Chi controlla i siti di bufale in Italia
Paolo Attivissimo ha scoperto che molti sono riconducibili a un'unica azienda registrata in Bulgaria da un imprenditore italiano, che però mette le mani avanti
Paolo Attivissimo, giornalista informatico che da anni si occupa spesso di bufale e teorie del complotto, ha pubblicato la prima parte di un’inchiesta che ha realizzato in collaborazione con David Puente sui siti che diffondono notizie false in Italia: a partire dal caso recente che ha visto vittima di una falsificazione il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Attraverso l’analisi dei codici delle loro pagine, Attivissimo e Puente hanno notato che molti siti di bufale condividono gli stessi codici e account per mostrare le pubblicità di Google e altri fornitori, che sono la loro principale fonte di ricavo. Facendo qualche ricerca, si è scoperto che molti di questi siti di notizie false creano network con vari account per diffondere più facilmente i loro articoli, sensazionalistici e quasi sempre inventati, e che una di queste reti fa capo a una società con sede a Sofia, in Bulgaria, registrata a nome di un imprenditore italiano: Matteo Ricci Mingani. Intervistato dall’AGI, Mignani ha ammesso che i server che ospitano quei siti sono suoi, ma dice che fornisce solamente l’assistenza tecnica e che non è responsabile dei contenuti che pubblicano.
Liberogiornale.com fa parte di una galassia di siti bufalari che spesso storpiano in modo ingannevole i nomi di testate giornalistiche molto note, come Ilfattoquotidaino.com (non è un refuso: è proprio quotidaino), News24tg.com o Gazzettadellasera.com.
L’intento sembra piuttosto evidente: ingannare i lettori facendo credere che le notizie pubblicate provengano da testate autorevoli e incassare grazie al traffico pubblicitario derivante dalla frenetica condivisione.
I nomi dei titolari di questi siti sono nascosti: se si consulta il registro pubblico dei titolari, per esempio tramite Domaintools, risulta che Liberogiornale.com è intestato alla società Domains by Proxy LLC, che è una delle tante aziende online alle quali ci si rivolge per proteggere la propria identità da spammer e altri scocciatori.
Ma c’è un legame nascosto che unisce questi siti apparentemente distinti e permette di risalire ai loro veri proprietari, ed è proprio la pubblicità. Esaminando attentamente il codice pubblico delle loro pagine, come ha fatto David Puente nell’ambito di un’indagine ben più ampia durata alcuni mesi, emerge infatti che questi siti usano una stessa fonte, e addirittura condividono lo stesso account da publisher, per i propri banner pubblicitari.
La fonte è la società Edinet, con sede a Sofia, in Bulgaria. I suoi dati pubblici sono nel registro del Ministero della Giustizia bulgaro. Il sito della società è Edinet.bg, il cui “Chi siamo” (scritto, stranamente, in italiano) spiega che si tratta di un “Gruppo editoriale” che ha uffici “in Francia, Germania, Slovenia e soprattutto Italia. I componenti e collaboratori di Edinet sono al 90% Italiani ed è proprio in Italia che sono puntate tutte le nostre risorse.” Ma che sorpresa.
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– Luca Sofri: Chi fa girare la bufala Gentiloni