Nostalgia di Sissy Spacek
“Meglio passare una settimana con qualcuno che mi ama per ciò che sono, che tutta una vita nella solitudine” dice la voce fuori campo di Holly, la ragazzina con la coda di cavallo ma senza termometro morale, coprotagonista di “La rabbia giovane” (Badlands) di Terence Malick. Con un bel doppio saggio a firma di Bill Gibron e Hugh Burkhart il sito “PopMatters” sta festeggiando Sissy Spacek come attrice-icona del cinema americano indipendente degli anni Settanta mai abbastanza rimpianto. E i lineamenti sbiaditi di Sissy, i capelli rossi, le sue forme androgine, riaffiorano potenti, nelle sue interpretazioni degli anni Settanta, quando arrivò a New York da un angolo sperduto del Texas con l’idea di fare la cantante ma si fece presto prendere dalla febbre della macchina da presa.
Dopo Malick, la Spacek ha la fortuna di incontrare alcuni dei migliori autori del new cinema, come Brian De Palma (col quale gira “Carrie”), Altman (“Tre Donne”) e Alan Rudolph (“Welcome to Los Angeles.”). Con una faccia e delle movenze che evocano le donne nervose e ipersensibili di Flannery O’Connor, Sissy diventa una star presso il pubblico liberal. Le sue interpretazioni sono sempre ad altissima intensità e danno un volto giusto al malessere sociale degli anni americani post-Watergate, come al crescente potere femminile e alla liberazione sessuale. Oggi lei rievoca così quegli anni : “Quando debuttai nel cinema indipendente dei primi Settanta, si faceva tutto per amore dell’arte. La celebrità e i quattrini non c’entravano niente. Anzi, erano le cose contro le quali ci ribellavamo. Saresti morto piuttosto che farti comprare”. Spacek oggi ha solo 60 anni, anche se è raro ritrovarla sul grande schermo (vinse un Oscar nell’80 col film biografico su Loretta Lynn). È sposata da una vita con Jack Fisk, stretto collaboratori di David Lynch e s’è vista in alcuni episodi di “Big Love”, l’insolito serial sui mormoni poligami. Riguardarla in “Badlands”, garantito, è una scossa elettrica.