The Capeman
Pur senza essere un fanatico di Paul Simon, al momento della sua prima presentazione “The Capeman” mi sembrò un’idea eccellente e un prodotto di valore. Era il tentativo con cui Simon, a caccia di stimoli, debuttava a Broadway, con una commedia musicale il cui tema metteva insieme l’attualità (il confronto tra le razze e le vie alla tolleranza) e il melodramma a tinte forti. Scritto a quattro mani col Nobel Derek Walcott, “The Capeman” metteva in musica e azione la storia di Salvator Agròn, il ragazzino portoricano che a fine degli anni Cinquanta si rese responsabile del duplice omicidio di due coetanei che non avevano niente a che vedere coi veri avversari della sua gang dei Mau Mau, in una di quelle storie puerili e drammatiche che costellano l’avvento della gioventù bruciata americana, nella fattispecie per le strade di New York City. La notizia all’epoca fece sensazione sulla stampa cittadina e Agròn venne ribattezzato “The Capeman” perchè al momento dell’omicidio pare indossasse un mantello nero alla Zorro. A renderlo popolare furono soprattutto le sue foto, che mostravano un ragazzino dall’aria arrogante e affascinante, coi riccioli neri e gli acerbi baffetti appuntiti – roba buona per i rotocalchi.