L’America e le armi
2405 persone sono morte negli Stati Uniti a causa delle armi da fuoco dalla strage di Tucson a oggi
La mattina dello scorso 8 gennaio, negli Stati Uniti, un ragazzo di nome Jared Loughner ha aperto il fuoco durante un comizio a Tucson, in Arizona. La sparatoria ha ucciso sei persone, tra cui una bambina di nove anni, e ne ha ferite diciotto, tra cui la deputata Gabrielle Giffords, colpita alla testa, viva per miracolo e tutt’ora in riabilitazione. La strage aprì un grosso dibattito sull’eccessiva virulenza del dibattito politico e un piccolo dibattito sul controllo delle armi e sui possibili interventi legislativi per impedire a uno squilibrato come Loughner di entrare in possesso di un’arma così letale. Pochi giorni e non se n’è parlato più.
Eppure la questione rimane lì, come ricorda un articolo di Andrew Romano pubblicato su Newsweek di questa settimana. Dal giorno della strage di Tucson al giorno in cui è stato pubblicato l’articolo, 2405 persone sono state uccise con armi da fuoco negli Stati Uniti. Dal 1968, anno in cui furono Martin Luther King e Robert Kennedy a essere uccisi, 400.000 persone sono state uccise con armi da fuoco. Sono cifre gigantesche, che si leggono meglio se accompagnate a quelle sulla National Rifle Association, l’associazione dei possessori di armi, la più potente lobby americana. Ogni anno la NRA raccoglie e investe una quantità di denaro pari a circa 40 volte quello che le associazioni per il controllo delle armi sono in grado di utilizzare: sostiene candidati alle elezioni, organizza campagne ed eventi. Con ottimi risultati: nel 1988 solo 18 Stati americani avevano delle leggi che rendevano più facile circolare con delle armi, oggi sono quasi 40. Il New Mexico sta per allargare il diritto di portare armi anche agli asili e alle scuole elementari, dove oggi è vietato. Le opinioni degli americani camminano di pari passo, dopo quarant’anni di propaganda: nel 1960 il 60 per cento degli americani si diceva favorevole a vietare l’uso delle armi a tutti meno che alle forze di polizia; oggi quella cifra è scesa sotto il 30 per cento.
Questi numeri hanno reso proibitivo per anni qualsiasi tentativo di riformare seriamente le leggi sulle armi negli Stati Uniti. I repubblicani ne fanno una delle loro bandiere. I democratici sanno che se vogliono eleggere deputati, senatori e presidenti, non possono fare a meno di un sacco di collegi composti in larga maggioranza da persone a favore di leggi permissive sulle armi. Gli opinionisti e gli editorialisti statunitensi la pensano in modi molto diversi sul controllo delle armi, ma sono d’accordo su una cosa: non esistono le condizioni politiche per lanciare una realistica iniziativa legislativa per ridurre la diffusione delle armi. In questo senso l’articolo di Andrew Romano è molto controcorrente.
Romano, infatti, mette in fila un po’ di dati a illustrare la presenza di uno spiraglio. Innanzitutto la presenza in ogni schieramento di politici a favore del controllo delle armi: tra i repubblicani, tra i democratici, tra gli indipendenti, tra i libertari. Sono pochi ma ci sono. La discussione non dovrebbe essere impostata sul mettere fuori legge tutte le armi ma sul porre dei limiti: limiti al numero di munizioni da poter acquistare contemporaneamente, limiti sulle vendite di armi a persone con malattie mentali, limiti sulle vendite di armi automatiche o semiautomatiche e quindi particolarmente letali. Un sondaggio condotto da Newsweek sostiene che fare dei controlli preventivi sulla stabilità mentale di chi vuole acquistare un’arma vedrebbe d’accordo l’86 per cento degli americani e che il 51 per cento sarebbe d’accordo a vietare la vendita di caricatori ad alta capacità, come quelli usati da Jared Loughner a Tucson. Obama si era detto intenzionato ad affrontare questo tema ma finora non è andato oltre i buoni propositi.
Romano sostiene che Obama dovrebbe spendersi in questa battaglia, per lo meno a sostegno delle misure più popolari. Dice che giocano a suo favore le perdite subìte dai democratici moderati alle elezioni di metà mandato e che persino i repubblicani potrebbero non fagli la guerra. Cita l’esempio dell’ex vice presidente Cheney, le cui posizioni sul controllo delle armi si sono fatte più morbide nel corso degli anni; cita Bill Kristol, ideologo dei neoconservatori, e altri importanti esponenti della destra americana che hanno mostrato di essere aperti a una discussione sul tema. Da qui alle elezioni presidenziali del 2012, è improbabile che Obama faccia qualcosa a questo proposito: dopo, dovesse essere rieletto, sarebbe un’altra storia.