Il papiro sulla moglie di Gesù probabilmente è un falso
Dopo aver letto una lunga inchiesta dell'Atlantic, se ne è convinta anche la professoressa di Harvard che l'aveva dato per autentico
Il caso del cosiddetto “Vangelo della moglie di Gesù”, un piccolo frammento di papiro che contiene un riferimento esplicito al fatto che Gesù avesse una moglie, da anni è uno dei temi più dibattuti nella comunità degli esperti di papiri. Il frammento è stato presentato per la prima volta alla comunità scientifica da Karen L. King, una rispettata professoressa della facoltà di teologia di Harvard, che nel 2012 sostenne che risaliva al IV secolo ed era stato scritto da un’antica comunità cristiana. King però non aveva mai voluto rivelare da chi avesse ottenuto il papiro, e negli anni successivi diversi studiosi ne hanno messo in dubbio l’autenticità (in molti hanno fatto notare che papiri antichi si possono acquistare anche online e successivamente falsificare con poco sforzo).
Da pochi giorni un lungo articolo pubblicato sul numero di luglio/agosto dell’Atlantic ha svelato parte dei misteri attorno al papiro: Ariel Sabar, l’autore dell’articolo, ha scoperto che il proprietario del papiro era Walter Fritz, un controverso imprenditore tedesco-americano che ha studiato egittologia e che poco prima di rivolgersi a King era in grosse difficoltà economiche. L’articolo di Sabar mostra anche che Fritz aveva le competenze e i mezzi per fabbricare il papiro, anche se lo stesso Fritz per ora ha negato di esserne l’autore. Dopo aver letto l’articolo dell’Atlantic, la stessa King ha spiegato che «sulla base di queste nuove prove, tendo di più a pensare che sia un falso realizzato in epoca moderna».
Riassunto delle puntate precedenti
Il papiro è stato presentato da King nel settembre del 2012 durante il Convegno Internazionale di Studi Copti. Il frammento – che misura 4 centimetri per 8 ed è scritto su entrambi i lati con inchiostro nero – contiene un dialogo tra Gesù e i suoi discepoli in una grammatica piuttosto incerta, ed è possibile solamente fare ipotesi su che tipo di testo fosse. Alla quarta riga del testo c’è scritto:
«Gesù disse loro: mia moglie…»
La formula “ta-hime”, forma rara di “ta-shime”, corrisponde in copto – una lingua discendente dall’egiziano e scritta coi caratteri greci – alle parole “moglie”. E poco sotto:
“Lei è in grado di essere mia discepola”
Il papiro era stato presentato da Karen L. King come risalente al IV secolo sulla base dell’influenza di altri Vangeli “apocrifi”, cioè non riconosciuti dal canone ufficiale della Chiesa cattolica. King ha comunque spesso ribadito che il contenuto del frammento non costituisce una prova che Gesù fosse effettivamente sposato, ma dimostra con qualche certezza in più che tra i primi cristiani ci fossero discussioni vivaci su celibato, sesso, matrimonio e discepolato. Negli anni King ha fatto compiere diverse analisi sul papiro: nel 2014 un test al carbonio-14, usato per datare l’età degli oggetti sulla base degli isotopi del carbonio, ha rivelato che il papiro è dell’VIII secolo, molto più tardo di quanto pensasse King ma comunque non contemporaneo. Altri studi effettuati sull’inchiostro non hanno dato risultati decisivi. Malcolm Choat, un papirologo esperto di copto della Macquarie University di Sydney, ha studiato il papiro dal vivo nel 2012 ma in un rapporto pubblicato due anni più tardi ha spiegato: «Non sono riuscito a trovare la prova decisiva che questo testo non sia stato scritto nell’antichità, ma non posso nemmeno provare che sia autentico».
Due anni fa King ha detto di aver acquistato il papiro con il frammento contenente il “Vangelo della moglie di Gesù” assieme ad altri cinque papiri. Uno di questi contiene un frammento del Vangelo di Giovanni, che un esame al carbonio-14 ha stabilito risalire a un periodo compreso fra il VII e il IX secolo. Pensando che fosse autentico, King ha pubblicato una trascrizione e la foto del papiro. Entrambe sono state notate da Christian Askeland, un esperto del Vangelo di Giovanni che nell’aprile del 2014 ha sottolineato tre cose: la prima è che il frammento è scritto in dialetto copto licopolitano, che gli studiosi considerano estinto già dal VI secolo (molto prima della creazione del papiro di King). La seconda è che il frammento appare una copia riga per riga – caso rarissimo nell’antichità, dove il testo veniva adattato ogni volta al supporto su cui veniva scritto – di un testo pubblicato nel 1924 e piuttosto noto. La terza, forse la più importante, è che la mano del frammento contenente il Vangelo di Giovanni e quella del “Vangelo della moglie di Gesù” sembrano le stesse: se il frammento del Vangelo di Giovanni è falso, dunque, lo è anche il “Vangelo della moglie di Gesù”. Anche Choat, in un articolo pubblicato alla fine del 2015 sul Boston Globe, è giunto alle stesse conclusioni di Askeland. King non si è mai davvero schierata sull’autenticità del papiro, sostenendo che fossero necessari più studi scientifici a riguardo.
Cosa dice l’Atlantic
Al posto di concentrarsi sulle caratteristiche del papiro, Sabar ha scelto di indagare in che modo King è entrata in possesso del papiro. Uno dei rari documenti diffusi da King per provare l’autenticità del frammento era una fotocopia del contratto di vendita di un lotto di papiri firmato da un certo Hans-Ulrich Laukamp, che nel documento spiegava di averli comprati a Potsdam, nella Germania est, nel 1963.
Sabar ha iniziato la sua inchiesta proprio da Laukamp, scoprendo che era un cittadino tedesco arrivato negli Stati Uniti nel 1997 dopo che una società che aveva fondato due anni prima, la ACMB Metallbearbeitung GmbH, aveva ottenuto un ottimo contratto di fornitura per la BMW. Laukamp e sua moglie avevano comprato una villa a Venice, in Florida, pensando di ritirarsi lì una volta andati in pensione. Le cose andarono però diversamente: la moglie di Laukamp si ammalò di cancro ai polmoni e morì nel 1999. Anche Laukamp stesso morì della stessa malattia tre anni dopo. Indagando sulle persone vicine a Laukamp, Sabar si è imbattuto in Walter Fritz, il presidente del ramo americano dell’azienda di Laukamp. Dopo un po’ di ricerche su Internet intorno alle parole “Walter Fritz” ed “Egitto”, Sabar ha scoperto che nel 1991 un certo Walter Fritz aveva scritto un articolo per la prestigiosa rivista scientifica tedesca Studien zur Altägyptischen Kultur, in cui parlava del modo in cui era riuscito a decifrare una piccola iscrizione su una tavoletta di 3.400 anni fa usando i raggi infrarossi. Stando alle ricerche di Sabar, quattro anni dopo un certo Walter Fritz aveva fondato in Florida una società chiamata Nefer Art (in egiziano, “nefer” significa bellezza).
A questo punto della storia Sabar venne a contatto con Fritz: decise di chiamarlo al telefono per chiedergli la sua versione della storia. Durante la telefonata, Sabar ha raccontato che Fritz era molto nervoso, e che negò tutto: di aver studiato Egittologia, di aver pubblicato un articolo sulla Studien zur Altägyptischen Kultur, e di essere stato il presidente della società di Laukamp, spiegando di averci lavorato solamente come consulente. Soprattutto, negò di essere stato il proprietario del papiro e si rifiutò di incontrare Sabar di persona. A un certo punto della telefonata però Fritz disse una cosa che Sabar interpretò come un’allusione al caso del papiro: «ci saranno sempre persone che diranno di sì e persone che diranno di no».
Incuriosito dalle risposte di Fritz, Sabar iniziò ad indagare sul suo conto. Scoprì ad esempio che aveva frequentato l’università di Berlino, dove aveva studiato Egittologia, ma che era improvvisamente sparito dopo che nel 1991 aveva pubblicato l’articolo sulla Studien zur Altägyptischen Kultur (peraltro con l’accusa di essere stato uno studente molto scadente e di aver “copiato” l’articolo dagli insegnamenti di un suo professore). Dopo aver lasciato l’università, Fritz ottenne un po’ a sorpresa il lavoro di responsabile di un museo sulla Germania est situato nell’ex sede di Berlino della Stasi, l’agenzia di sicurezza della Germania est. Sabar spiega che probabilmente Fritz ottenne l’incarico perché spiegò ai dirigenti di allora di aver già lavorato in un museo (in realtà era stato brevemente impiegato come guida al Museo Egizio di Berlino). Fritz se ne andò cinque mesi dopo essere stato assunto, lasciando dietro di sé solamente una lettera di dimissioni. Sabar spiega che durante quei cinque mesi «diverse cose di valore – fra cui quadri, medaglie militari naziste e oggetti della Stasi – sparirono dagli archivi del museo».
Fritz ricomparve alcuni anni dopo negli Stati Uniti, in Florida, dove si era riciclato in misteriose attività imprenditoriali. Nel 2003 Fritz lanciò alcuni siti porno molto particolari: contenevano video di sua moglie mentre aveva rapporti sessuali con altri uomini – non attori – in pubblico. Questi siti, il cui accesso costava 25 dollari al mese, contenevano anche le date e i luoghi in cui si sarebbero tenuti i successivi incontri. La nuova attività di Fritz è andata avanti più o meno fino al 2015. A un certo punto Fritz ha chiuso tutti i siti e la carriera di sua moglie ha preso una svolta mistica: ha scritto un libro sulla fede cristiana, e oggi sostiene di essere una chiaroveggente in grado di poter parlare in Aramaico dietro indicazioni di Dio e dell’arcangelo Michele.
Fritz in questi anni ha anche avuto problemi economici: nel 2002 la società che aveva fondato con Laukamp fece bancarotta. Poco dopo si mise a lavorare come venditore – con ottimi risultati, spiega Sabar – per un’altra società tedesca che faceva affari con BMW, che però fallì nel 2008. Due mesi dopo Fritz tentò di vendere la propria casa di North Port, in Florida, a poca distanza da Venice, per 349mila dollari. Due anni dopo, nel febbraio del 2010, abbassò il prezzo di circa un terzo. L’8 luglio del 2010 Fritz scrisse una lettera al giornale locale chiedendo licenziamenti e tagli di stipendio per i dirigenti della città di North Port, a causa delle difficili condizioni economiche degli imprenditori della zona. Il giorno dopo, scrive Sabar, «Karen King ricevette la prima mail da un uomo che sosteneva di possedere un interessante lotto di papiri in lingua copta». Nell’agosto del 2012, tre settimane prima che King annunciasse la sua scoperta alla comunità scientifica internazionale, Fritz registrò un sito chiamato gospelofjesuswife.com (“vangelodellamogliedigesù.com”). Scrive Sabar:
Stando a quello che sappiamo, Fritz aveva le conoscenze e la capacità per fabbricare il papiro dato a King: è il collegamento mancante di tutti i pezzi della storia. Fritz era in grado di decifrare antichi ed enigmatici testi egizi ed era anche un brillante venditore, cosa che potrebbe aver ingannato Laukamp e altre persone. Cosa più importante, aveva studiato il copto ma non era mai stato bravissimo: cosa che può spiegare il “miscuglio di pasticci linguistici e termini sofisticati” che secondo King rendevano “estremamente improbabile” che il papiro fosse opera di un falsario.
Sabar chiamò di nuovo Fritz, che questa volta si dimostrò più concliante e pochi giorni dopo inviò al giornalista un comunicato in cui ammetteva di essere il proprietario dei papiri (ma non di averli fabbricati di persona). Al telefono, Fritz raccontò a Sabar di aver conosciuto Laukamp a Berlino nei primi anni Novanta a un seminario di uno scrittore svizzero appassionato di fanta-archeologia. Laukamp, stando al racconto di Fritz, gli parlò della sua collezione di papiri solo alcuni anni più tardi, e infine glieli vendette nel 1999 per 1.500 dollari. Fritz riempì la storia di altri dettagli, senza però fornire nessuna fonte che potesse confermarne anche uno solo. La vicenda ha un finale quasi comico: Sabar è poi riuscito a incontrare Fritz – che si è presentato in un completo di lino beige con occhiali da sole da aviatore – il quale dopo una breve intervista, in cui ha sostenuto di essere stato stuprato da un sacerdote a 9 anni, ha proposto al giornalista di scrivere un libro sulla “storia di Maria Maddalena” che contenesse un misto di cose vere e fatti inventati. Sabar ha concluso:
L’ho lasciato andare avanti per un po’, ma ero stupefatto. Stavo scrivendo un articolo su una presunta falsificazione, e il suo protagonista mi propone di “inventare un po’ di cose” per un nuovo progetto che vorrebbe avviare assieme a me. Era una proposta così assurda che mi ha fatto pensare che Fritz fosse fuori di testa, oppure che fosse incorreggibile, o ancora che avesse in mente qualcosa che non potevo capire.