Perché per gli allenatori di calcio si parla di “esonero”
Per le società licenziarli è molto difficile, e quindi li dispensano dall'incarico continuando a pagare il loro stipendio
Nel calcio professionistico è comune sentire parlare di “esonero” nel momento in cui un allenatore viene sollevato dal proprio incarico, come appena accaduto al tecnico portoghese José Mourinho, che da oggi non è più l’allenatore della Roma. Questa parola viene utilizzata quasi esclusivamente in ambito sportivo, e in alcuni casi viene confusa con il licenziamento.
In realtà, esonero e licenziamento indicano due situazioni diverse: infatti, mentre il licenziamento determina la conclusione del rapporto di lavoro, nel caso dell’esonero l’allenatore continua a percepire lo stipendio concordato con la società fino alla scadenza del contratto, venendo dispensato (esonerato) dall’obbligo di fornire le proprie prestazioni.
Il punto è che per licenziare un allenatore una società dovrebbe avere una giusta causa. Ma il fatto che una società non sia soddisfatta dei risultati dell’allenatore non rientra normalmente in questa casistica. A meno di plateali problemi disciplinari o di violazioni del contratto (per esempio se un allenatore dovesse prendere accordi con un’altra squadra), licenziare un allenatore perché la squadra va male quindi è impossibile, a meno che una società non voglia esporsi a possibili cause legali che probabilmente perderebbe.
In Italia l’esonero è disciplinato dall’accordo stipulato tra la FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio) e l’AIAC (Associazione Italiana Allenatori di Calcio, il sindacato degli allenatori professionisti) in attuazione della legge che regola il professionismo sportivo, ossia la legge 91 del 1981. Tra le altre cose, l’accordo prevede che l’allenatore esonerato non possa allenare una nuova squadra fino alla scadenza del contratto: dopo l’esonero l’allenatore rimane infatti a disposizione della società, anche nel caso in cui questa decidesse di richiamarlo.
Nel caso in cui, dopo essere stato esonerato ma prima della scadenza del contratto, l’allenatore riceva un’offerta da un’altra squadra e voglia accettarla, deve fare un accordo di risoluzione consensuale per concludere il rapporto di lavoro con quella precedente. In caso di risoluzione consensuale, all’allenatore viene normalmente riconosciuta una buona uscita, ossia una somma di denaro che va a compensare in parte lo stipendio che avrebbe dovuto ricevere da lì alla fine del vecchio contratto.
Per gli stessi motivi capita spesso che una società abbia sotto contratto due allenatori, quello in panchina e quello esonerato, e che paghi gli stipendi di entrambi. In casi piuttosto rari, una squadra può chiedere a un allenatore esonerato di tornare ad allenare, se ha deciso di esonerare quello che aveva scelto per sostituirlo. È un modo per non dover pagarne addirittura tre, di stipendi (i due esonerati più quello nuovo), e successe per esempio nel 2007 a Francesco Guidolin, richiamato poche settimane dopo l’esonero dal presidente del Palermo Maurizio Zamparini, uno che faceva spesso parlare di sé per il grande numero di allenatori che cacciava.
In teoria la giurisprudenza stabilisce che l’esonero può essere attuato dalla società soltanto quando l’allenatore ha perso il controllo tecnico e gestionale sulla squadra. Tuttavia, nella pratica le società hanno ampia libertà negli esoneri, che in alcuni casi arrivano anche dopo poche partite: nel 2011 Gian Piero Gasperini fu esonerato dall’Inter dopo soli 73 giorni.
Se gli esoneri sono la norma, il licenziamento di un allenatore è un fatto piuttosto eccezionale e con pochi precedenti. Uno di questi risale al 2012, quando Davide Ballardini, ai tempi allenatore del Cagliari, fu licenziato per giusta causa dal presidente Massimo Cellino, che ha sempre mantenuto un certo riserbo sui motivi della sua decisione.
In questa stagione gli allenatori di Serie A esonerati sono stati sei: prima di José Mourinho era toccato ad Aurelio Andreazzoli (Empoli), Rudi Garcia (Napoli), Andrea Sottil (Udinese), Paulo Sousa (Salernitana) e Paolo Zanetti (Empoli).