di protesta si esprime con maggiore forza. Al contrario, le elezioni legislative hanno storicamente favorito i partiti più tradizionali e meno estremisti: almeno finora. È dunque possibile che RN otterrà più seggi in parlamento ma non abbastanza per poter governare in autonomia.

Visto però che l’estrema destra è oggi più radicata in Francia di quanto non lo sia mai stata, se alle legislative RN dovesse comunque ottenere buoni risultati e se a Jordan Bardella (di RN) fosse offerto il posto di primo ministro, da due anni e mezzo di governo l’estrema destra ne potrebbe uscire indebolita. Per Jean-Philippe Derosier, professore di diritto pubblico all’Università di Lille, Macron avrebbe insomma scelto la strada di indebolire e «controllare RN a Matignon (la residenza ufficiale del primo ministro del governo francese, ndr) dall’Eliseo».

Subito dopo l’annuncio di Macron i diversi partiti hanno cominciato a fare ipotesi di alleanze in vista delle legislative. A sinistra sono stati fatti diversi appelli all’unità. François Ruffin di La France Insoumise ha chiesto di costituire un «fronte popolare», simile a quello che nel 2022 aveva portato l’alleanza di sinistra NUPES (Verdi, Comunisti, Socialisti e il suo stesso partito) ad avere all’Assemblea nazionale 150 deputati, risultando la seconda forza del parlamento.

L’appello è stato accolto positivamente dalle altre forze della sinistra e anche da Olivier Faure, dei socialisti, che grazie all’efficace campagna elettorale del loro capolista Raphaël Glucksmann hanno ottenuto un ottimo risultato alle europee, raggiungendo quasi il 14 per cento. «Non si tratta di avere cinque anni davanti a noi. Ci sono due anni e mezzo durante i quali possiamo legiferare», ha detto Faure suggerendo che le sinistre possano trovare una convergenza su dieci o quindici priorità: «Non abbiamo tempo. Mancano cinque minuti a mezzanotte e dobbiamo garantire che l’estrema destra non possa vincere le prossime elezioni legislative».

A destra Marine Le Pen, ex presidente di RN e probabile futura candidata alla presidenza nel 2027, ha detto che il suo partito è pronto a governare mentre Éric Zemmour di Reconquête!, partito di estrema destra che alle europee ha superato di poco la soglia di sbarramento del 5 per cento, si è augurato una vasta alleanza delle destre, facendo appello sia a RN che ai Repubblicani.

I Repubblicani, partito di centrodestra fondato dell’ex presidente francese Nicolas Sarkozy che alle europee ha preso il 7,2 per cento dei voti, hanno smentito un’ipotesi che circola da tempo in Francia: un’alleanza con il campo macronista che in queste ultime ore alcuni deputati legati a Macron sono tornati a rilanciare. L’esistenza politica dei Repubblicani è comunque a rischio, scrive Le Monde, e non è chiaro come decideranno di muoversi: se presentarsi da soli o in alleanza con altri, ma non si sa ancora con chi.