Come mai Gramsci piace ai trumpiani
Il più importante intellettuale comunista italiano e il concetto di “egemonia culturale” sono citati e studiati dall'estrema destra americana

Il più importante intellettuale comunista italiano e il concetto di “egemonia culturale” sono citati e studiati dall'estrema destra americana


«Quelli delle elementari non erano allegri e fantasiosi, erano grigi e sottili, a righe o a quadretti. E con le macchie di inchiostro. Ognuno aveva la copertina illustrata secondo le materie, Giulio Cesare o Augusto per la Storia, Atlante con il mondo sulle spalle per la Geografia... ma i motivi più ricorrenti erano il fascio e il profilo del duce. Solo in seguito, al ginnasio, arrivarono i quaderni eleganti, con la copertina tutta nera, da sera»

La diffusione globale delle sue opere è rara per un intellettuale italiano, ed è dovuta anche ad alcune influenti traduzioni

Ha chiesto di togliere la scritta "fondato da Antonio Gramsci" dopo un titolo piuttosto critico sul governo greco

Un reportage di Getty Images sul cimitero definito "degli inglesi", oppure "degli artisti e dei poeti"


Dal palco di Sanremo, un secolare attacco agli "Indifferenti"

Cento anni fa a Livorno la sinistra italiana si divise per la prima volta, quando il Partito Socialista si spaccò su una richiesta di Lenin

Dai fascisti ovviamente, responsabili dell'omicidio del deputato socialista un secolo fa, ma anche da altri avversari politici, cattolici e comunisti

«Le trasformazioni politiche e tecnologiche dei modi di produzione provocano il rifiuto di chi si sente travolto dal cambiamento. Come le odierne tensioni, l’originario rifiuto del burattino di studiare e imparare un mestiere era una reazione all'industrializzazione, ai ritmi veloci e al modo in cui gli individui erano considerati responsabili di una crisi economica generata da forze che non potevano controllare»

Tra le tante attribuite all’intellettuale morto 50 anni fa ma spesso citate a sproposito, più una inventata

Cioè quando uscì “Il mondo salvato dai ragazzini” e sembrò prevedere i movimenti del 1968, racconta Ludovica Lugli nel libro "Le chiavi magiche"

Era Carolina Invernizio, autrice di romanzi d'appendice di fine Ottocento, che Vera Gheno ha inserito in una nuova antologia di scrittrici

«Lo fu nella prima, nella seconda, nella terza e nell’ultima ora. Interventista, mussoliniano, imperialista, saloino. Ma è soprattutto il suo tono encomiastico verso il potere a impedire qualunque sua riabilitazione organica»

«Nelle “Indicazioni nazionali” destinate alla scuola dell’infanzia e del primo ciclo, l’idea di Occidente formulata da Hegel nella prima metà dell’Ottocento dovrebbe essere alla base dell’insegnamento nelle scuole italiane dell’infanzia e di primo grado»

Li ha scelti il Guardian andando oltre Shoreditch e Kreuzberg, per fuggire alla ressa dei centri storici in posti come Praga, Varsavia e Parigi

«In un articolo pubblicato sull’“Unità” il 29 maggio 1989, Ginzburg cita Wittgenstein e fa una serie di esempi: da una parte ci sono “non vedente”, “non udente”, “anziano”, “colf”, “operatore ecologico”, “persona di colore”; dall’altra: “cieco”, “sordo”, “vecchio”, “donna di servizio”, “spazzino”, “negro”. Le prime sono parole-cadaveri, le seconde parole della realtà. Quell’articolo è stato usato più volte proprio dai critici del politicamente corretto. Ma la citazione è immaginaria»

«La sua modernità sta nell’aver inteso che allora come oggi il fascismo non è soltanto questione di ideologia, ma anche di opportunismo, inettitudine amministrativa e abuso di potere. Il suo radicalismo senza enfasi è sempre suonato, in Italia, come un’anomalia. Era puntiglioso, trasparente, attaccato ai numeri. Non inseguiva l’avversario sul terreno della retorica. Il suo modello sfugge persino al conformismo delle opposizioni, perché non offre una retorica consolatoria o fintamente agguerrita. Eppure era temutissimo da Mussolini, proprio perché riconosceva l’efficacia di quello stile nitido ma intransigente»
