• Mondo
  • Venerdì 10 agosto 2018

Il Costa Rica legalizzerà i matrimoni gay

Il più alto tribunale del paese ha dichiarato incostituzionale e discriminatorio il divieto in vigore, ordinando al parlamento di abolirlo entro 18 mesi

Una manifestazione in favore dei matrimoni gay davanti alla Corte Suprema del Costa Rica. (EZEQUIEL BECERRA/AFP/Getty Images)
Una manifestazione in favore dei matrimoni gay davanti alla Corte Suprema del Costa Rica. (EZEQUIEL BECERRA/AFP/Getty Images)

La Corte Suprema del Costa Rica, il più alto tribunale del paese, ha dichiarato incostituzionale e discriminatorio il divieto in vigore nel paese sui matrimoni tra persone dello stesso sesso, dando al parlamento 18 mesi per abolirlo modificando la legge. Il presidente del paese, Carlos Alvarado, di centrosinistra, ha accolto la decisione dicendo che verrà applicata e che «nessuna persona sarà discriminata per il proprio orientamento sessuale». In Costa Rica c’è una forte corrente evangelica che si oppone ai matrimoni gay, ma secondo il primo deputato apertamente omosessuale del paese, Enrique Sanchez, il parlamento troverà un accordo.

La decisione è arrivata mesi dopo che la Corte interamericana dei diritti umani, un tribunale internazionale, aveva stabilito che i matrimoni tra persone dello stesso sesso dovessero essere riconosciuti in tutti i paesi su cui ha giurisdizione. Già allora il governo del Costa Rica aveva detto che avrebbe seguito l’indicazione, diventata ora obbligatoria. Il divieto sui matrimoni gay, derivante da una sentenza del 2006 della Corte Suprema e contenuto nel Codice della Famiglia, cesserà automaticamente di esistere tra 18 mesi, che il governo abbia modificato la legge o no.

Il parlamento del Costa Rica ha 57 seggi, di cui 14 sono occupati dai parlamentari evangelici del Partito della Restaurazione Nazionale, guidato dall’ex cantante di rock cristiano e giornalista Fabricio Alvarado (che ha lo stesso cognome del presidente). Fabricio Alvarado aveva promesso in campagna elettorale la scorsa primavera di opporsi alla decisione della Corte interamericana dei diritti umani, mentre Carlos Alvarado aveva sostenuto una piattaforma apertamente pro-LGBT.