Voci che corrono
Il benemerito Cass Sunstein (uomo dal formidabile curriculum accademico, già docente alla Law School di Chicago, ispiratore della piattaforma elettorale di Barack Obama, oggi alla Casa Bianca con l’incarico di dirigere l’esoterico ufficio “Information and Regulatory Affairs” che si occupa di controllare che leggi, regole e dettati siano espressi nel modo più chiaro possibile) oltre a essersi dimostrato un brillante osservatore della società Usa in tanti suoi scritti, ha anche la capacità di lanciare in orbita temi di discussione appassionanti.
Lo rifà col veloce saggio intitolato “On Rumors: How Falsehoods Spread, Why We Believe Them, What Can Be Done”, dedicato a quelli che qui chiamiamo boatos, o voci incontrollate, o indiscrezioni, o rivelazioni, e a come si possano diffondere in modo virale, veicolando falsità e provocando destabilizzazioni, al perchè noi tendiamo a dar loro credito e a cosa si può fare per limitare il fenomeno. Come lettura è un magnifico compendio a quanto accade dalle nostre parti in queste settimane, per quanto Sunstein – sostenitore della teoria del paternalismo libertario secondo cui i consumi, in particolare informativi e culturali, andrebbero guidati e indirizzati ad opera di un’élite intellettuale o addirittura di un governo bonario – affronti l’argomento con un certo, preoccupato fatalismo.
La stabilizzazione di internet come bacino collettivo della comunicazione espone inevitabilmente i contemporanei al rischio di essere disinformati, ingannati e attaccati. Le balle possono mettere facilmente le gambe e gli esempi sono innumerevoli, dalla storia della “non-americanità” di Barack Obama, che sarebbe perciò non eleggibile come presidente degli Stati Uniti, fino alle conseguenze catastrofiche di un passaparola falso come quello che causò la strage sul ponte al-Aaimmah di Baghdad nell’agosto 2005, allorché si sparse la voce che un kamikaze stesse per farsi saltare in aria e in mille morirono cadendo nel fiume sottostante.
I rumors vagano nell’aria come zanzare e cercano corpi da attaccare per diffondere epidemie emotive. I mezzi per difendersi, sostiene Sunstein, ci sono: ma la loro diffusione richiede il tempo di una nuova educazione alla comunicazione, dettata dai ritmi inediti della comunicazione stessa. Un’educazione che deve insegnare a discernere, a “filtrare” – ad esempio raffinando il nostro rapporto coi flussi informativi, preselezionando cosa ci interessa sapere e da parte di chi. Un’educazione che ridefinisca i concetti di parzialità e imparzialità dell’informazione, dal momento che, sostiene Sunstein, la nostra tendenza è quella di estremizzare le nostre posizioni, pensando peggio di chi non ci piace e dando credito ai nostri beniamini. “On Rumors” è pubblicato da MacMillan ed esaurisce la sua provocazione in 100 pagine, ma lo spunto è vivace. Ed elettrizzante è l’idea che un uomo con queste intuizioni potrebbe presto sedere su una di quelle poltrone della Corte Suprema da cui dipende tanta parte dello stile di vita americano, e non solo.